29 Aprile, 2024
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L’offensiva diplomatica dei vaccini cinesi

Pechino non punta solo a riguadagnare consensi internazionali dopo le critiche per la gestione dell’epidemia ma anche ad espandere la sua influenza nei Paesi in via di sviluppo, cogliendo l’occasione per risolvere alcune annose dispute territoriali

Un’arma diplomatica e un modo per riguadagnare consenso internazionale dopo le critiche per la gestione dell’epidemia di Covid-19. La Cina punta a promuovere la propria immagine e ad aumentare la propria influenza a livello regionale e globale con la distribuzione all’estero del vaccino. “Non c’è dubbio che la Cina stia praticando una diplomazia del vaccino per riparare alla sua immagine danneggiata”, sostiene Huang Yanzhong, esperto di sanità pubblica per il Council on Foreign Relations, citato dall’Afp. Il vaccino contro il Covid-19 “è diventato anche uno strumento per aumentare l’influenza globale della Cina e appianare questioni geopolitiche”.

Il presidente Xi Jinping ha più volte dichiarato che il vaccino cinese sarà un “bene pubblico globale”, ma la diplomazia del vaccino vede per ora in prima fila Filippine, Malaysia, Cambogia, Laos, Myanmar, Thailandia e Vietnam, a cui Pechino ha promesso priorità nella distribuzione, e in secondo piano Nepal, Sri Lanka e Serbia. Inoltre, l’Indonesia ha già annunciato, domenica scorsa, di avere ricevuto il primo carico di vaccino prodotto da Sinopharm, per un totale di 1,2 milioni di dosi, a cui ne seguirà un secondo da altre 1,8 milioni, atteso entro fine gennaio 2021.

​Ad agosto , il primo ministro, Li Keqiang, aveva promesso la priorità nella distribuzione del vaccino ai Paesi che si affacciano sul Mekong: uno studio pubblicato a Singapore sottolinea come la tattica di Pechino comprenda l’ammorbidimento delle posizioni dei Paesi del sud-est asiatico sulle rivendicazioni di sovranità di Pechino sul Mare Cinese Meridionale, che infiammano anche i rapporti tra Cina e Stati Uniti per l’influenza nella regione.

Inoltre, i gruppi farmaceutici di Pechino stanno ampliando la produzione di vaccino, con l’implicito obiettivo di esportare il surplus: Sinovac ha recentemente dichiarato di avere ricevuto finanziamenti per 515 milioni di dollari e punta a raddoppiare la produzione a 600 milioni di dosi all’anno. Se la Cina riuscisse ad accaparrarsi anche solo il 15% del mercato dei Paesi a basso e medio reddito, secondo stime della società di brokeraggio di Hong Kong Essence Securities, potrebbe ricavare 2,8 miliardi di dollari dalla vendita del vaccino.

Una Via della Seta sanitaria

Pechino è molto attiva nella diplomazia del vaccino con quella che definisce la “Via della Seta sanitaria”: ilgigante dell’e-commerce Alibaba ha costruito magazzini di stoccaggio in Etiopia e a Dubai, che faranno da hub per la distribuzione in Africa orientale nel Medio Oriente. Inoltre, in Paesi come il Brasile, il Marocco e la stessa Indonesia, dove si sono tenuti i test clinici dei sieri prodotti dalle case farmaceutiche cinesi, la Cina sta costruendo strutture per la produzione del vaccino anti-Covid.

A minacciare il successo dell’offensiva diplomatica cinese è, al momento, la scarsezza di dati riguardanti l’efficacia degli immunizzanti prodotti da Pechino, nonostante la recente approvazione del vaccino di Sinopharm da parte delle autorità degli Emirati Arabi Uniti. Gli scandali nel settore dei vaccini avvenuti negli scorsi anni hanno minato la fiducia globale e innalzato il livello di cautela degli acquirenti globali: secondo i dati della società di consulenza londinese Airfinity, i due principali gruppi cinesi attivi nella ricerca del siero contro il Covid-19, Sinovac e Sinopharm, hanno totalizzato ordini per circa 500 milioni di dosi a metà novembre scorso, contro le 2,4 miliardi di dosi ordinate ad AstraZeneca.

(Agi)

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