10 Ottobre, 2024
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Gorbačëv e la fine dell’Unione Sovietica

“Buonasera e buon Natale a tutti gli americani nella nostra grande nazione. La stessa Unione Sovietica non esiste più…” Con queste parole la sera di natale del 25 dicembre del 1991 il presidente americano Bush, in diretta televisiva, annunciava la fine di uno degli imperi più grandi della storia: l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, più conosciuto come URSS (USSR).
Un processo epocale durato anni, ma spesso racchiuso in poche ore di tensione vissute nella capitale russa, che chiuse definitivamente gli anni della guerra fredda ed aprì un nuova epoca che ancora oggi, giorno dopo giorno, stiamo provando a capire nelle sue mille sfaccettature.
Si parlò all’epoca, con un saggio diffuso dallo storico americano di origini giapponesi Francis Fukuyama, di “fine della storia”, era letteralmente crollato un mondo che era stato protagonista delle vicende mondiali, dalla sua nascita nel 1917 alla sua irrimediabile dissoluzione.
Nella sera di martedì 30 agosto si è spento all’età di 92 anni uno dei protagonisti di quella dissoluzione, di quel cambiamento che ancora oggi stiamo vivendo: Michail Gorbačëv.
Dopo i duri anni di Leonid Brežnev (esponente dell’ala più conservatrice del PCUS) e la breve parentesi di Andropov (da molti storici considerato l’unico a poter risollevare le sorti dell’URSS), nel 1985 tra i giovani quadri del partito emerse proprio la figura di Gorbačëv, il quale venne eletto segretario generale del PCUS.
L’URSS, dopo aver gareggiato per anni con gli USA, stava attraversando un periodo di forte crisi economica: la centralizzazione assoluta dell’economia e l’ampia burocratizzazione di ogni settore, aveva fatto diventare l’economia sovietica stagnante ormai da troppi anni e il tutto fu indurito dalla fallimentare guerra in Afghanistan.
Gorbačëv avviò una netta riforma dell’economia e della politica sovietica sotto le parole chiave di perestrojka e glasnost’, che portò alla fine dell’isolamento dell’URSS ma anche ad una sua fortissima instabilità.
La pesante recessione economica portò all’emergere delle varie fragilità politiche e delle spinte indipendentiste dei vari paesi all’interno dell’Unione.
L’Unione Sovietica si dissolse dopo un fallito colpo di stato guidato da alcuni vertici del partito più conservatori (fra cui Vladimir Krjučkov, capo del KGB) e gli esponenti politici filo-liberisti, fra cui il futuro presidente Borís Él’cin, ne approfittarono per mettere da parte Gorbačëv (nonostante fosse stato il principale bersaglio del golpe) per favorire una maggiore politica di privatizzazione che portò lo stato al collasso.
Morì l’Unione Sovietica, e con essa la guerra fredda.
Gorbačëv rimarrà alla storia come l’artefice principale di questa svolta epocale e come ogni uomo di storia divide ancora oggi a distanza di 30 anni l’opinione pubblica, tra chi lo considera un liberatore di popoli e tra chi lo accusa di aver ucciso l’ideale comunista.
Si può forse riassumere, anche in modo scherzoso e divertente, la figura di Gorbačëv con la storica pubblicità della catena di pizzerie americana Piazza Hut, che aprì un proprio locale a Mosca proprio in quegli anni.
Nel spot si vede Gorbačëv in compagnia della sua nipotina entrare nel celebre ristornante, viene riconosciuto da due uomini, un giovane ragazzo ed un adulto, forse padre e figlio: il primo lo esalta di aver dato alla Russia nuove prospettive e libertà, mentre l’altro lo ritiene l’artefice della profonda instabilità nel paese.
Il simpatico dibattito fra i due (fra una Russia più anziana e una più giovane) si chiude con l’intervento di una signora, la quale mette d’accordo tutti dicendo che “grazie a lui abbiamo molte cose, come Pizza Hut!”  e tutti i clienti si alzano recitando in coro e innalzando in aria fette di pizza “a Gorbačëv”.

 

Gorbachev portò con se la fine dell’URSS e con essa del comunismo.
La speranza fu quella di una Russia pronta ad un radicale cambiamento ed apertura verso l’occidente.
I cambiamenti avvennero, ma forse non quelli sperati: il traghetto per una società più aperta e democratica naufragò e trionfò, con Él’cin prima e Putin poi, il libero mercato e la destra sovranista.
Simone Savasta
redattore L’agone

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