15 Maggio, 2024
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Via Conte dai Servizi per far luce sui rapporti con Trump

Dopo l’assalto al Congresso, Renzi alza il livello dello scontro. “Fare chiarezza su Barr in Italia”

“Bisogna fare chiarezza sulla visita di William Barr in Italia”. Parlando con i suoi collaboratori, Matteo Renzi apre un altro fronte nella crisi politica che ha investito il governo nelle ultime settimane. Ma che c’entra l’arrivo a Roma dell’Attorney General dell’amministrazione Trump di un anno e mezzo fa con il destino del secondo governo di Giuseppe Conte? C’è un punto di contatto evidente se si ha la pazienza di recuperare le dichiarazioni del leader di Italia viva allorché, lo scorso ottobre, il New York Times ricostruì i due viaggi effettuati da Barr in Italia aggirando i protocolli, nell’ambito di pressioni dell’amministrazione statunitense sull’Italia su un eventuale ruolo di Roma nell’affaire Misfud e nel potenziale coinvolgimento del governo nel Russiagate. Renzi chiese infatti al premier di “riferire al Copasir” sulla vicenda, ma aggiunse: “Conte lasci la delega ai servizi”.

Non è un caso che sia una delle precise richieste indirizzate a Palazzo Chigi già da prima di Natale, che hanno sbattuto costantemente sul muro eretto dall’avvocato, e che vengano reiterate all’indomani dell’irruzione a Capitol Hill di un gruppo di supporter di Trump. “Oggi più che mai – spiega un colonnello di Iv – è necessario che Conte lasci quella delega, come sempre è successo con i governi precedenti”. È il corollario che aggiunge a rendere la faccenda esplosiva: “Serve un uomo diverso a capo dei Servizi anche per fare luce sui fatti di quell’estate”. Una sorta non solo di commissariamento del presidente del Consiglio, ma anche un chiaro segnale di volerlo mettere sotto la lente per capirne il livello di compromissione con l’amministrazione Trump.

Nel quartier generale di Italia viva è squillato un campanello d’allarme nel leggere ieri sera il tweet di Conte sui fatti di Washington. Nessuna condanna a Trump come mandante delle proteste, un vago riferimento alla solidità delle istituzioni Usa che per i renziani è poco meno che un pannicello caldo, del tutto insufficiente vista la gravità della situazione. Luciano Nobili, luogotenente del leader, twitta le parole di Angela Merkel (“Deploro il comportamento di Trump”) e si chiede provocatoriamente: “C’è qualcuno a Palazzo Chigi? Quando arriva la condanna di Conte?”.

“Che cos’è successo davvero nell’estate 2019?”, si chiedono dalle parti di Italia viva, c’è un bagaglio di relazioni, contatti, appoggi reciproci tra l’amministrazione americana uscente e il presidente del Consiglio di cui non si è a conoscenza? Nelle chat renziane è iniziato a circolare il video dell’avvocato del popolo alla Casa Bianca, soddisfatto nel poter proclamare che “il mio governo e quello di Trump sono entrambi governo del cambiamento”. E un articolo del quotidiano online Politico nel quale Conte viene definito “cheerleader italiano di Trump”.

È un fronte spinosissimo, che passa anche per il famoso tweet trumpiano di sostegno con “Giuseppi” annesso, sparato nel bel mezzo della crisi del governo gialloverede, e che potrebbe portare a deflagrare definitivamente lo scontro nell’attuale maggioranza. Tutto si lega secondo Renzi, la delega ai Servizi è un punto irrinunciabile ma non il solo a dover essere chiarito relativamente a un quadro internazionale rispetto al quale priorità e rapporti di Palazzo Chigi sono guardati con sospetto se non apertamente contestati. “Lo scenario internazionale che ci si è presentato in queste ore è gravissimo – attacca un dirigente di Iv – Conte che relazioni e che pregressi ha?”. In molti fanno notare che qualche tempo fa, a più di un interlocutore, Conte abbia mostrato una prima pagina del Financial Times con una foto insieme al presidente uscente e l’autografo di Trump: “Good job, Giuseppe”.

Ecco che da Barr passando per Capitol Hill si delinea più chiaramente l’impatto della travagliata transizione negli Stati Uniti sul quadro politico nostrano: “Ieri – continua il dirigente – si è toccato con mano che significa accentrare in una sola mano la sicurezza nazionale”. Potrebbe essere il punto di non ritorno della crisi, il punto di non ritorno per innescare la retromarcia si allontana sempre più. Che oggi, sul fronte Recovery fund, ha visto aggiungersi un ulteriore tassello che certifica quello che ormai sembra essere un dialogo fra sordi. Renzi si aspettava ieri sera la bozza del piano rivisto da Palazzo Chigi, ma mail e smartphone sono rimasti silenti. Per di più in mattinata il vicesegretario del Pd Andrea Orlando ha confermato di aver partecipato ieri a una riunione con il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri proprio su questo. “Certifica che esiste una maggioranza nella maggioranza”, attaccano fonti del partito, che spiegano che al momento non hanno notizia di convocazioni né del Consiglio dei ministri né di vertici politici per discuterne. E ieri, confermano fonti della maggioranza, si sono effettivamente svolti incontri del ministro anche con i 5 stelle e Leu, con Italia viva che prima di qualunque tipo di discussione pretende di visionare un testo che al momento nessuno ha. O forse no, perché dalla war room renziana sono convinti: “Siamo noi a non averlo, sicuramente alcuni esponenti di governo ne sono già in possesso”.

(Huffpost)

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