17 Maggio, 2024
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I giovani a Sanremo e l’inevitabile evoluzione generazionale

Gigliola Cinquetti, nel 1964, non aveva l’età “per uscire da sola con te”. Tananai, oggi canta “Sesso occasionale” dichiarazione d’amore d’altri tempi con cui promette alla ragazza che ama di abbandonare il sesso casuale. Credo che sia una domanda dalla risposta assai scontata chiedersi se i giovani di oggi sono diversi dai giovani di oltre mezzo secolo fa. Sul palco dell’Ariston si è esibita l’evoluzione della musica, del costume ma anche dei nostri ragazzi, così diversi da quelli delle generazioni passate. Una diversità espressa dagli eccessi dei look dal bizzarro all’eccessivo, corpi tatuati come tavole anatomiche illustrative di una voglia di esprimersi senza la gogna del giudizio e del pregiudizio.
La gioventù degli eccessi
Corpi disinvolti e non più impacciati, linguaggio non verbale che esprime crescite veloci ma pur sempre affollate da contraddizioni, un dominio di sé e delle proprie emozioni più grandi della loro età. Eccoli i giovani 4.0, testimoni di un mondo che ha acquisito la velocità cibernetica che li domina e li interconnette. Sono i giovani degli eccessi nel bere, nell’assumere droghe, nel concedersi meccanicamente, delle risse programmate il sabato sera; sono i giovanissimi delle baby gang, emulatori di icone senza censure, senza freni inibitori, senza se e senza ma. Giovani dal futuro incerto forse anche per colpa di quei giovani di generazioni passate, oggi adulti, che li hanno condizionanti con le loro politiche, le loro regole opportunistiche, il loro cinico egoismo, quelli che non hanno saputo preparare un tessuto adeguato per le nuove generazioni e che quindi li giudicano, li etichettano, lanciano allarmi come se fossero pestilenze o prodotti difettati di un’imprenditoria perfetta, la loro.
Interrogativi senza risposte
Certo, un ruolo importante l’ha giocato la Rete, che ha reso i nostri giovani interconnessi, apparentemente mai soli eppure a volte così terribilmente soli. “Ho il cuore parcheggiato su strade piene, case vuote” scrive nella sua Virale il diciannovenne Matteo Romano; le case vuote dei tanti genitori sempre più distratti e inebriati da quella velocità inaspettata per la loro generazione, anche loro sempre connessi ma poco inclini all’ascolto dei figli, dei loro fisiologici timori, dei loro propositi, sogni, progetti. “Che te ne fai dei basta come risposta”, recita il medesimo testo di Romano. La Rete che facilita la connessione con gli altri, ma rende sussidiaria e precaria la connessione con sé stessi, indispensabile per i processi di crescita. Il Festival dei giovani che esprimono le loro emozioni, la loro sensibilità e la loro rabbia scrivendosi da soli i testi di canzoni che ci accompagneranno nel tempo, che canticchieremo sotto la doccia troppo spesso distratti dal nostro insensato correre. Giovani che lasciamo “Nudi con i brividi, a volte non so esprimermi” versi della canzone vincitrice del festival cantata dal ventenne Blanco in duetto con Mahmood. Improprio parlare di giusto o sbagliato, quando ci si riferisce ai ragazzi di oggi. Forse, per incapacità o distrazione, mancano le nostre risposte ai loro interrogativi: “A volte il silenzio brucia come una ferita” si legge nel testo dell’“Inverno dei fiori”, canzone di Michele Bravi, “il cuore perde un colpo non respira sotto il peso della vita”. Una poesia d’amore, la sua, che reclama forse proprio quell’amore incondizionato che troppo spesso facciamo mancare loro: “Insegnami come si fa a non aspettarsi niente a parte quello che si ha”. Solo amandoli, i giovani, avremo la possibilità di farli fiorire nel freddo dell’inverno.
Gianluca Di Pietrantonio, criminologo forense

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