30 Aprile, 2024
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“Solo contro tutti nell’Oms,  ma si può cambiare”. La versione di Zambon sul piano pandemico  

In un’intervista all’AGI il funzionario dell’Oms di Venezia spiega di ricevere “molta forza dalle migliaia di cittadini che mi scrivono che sono un esempio di integrità per i figli” 

“Solo contro tutti”, deciso a non andarsene “perché si può cambiare da dentro il sistema”, incoraggiato dalle “migliaia di messaggi di solidarietà dei cittadini che mi indicano a esempio di integrità ai loro figli, anche se ho solo fatto il mio dovere”.

Così descrive il suo momento in un’intervista all’AGI Francesco Zambon, il funzionario dell’Oms di Venezia che ha denunciato di avere subito delle pressioni dal direttore aggiunto dell’organizzazione, Ranieri Guerra, per postdatare il Piano pandemico facendolo sembrare aggiornato al 2016 quando era ‘fermo’ al 2006 nell’ambito di un Rapporto su come l’Italia ha gestito la prima ondata.

“I colleghi hanno paura di parlarmi”

“Nella mia battaglia mi sento solo contro tutti all’interno dell’Oms. Non ho nessun appoggio né sostegno psicologico dentro l’organizzazione”, racconta Zambon individuando in un preciso momento la percezione della solitudine. “Quando è uscito un articolo del ‘Guardian’, tradotto in 60 Paesi, che riguardava la mia vicenda, mi sarei aspettato che una parte dei 500 dipendenti degli uffici regionali mi mandasse una mail. Invece me m’è arrivata solo una, di una persona che quasi non conosco. Il mio legale, Vittore d’Acquarone, è esperto di wistleblower, cioé di persone che denunciano ‘da dentro’ – aggiunge – mi aveva detto che si sarebbe generata la paura a parlare con me dopo la mia denuncia. Non gli credevo, ma è andata così”.

Aggiunge Zambon che “contemporaneamente mi sono arrivati migliaia di messaggi di cittadini attraverso i social che mi danno molta forza e che voglio ringraziare. E’ anche per loro e come segno di solidarietà per chi ha subito questa enorme tragedia che mi sono presentato davanti alla magistratura di Bergamo nonostante l’Oms non volesse”. Zambon ammette di essere stato “sfiorato dall’idea di andarmene ma non lascio perché penso che i cambiamenti possano arrivare dall’interno attraverso anche il sacrificio di qualcuno. Magari sembra non succeda nulla e poi a un tratto succede”.

La telefonata del direttore europeo

In realtà un attestato di vicinanza, di un certo peso, Zambon l’ha incassato.  “L’unica solidarietà ricevuta all’interno dell’Oms è stata quella espressa in una telefonata, seguita a un  messaggio, dal direttore regionale, Hans Kluge, che si è fatto vivo qualche giorno fa”. Precisa che “è una solidarietà umana, che non entra nel merito della vicenda e di quello che potrà accadere”.

Sull’ufficio di Copenaghen, la sede europea guidata dal Kluge, Guerra fa ricadere la responsabilità di quanto accaduto in relazione al Rapporto. Secondo Zambon, “da 13 anni all’Oms, di cui 5 in Russia e vincitore di una selezione su 300 persone per il posto a Venezia”, “qualcosa a breve dovrà accadere: o saranno presi provvedimenti contro di me o contro Guerra o contro entrambi ma c’è anche la possibilità che cadano delle teste importanti nell’Oms. Non è possibile che la questione decanti per l’enorme eco che sta avendo all’estero, mentre in Italia viene descritta alla stregua di un battibecco tra me e Guerra, e perché il Comitato delle vittime continuerà a parlarne”.

“Toccava a Guerra avvertire il ministro Speranza”

Chi doveva avvertire il Ministero della Salute della pubblicazione del Rapporto ‘Unprecedent challenge – Italy’s first response to Covid_19’?

“Toccava a Ranieri Guerra e non a me riferire a Speranza”, dice Zambon. “Guerra mente quando dichiara ai media che spettava a me farlo – prosegue -. Io non sono autorizzato ad avere rapporti col ministro. Quello che è certo è che l’Oms deve informare gli Stati membri su quello che fa un Paese. E’ una forma di cortesia, non una regola scritta, ma ovviamente tu che operi nel Paese devi informare il ministro che esce un rapporto. Non so se poi Speranza sia stato avvertito”.

Per il funzionario, la stesura del dossier “fu un’esperienza esaltante a cui lavorammo giorno e notte consapevoli dell’importanza di essere utili agli altri Paesi che volevano capire cosa prendere e cosa no dal modello italiano, l’unico riferimento in quel momento”.

“Abbiamo scelto una narrazione il più possibile leggibile che si discostasse dai documenti freddi e secchi tipici dell’Oms, cosa che a Copenaghen forse a qualcuno non è piaciuta”.

Di quei giorni evoca la fierezza di dimostrare “cosa potesse produrre l’Oms in una situazione in cui Trump la criticava ferocemente. Mai avrei immaginato quello che mi aspettava”.

Quando arrivò la mail di Guerra pensai di avere sbagliato io

“La prima reazione alla mail di Guerra sulla datazione del piano fu quella di chi pensa di avere commesso uno sbaglio, pensavo che lui fosse in buona fede”. 

In seguito “dopo che i controlli del mio team avevano accertato che in effetti il Piano non era stato aggiornato e la scoperta del conflitto di interessi di Guerra, che all’epoca lavorava al Ministero e si occupava degli aggiornamenti, sono subentrare rabbia e incredulità”.

Poi la decisione di denunciare agli organi di controllo interni dai quali non ha ancora ricevuto risposte. “Continuavo a chiedermi perché nessuno mi dicesse nulla. Ho capito poi che c’era dell’altro che mi sfuggiva e in parte ancora mi sfugge. Di certo il direttore generale Tedros era a conoscenza di tutto”.

Zambon dice dice di non sapere “cosa sarà di me nel 2021, conto i giorni alla fine. Ma, ci tengo a dirlo, questo è stato anche l’anno che ha dimostrato come attraverso la solidarietà e la cooperazione senza confini si possano lanciare messaggi di speranza qual è quello del vaccino pronto in così poco tempo. Qualcosa di mai visto prima nella storia dell’umanità che richiama i valori dell’Oms in cui credo, nonostante tutto”.

(Agi)

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