26 Aprile, 2024
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Emanuele Rallo: «Non si può dire “si” a tutti. Mai “no” devono essere spiegati”

La scrivania è affollata di scartoffie, fra gli oggetti sul tavolo colpisce l’immaginario del cronista un cassonetto della mondezza in miniatura, che funge da portaoggetti. Emanuele Rallo, al termine della sua prima esperienza da sindaco, parla del quinquennio governativo che si sta per chiudere e lo fa a cuore aperto, analizzando la quotidianità di Oriolo Romano in maniera schietta.
Come arriva la decisione di fare il sindaco?
«Più che una decisione singolare è stata una decisione collettiva, alla luce del fatto che a Oriolo c’è un ciclo politico che si riconosce nella lista civica, che va avanti dal 1993 e che ha espresso tre sindaci. Il ciclo politico ha mantenuto nel corso del tempo un qualcosa di molto solido, chiaramente costituito da un gruppo di persone capaci di fare un cammino comune. Ma ogni cosa, giustamente, deve essere rinnovata. E quindi nel 2016, quando il precedente sindaco comunicò che non si sarebbe candidato, ragionammo tutti, insieme. Avremmo mantenuto forza e dato linfa al ciclo politico con un passo indietro da parte del personale politico che c’era stato negli anni Novanta e Duemila. E aggiungemmo la richiesta ai mondi che sarebbero stati prossimi a “Insieme per Oriolo” di farsi avanti. Mi venne chiesto di poter interpretare questa vicenda, mi sembrava doveroso farlo, costruimmo una squadra larga, con età media molto bassa, presenza femminile molto importante e soprattutto radicata nella comunità. Ecco come è nata questa lista e la nostra esperienza amministrativa. Sono molto convinto che quello che è avvenuto come passaggio generazionale nel 2016 sia stato giustissimo, perché c’è tempo per tutto e per i cambiamenti; e le persone che subentrano hanno anche la capacità di interpretare i cambiamenti stessi con forze e idee fresche. Per questo nel 2026, quando avrò finito il ciclo amministrativo di questa mia amministrazione, resterò a disposizione della comunità oriolese, del mondo progressista, ma non avrò alcun ruolo. Ritengo sia giusto che ulteriori intelligenze e forze alimentino la nostra idea di politica civica che abbiamo costruito negli anni. Quindi, che avvenga pure un ulteriore cambio, se non generazionale almeno delle persone a disposizione della comunità di Oriolo».
Lei nella precedente consiliatura fu consigliere…
«Si, fu un’esperienza diversa. L’essere sindaco lo si comprende solo quando si indossano i panni del sindaco. Nel 2016 accettai il ruolo pensando di capire cosa fosse. Ma poi ti rendi conto che il ruolo del sindaco si capisce bene solo dopo che lo si è diventati, col tempo».
Come si convince la gente di un paese come Oriolo a capire che può essere guidata un primo cittadino giovane?
«Credo che abbiamo ancora pregiudizi, e parlo di Italia, non solo di Oriolo, sul fatto una persona di trent’anni sia giovane. C’è un elemento anagrafico che esiste, ma i giovani hanno vent’anni. Non credo sia correttissima questa cosa. Una volta scavalcato questo “cliché” si può valutare quel che si è capaci di fare. Insomma… che alla parola seguano i fatti. Questo è molto più importante, le persone sanno ben distinguere la credibilità del personale politico. Se si dice una cosa e a quella cosa non seguono i fatti, si può essere giovane o anziano, ma si verrà comunque bollati come “quaquaraqua”, come una persona di poco valore. E’ molto più importante essere credibili. Quando si dice un “si” che significhi “si” e che quel “si” sia realizzabile e rendicontabile; e che se si dice un “no”, si dovrà spiegare perché si è detto “no”. In realtà si possono anche dire “si” a tutti, ma dovrebbero seguire risposte sul campo. Una comunità è fatta di scelte, per cui anche i “no” servono per costruire un’idea di percorso politico amministrativo e, aggiungo, anche culturale. Però se c’è una credibilità della persona, l’elemento anagrafico scompare. E credo anzi che sia stato importante per rafforzare la connessione sentimentale che esiste, anche in maniera profonda, fra la nostra esperienza amministrativa e la comunità. Tornando alla domanda di partenza c’è stata pure una tendenza, ormai diffusa, a eleggere sindaci giovani e a rompere gli schemi. Penso a Bassano, a Blera, a Canale… L’idea che una persona giovane non possa costruire il proprio percorso politico è ormai smentita dai fatti».
Quando si arriva ai vent’anni un genitore s’aspetta che il figlio trovi un “lavoro normale”. Lei quando ha detto ai suoi che avrebbe scelto la politica… come l’hanno presa?
«Sono stati comprensivi. Questa è una malattia da cui non ci si dimette. E’ passione. I miei sapevano che in qualche maniera su questo discorso ero permeato, e quindi sono stati molto comprensivi, ovviamente con le preoccupazioni del caso. Perché questo è un ruolo dove basta un attimo per finire davanti alla Corte dei Conti… Fortunatamente, in ogni caso, questo clima sta cambiando, anche a livello nazionale, perché non è pensabile che i sindaci abbiano tutte le responsabilità e nessuna possibilità di decidere. L’impianto burocratico che abbiamo è di una lentezza impressionante e costringe a seguire ogni piccolo passaggio della pubblica amministrazione, che poi è davvero complicato. Negli ultimi anni non sono pochi i sindaci che sono stati rovinati. La gogna pubblica, i giornali, i media… quando si è credibili si riesce comunque a superare anche i momenti oscuri».
Quale è stata la richiesta più strana finita sulla sua scrivania in questi cinque anni di amministrazione?
«Forse quella di una persona che chiedeva di intervenire perché un gallo disturbava il suo sonno al mattino. Che possiamo dire davanti a una richiesta del genere? Il gallo fa il suo lavoro, ma… è un gallo».
Senta ma… Peppe c’è ancora?
«Abito vicino a Peppe, lui è un’istituzione, è un elemento di resistenza di fronte all’omologazione delle norme di comportamento».
Tanti lavori in corso a Oriolo. Prima c’era solo l’autovelox, ora c’è anche una dignità stradale fatta di rallentamenti e rotatorie. Come nasce l’idea di migliorare la viabilità?
«Ci siamo sempre confrontati sulla Braccianese, anzi chiamiamola col suo vero nome, via Claudia, che è croce e delizia del nostro paese. Croce perché lo divide a metà, con annesso il traffico pesante, la viabilità passa al centro di Oriolo, con una quantità di traffico importante. E’ anche delizia perché questo permette a molti di vedere il paese e di sfruttare la rete commerciale. Ci siamo sempre interrogati su come gestire questa situazione, per capire che tipo di immagine potevamo dare a Oriolo al di la della semplice manutenzione stradale, che era comunque importante e che è sempre stata messa in condizione di essere svolta. Abbiamo ritenuto giusto percorrere la soluzione più semplice, ovvero intervenire sulla Braccianese, mitigando il più possibile il traffico veicolare. Rallentandolo abbiamo due effetti: aumentiamo la sicurezza stradale, del resto qui, nel corso degli anni, ci sono stati troppi incidenti stradali, anche se fortunatamente mai c’è stato l’incidente gravissimo; e in secondo luogo abbiamo l’opportunità di ricucire il tessuto urbano, quindi ricucire il Poggio con il borgo, i due cuori del paese. E dunque abbiamo pensato bene di valorizzare le piazze e la rete commerciale. Questa decisione – ma qui aggiungo che ogni cambiamento ha bisogno di tempo, per avere degli effetti – ha fatto in modo che la percezione stia cambiando. Probabilmente dovremo fare ancora altri interventi, sempre per la questione-sicurezza e sempre per cucire ancor di più il tessuto esistente. L‘idea di addolcire il traffico fra le altre cose neanche è costata tantissimo, e in cinque anni abbiamo asfaltato il 70 per cento delle strade oriolesi».
Qual è la situazione rifiuti?
«Qui la situazione rifiuti è rendicontata e controllata, con effetti sulla tariffa, al di la della tendenza che c’è stata per quel che riguarda l’aumento. Lo scorso anno abbiamo bloccato le tariffe, visto l’effetto-Covid. Quest’anno non abbiamo potuto replicare quella situazione, lo Stato non ha ritenuto opportuno continuare su quella strada. Ma, se parliamo di cifre, a Oriolo la tariffa pro-capite è di 145 euro, mentre nella Regione Lazio la stessa tariffa, e non è che sia diminuita dal 2019 a oggi, è di 220 euro, quindi è maggiore più del 50%. E la nostra tariffa, anche al confronto dei comuni vicini, ci rende orgogliosi di questa spesa inferiore rispetto agli altri. Qui c’è una delle tariffe più basse del Lazio».
E il capitolo-discariche? La questione romana è sotto l’occhio di tutti.
«Sono convinto che i rifiuti debbano essere smaltiti nella propria regione, e sono altrettanto convinto che sia opportuno ci siano piccole discariche controllate piuttosto che grandi impianti unitari. Se i rifiuti si vanno a depositare in un’altra regione, a quel punto siamo ocstretti ad accettare la tariffa che c’è fuori regione, e che dunque non stabiliamo noi, ma altri. E qui c’è poi da aggiungere il trasporto. Dobbiamo essere chiari con i cittadini, le scelte vanno fatte, devono essere spiegate e serve far capire cosa succede se non si fanno scelte, se non si prendono decisioni. Oggi, per esempio, sta avvenendo che la discarica di Viterbo, che già assorbiva i rifiuti del reatino, si trova costretta ad accogliere anche quelli romani. L’emergenza può esserci, ma non deve essere un’abitudine».
Discorso pandemia, come è stata vissuta?
«E’ stata una prova tremenda, nessuno era preparato a una vicenda del genere. E’ stata sfibrante sotto tantissimi aspetti e ha lasciato molti cocci. Sono orgoglioso del comportamento dei miei concittadini. L’inizio è stato difficile, non avevamo risposte, la Asl non era pronta, ma devo dire che la Regione Lazio ha avuto una grande capacità organizzativa. Dopo i primi dieci giorni di inevitabile sbandamento, avevo già un referente. Ma qui aggiungo anche che è stato fatto un grande lavoro di volontariato, quello della Protezione civile, per esempio, ma anche il nostro ufficio sociale non si è risparmiato. Qui c’è stata un’umanità che si è percepita, e che si continua a percepire, sia sulla prima ondata che sulla seconda, quella di ottobre. Certo, la situazione è sfiancante, e la stanchezza si comincia a sentire. Sono però convinto che presto ci sarà una via d’uscita. Non sono un virologo, non escluso nulla, ma anche col supporto dei medici di base, in particolare del dottor De Cataldo (uno dei medici di base di Oriolo Romano, nda) resto fiducioso».
Rispetto alla tornata elettorale del 2016, qual è oggi la sua sensazione? Lei ha fatto percentuali? Come approccia al voto di ottobre?
«Non sto come allora dal punto di vista emotivo, chiaramente all’epoca c’era un’ingenuità che adesso non c’è più, e le confido che è anche un peccato non ci sia più quell’ingenuità. Non faccio percentuali, non le feci cinque anni fa, eravamo quattro liste e vincemmo col 51%. Sono convinto che la connessione sentimentale che abbiamo stabilito con la nostra comunità sia talmente forte che non ci porta a ragionare sulle percentuali. Sono convinto che questa esperienza politica vincerà. Il tema non è la percentuale, ma come la comunità approccerà alle elezioni. Credo che comunque andrà, la comunità sa che questa amministrazione è stata l’amministrazione di tutti».
Lei prima ha detto che non si possono dire tutti “si”. Quando ha detto qualche “no”, ha avuto il voltafaccia da parte di chi aveva ricevuto il rifiuto?
«No, devo dire che anche quando abbiamo risposto con qualche “no” siamo stati compresi. Faccio un esempio su tutti, c’è un grande tema sulle strade esterne del paese, un tempo erano agricole, e oggi a tutti gli effetti sono diventate urbane, del resto l’impianto agricolo non esiste più. Molte persone su quelle strade dicono che servono asfaltature, gas, luce, servizi… Noi abbiamo spiegato che non tutto si può fare, la scelta di andare a vivere in campagna porta anche a questi rischi. Ovvero, non si può avere tutto. So per certo che verifichiamo ogni situazione, come avvenuto per la strada del Consorzio. Ma quello che abbiamo detto a tutti è stato “le soluzioni per le persone che abitano su determinate strade le affrontiamo in maniera pubblica”, ovvero chi abita su quelle strade si confronta con il Comune e proviamo a trovare soluzioni insieme, perché decidendo insieme vengono responsabilizzati i residenti di una certa area. Ma su alcune strade siamo stati chiari, non si può asfaltare, non si può avere la luce… Col confronto le persone hanno compreso, anche perché quei “no” sono sempre stati accompagnati da un’idea di sviluppo, e abbiamo sempre offerto delle alternative. Quello che si può fare lo diciamo e ne parliamo con i residenti. E’ un approccio che funziona, certo non tutti accettano, ma il confronto è sempre leale e può aiutare a capire».
Lei è sui social?
«Si».
Quanti followers ha?
«Diciamo sui tremila… E da un paio d’anni sto anche su Instagram, anche se la mia compagna non mi vede molto capace… diciamo che sono un po’.. “antico”».
Ecco, le ho chiesto quest’ultima cosa per fare un ironico confronto. Nel viterbese siete una sessantina di sindaci, ma ce n’è uno che ha due milioni di follower… parlo del sindaco di Sutri, Vittorio Sgarbi. Provo a strapparle un sorriso… lei è invidioso? Come approccia Emanuele Rallo a una situazione del genere?
«Il problema non è Vittorio Sgarbi, che è un personaggio e ogni cosa che dice può creare scalpore, il problema è il giornalismo. Non c’è più il cronista che va nei territori, oggi basta controllare Internet per lavorare, sul posto ci vanno davvero in pochi. Ecco, diciamo che dovremmo capire cosa è notizia e cosa non lo è. Se uno pensa che la cosa più importante è accumulare il numero dei click, allora non è giornalismo, allora è un’altra cosa. Comunque no, non invidio Vittorio, che ho anche conosciuto. Mi dispiace invece il tipo di dibattito pubblico che abbiamo. Ecco questo riesce a disturbarmi».
Massimiliano Morelli

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