Al Senato è stata respinta la richiesta di FI e Lega di sospenderne l’esame con 136 no e 135 sì 

Il ddl Zan è salvo (per ora) per un solo voto di scarto. L’Aula del Senato ha infatti respinto la richiesta di Forza Italia e Lega di sospenderne l’esame con 136 voti contrari a fronte di 135 favorevoli. ‘Pesano’, a dire dei senatori di FdI – che non nascondono la “forte irritazione” nei confronti dei colleghi di coalizione – le assenze ‘ingiustificate’ di tre leghisti e quattro azzurri (gli assenti totali nel centrodestra sono 15, nessuno di FdI). Se tutti gli esponenti di centrodestra fossero stati presenti durante il voto, è il ragionamento fatto a caldo e tabulati alla mano, gli ex giallorossi sarebbero andati sotto e l’esame del provvedimento sarebbe stato interrotto, nonostante i voti dei renziani che si sono ‘allineati’ con M5s e Pd, è l’accusa di FdI rivolta agli alleati.

Dem in agitazione

L’esito del secondo voto sul ddl Zan, dopo la bocciatura di martedì delle questioni pregiudiziali (12 i voti di scarto), nonostante faccia registrare nel giro di 24 ore una nuova vittoria del fronte del si’ al ddl Zan senza modifiche, mette in forte agitazione i dem. I renziani “non hanno tradito oggi, nessuno sgambetto, ma nei voti segreti andiamo a fondo”, è la riflessione. Scorrendo i tabulati, in Aula erano presenti 13 renziani su 17. I 4 che non hanno partecipato al voto, tra cui anche Matteo Renzi (impegnato nel tour di presentazione del suo ultimo libro), risultano essere tutti assenti ‘giustificati’. Ne consegue che senza i 13 voti di Italia viva la sospensione dell’esame non sarebbe stata bocciata.

I numeri

“I numeri non ci sono. Punto”, è il refrain che aleggia per i corridoi di palazzo Madama tra i senatori Pd durante la pausa pranzo. I riflettori vengono puntati sui 5 stelle (14 assenti, di cui 5 ‘ingiustificati’ in quanto non in missione ne’ in congedo. Tra i nomi anche Taverna), ma anche sul gruppo Misto, le cui componenti “non sono gestibili e prevedibili”, osserva un parlamentare di centrosinistra di lungo corso. Sempre dai tabulati emerge infatti che tra gli ex pentastellati in diversi hanno votato a favore della sospensione dell’esame (ad esempio Gregorio De Falco, Marinella Pacifico, Mattia Crucioli). Arriva invece in ‘soccorso’ degli ex giallorossi, anche questa volta al fotofinish (ma senza la necessita’ di ricorrere al ‘var’, come accaduto in occasione dell’ultimo voto di fiducia al governo Conte II), il senatore ex M5s Lello Ciampolillo. Fa il suo ingresso in Aula in extremis il ministro pentastellato Stefano Patuanelli.

Il fronte del sì non cresce

Ma al di là delle diverse posizioni sul voto odierno, i numeri non lasciano molto spazio alle interpretazioni. Il fronte del si’ al ddl Zan senza nessuna modifica non cresce, anzi puo’ perdere voti sugli emendamenti: sia Iv che le Autonomie, infatti, insistono sulla necessita’ di cambiare il testo, eliminando quelle che definiscono “parti controverse” (parita’ di genere, liberta’ di pensiero, iniziative nelle scuole). “Immaginate cosa potra’ accadere a scrutinio segreto…”, osserva il leader di Iv, che rilancia: “I numeri sono a rischio al Senato, serve quindi un grande accordo perché a scrutinio segreto questa legge non passa”, ribadisce l’ex premier. E il capogruppo renziano Davide Faraone esorta gli ex colleghi di partito ad abbandonare l’Aventino e accettare la mediazione, perche’ il voto di oggi “dimostra chiaramente che o si cambia rotta o il ddl Zan va a fondo. Se Pd e M5s continuano ad arroccarsi saranno responsabili di questo fallimento”. Anche dal centrodestra si parla di vittoria di Pirro per gli ex giallorossi: “I presunti ‘vincitori’ di questa mattina sono i veri e futuri sconfitti. Con i voti segreti questa realta’ sara’ ancora piu’ evidente”, sostiene l’azzurro Maurizio Gasparri.

Il monito di Salvini

“Se Letta e il Pd insistono a non voler ascoltare, dialogare e trovare una soluzione, la legge è morta”, sentenzia Matteo Salvini, che insiste: “Approviamo subito tutti insieme delle norme che puniscono chi offende e fa violenza. Togliamo dal testo quello che divide: i bambini, il gender. Lo abbiamo visto già oggi in Aula, immaginatevi cosa succede al primo emendamento”.Il termine per la presentazione delle modifiche scade martedì prossimo alle 12: in quell’occasione, leggendo i testi, si capirà la strategia sia dei leghisti che dei renziani, e se – come accusano da giorni dem e M5s – si è davvero saldato un asse tra ‘i due Matteo’. Il Pd continua a tenere il punto: nessuna modifica al testo. “In questo momento non ci sono le condizioni per un accordo, le proposte del centrodestra sono totalmente irricevibili”, spiega Franco Mirabelli. Non la pensa così Andrea Marcucci: “I numeri parlano chiaro. Andare avanti con il muro contro muro rischia di favorire soltanto chi non vuole la legge”. Ma anche se nessuno lo dice ufficialmente, al Senato tra i dem e i 5 stelle cresce la consapevolezza che saranno inevitabili delle modifiche al testo. “Vedremo come votare”, allarga le braccia un senatore di centrosinistra, “magari no o astensione sugli emendamenti ma sì sul voto finale”. Intanto in Aula è iniziata la discussione generale con l’ostruzionismo di FdI che annuncia una “maratona” di interventi, facendo aumentare le chance dello slittamento a settembre, dopo la pausa estiva.

(Agi)

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