29 Aprile, 2024
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Come uscire politicamente dalla pandemia, non basta la distribuzione di ristori

 “Nebbia sulla Manica. Il Continente è isolato’’. Forse è solo una battuta ironica, ma rappresenta l’atteggiamento e lo spirito della “perfida Albione’’ nei confronti degli altri Paesi (in fondo lo abbiamo riscontrato anche nella Brexit). Questa volta però la “variante britannica’’ del virus maledetto ha rinchiuso i sudditi di Sua Maestà Britannica all’interno dei loro confini. Ma c’è di più: nel giro di poche ore è emerso che di “varianti” ne sono in circolazione diverse, ciascuna con la propria nazionalità. Qualcuno sostiene che verremo a capo delle mutazioni del covid-19 solo quando scopriremo la “variante italiana” che, per sua natura, chiederà di essere messa in cassa integrazione. In ogni caso, il “salto” del virus non è una sorpresa.

Da quarant’anni chi si è vaccinato scrupolosamente contro l’influenza cosiddetta di stagione ha appreso che ogni anno era in circolazione un nuovo “ceppo” e quindi occorreva sottoporsi ad un trattamento preventivo diverso da quello dell’anno precedente. Peraltro, senza che gli fosse assicurata l’immunità. In presenza della “variante” di Boris Johnson, le “gerarchie” della scienza hanno preferito prenderla bassa e testimoniare (come se parlassero di un loro cugino) che la “variante” non è più letale dell’originale e che, pertanto, il vaccino serve ugualmente; ma la diffusione del contagio è divenuta più veloce.

Se ci pensiamo bene, con queste spiegazioni, viene tracciato un quadro clinico che si giustappone perfettamente alla strategia di “mitigazione” fino ad ora prevalsa: la soluzione sta nel vaccino; nell’attesa dobbiamo chiudere ancora di più perché il “nemico” si muove con maggiore sveltezza; ovviamente, i lockdown vanno risarciti con adeguati “ristori” (un termine che serve a ricordare che un tempo esistevano dei locali definiti ristoranti). E se le “varianti” dimostrassero che abbiamo sbagliato strategia? Nelle vecchie scuole di partito insegnavano che, in politica, gli errori derivano da un’analisi sbagliata. Ecco il nostro errore: ritenere che una campagna breve (anche se poi è diventata più lunga del previsto) basata su chiusure, spesso prive di senso, anche a costo di mettere a repentaglio l’economia allo scopo di resistere e contenere i danni sul piano sanitario in attesa di potersi avvalere dell’arma segreta del vaccino e sbaragliare il nemico.

La mutazione del virus che si appresta a dilagare nel Continente è la prova che la guerra con il covid è destinata a durare, perché l’ospite è entrato a far parte della nostra quotidianità come tante altre patologie più o meno gravi. Pertanto l’umanità può sperare non in una vittoria campale, ma solo in un armistizio (come quello tra le due Coree) sorretto – nel tempo – da terapie e strutture sanitarie sempre più adeguate a curare la malattia prima che a debellarla del tutto. Ecco perché è indispensabile aderire al Mes: non si tratta di avere risorse da impiegare in pochi mesi, ma necessarie ad uno sforzo di anni, grandi investimenti e trasformazioni.

Oggi la scienza è riuscita, con progressi stupefacenti, a fronteggiare mali un tempo ritenuti “incurabili” come il cancro e altre patologie che ci hanno colti di sorpresa (si pensi all’aids); ma anche quelle nuove costituiscono sfide da collocare in una prospettiva realistica. Chi compete in una Maratona non può partire con il guizzo del centometrista: in pochi minuti rimane senza fiato. Se è questo il messaggio che ci deriva dagli eventi, se quella con il virus non sarà una guerra lampo, è illusorio combatterla dal tinello di casa; e, soprattutto, non potrà durare all’infinito la solfa chiusure/ristori. Peraltro, anche i prosseneti del “pensiero unico” (quelli che non vogliono neppure sentir ricordare che i decessi per varie patologie – da gennaio ad agosto – sono stati nel complesso pari a sei volte quelli da corona virus) sanno benissimo che organizzare e portare a termine una vaccinazione di massa è un’operazione che occuperà – bene che vada – tutto il 2021.

Non penseranno mica di dipingere di rosso la Penisola per tutto quel tempo, distribuendo “ristori” a suon di scostamenti di bilancio? Sarebbe una sorta di bomba N all’incontrario: lascerebbe in vita i titolari di attività economiche che sarebbero distrutte. All’inizio della pandemia un falco, messo in gabbia alla Presidenza del Bundenstag, come Wolfgang Scauble predisse: «C’è il sentimento diffuso che ogni problema possa essere risolto con l’impiego di risorse pubbliche senza limiti (……) Ma lo Stato non può sostituirsi al fatturato per sempre». Del resto la politica del “chiudi che pago io” ha subito una battuta d’arresto proprio in queste ore alla Camera sulla legge di bilancio, il cui testo è stato costretto a “risalire” in quella Commissione Bilancio, da cui era disceso in Aula “con orgogliosa sicurezza” sotto la guida del relatore Stefano Fassina.

La Ragioneria Generale dello Stato “è viva e lotta insieme a noi” esercitando quel potere di “bollinatura” che intercetta gli emendamenti privi di adeguata copertura finanziaria. E vista la ristrettezza dei tempi (una decina di giorni) i parlamentari corrono il rischio di dover violare le norme del “coprifuoco natalizio”, restando a votare dai loro scranni, se vogliono evitare il ricorso all’esercizio provvisorio (nemmeno il governo giallo-verde era sceso tanto in basso). La La Ragioneria Generale dello Stato (Dio l’abbia in gloria!) ha bocciato – scrivono le agenzie – 14 norme per mancanza di coperture e ha chiesto di riscrivere altre 60 modifiche apportate nella sessione di 48 ore della Commissione Bilancio, un terzo quasi di tutti gli emendamenti approvati.

La bocciatura più sonora – detta l’Ansa – tocca però alla nona salvaguardia per gli esodati (una delle più grandi montature del decennio, ndr) facendo sì che essi «non siano dei salvaguardati, ma dei privilegiati». Poi arriva il colpo di grazia: la misura «si traduce in una disapplicazione della riforma pensionistica», in contrasto con la normativa Ue. Così sull’Aula affranta è comparsa – per un attimo che vale un’intera vita – l’immagine vendicata di Elsa Fornero.

(Il Riformista, Giuliano Cazzola)

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