3 Maggio, 2024
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Leonesi dopo l’omelia sull’aborto

Nazzareno Marconi interviene nella bufera scatenata dal suo vicario:  ha voluto mettere in guardia i giovani “contro una mentalità imperante”

Macerata, 3 novembre 2020 – “Con il linguaggio provocatorio del pensiero e della riflessione, tipico di una omelia, don Andrea (Leonesi) ha messo in guardia da una mentalità oggi imperante che ci fa guardare giustamente al dramma della pedofilia come a una battaglia che tutti ci deve vedere coinvolti, ma non ci mobilita allo stesso modo per garantire a ogni donna il diritto a non abortire“. E’ il vescovo Nazzareno Marconi a prendere le difese del suo vicario, don Andrea Leonesi, finito al centro di una bufera (non solo mediatica), scatenata dopo le parole pronunciate durante la messa (VIDEO) officiata martedì scorso nel corso della celebrazione “Fuci” dedicata agli universitari.

 

Durante l’omelia, infatti il parroco dell’Immacolata, facendo riferimento a quanto sta accadendo in Polonia dopo l’inasprimento delle leggi sull’aborto, ha chiesto se fosse più grave l’aborto o un atto di pedofilia.

“Il problema di fondo è che siamo così impastati in una determinata mentalità – aveva detto il parroco – e con questo non è che voglio dire che la pedofilia non sia niente, è gravissima. Ma che cosa è più grave?”. Le parole, grazie alla diretta streaming che la parrocchia ha attivato già durante la prima ondata della pandemia, sono rimbalzate anche fuori dalla chiesa e riprese dal coordinamento provinciale di Sinistra italiana che le ha diffuse e chiesto alla diocesi di prendere le distanze da quanto era stato detto. Ma, così come don Leonesi, ha spiegato al Carlino di non aver voluto dire che l’aborto fosse più grave della pedofilia, ma che “si sia perso il reale senso di gravità dell’aborto“, anche il vescovo Marconi sottolinea come il parroco abbia voluto mettere in guardia i giovani “contro una mentalità imperante” che non condannerebbe l’aborto allo stesso modo della pedofilia.

“Se l’aborto è l’unica scelta concretamente lasciata anche a una sola donna, perché tutta la società non ha fatto di tutto e di più per aiutarla, questa non è civiltà, ma barbarie – commenta il vescovo Marconi -.

Questo soprattutto vale per chi si dichiara cristiano, anzi laico impegnato, come i giovani della Fuci a cui si rivolgeva don Andrea”. Il vescovo interviene anche sul concetto di sottomissione della donna all’interno del matrimonio che, sempre don Leonesi, aveva citato nel corso dell’omelia traendo riferimento dalla lettera di San Paolo.

“Sono per la famiglia e se possibile propongo a tutti la famiglia cristiana, che con un bel paradosso letterario San Paolo nella lettera agli Efesini descrive come una perenne gara nella mutua sottomissione – conclude Marconi -. Il brano di Efesini, che descrive la bellezza della vita cristiana come vita di gioia e comunione rispetto alla vita dei pagani, obnubilati dal vizio e dalla voglia di dominare sugli altri, svela che il segreto di questa vita bella è proprio nel non voler dominare gli uni sugli altri, anzi nel sottomettersi nell’amore. E continua: le mogli sottomesse ai mariti come la Chiesa lo è a Cristo e i mariti alle mogli, come Cristo che si è sottomesso alle esigenze di un amore infinito per la Chiesa. Consiglierei a certi critici la correttezza scientifica di criticare un atto linguistico com’è un’omelia, ben diversa da un comizio, conoscendo bene il genere letterario e i testi biblici ed ecclesiali a cui si fa riferimento. Chi era in chiesa, culturalmente ben preparato come lo sono i giovani della Fuci, ha capito bene le parole di don Andrea e non ha presentato nessuna critica“.

(Il Resto del Carlino)

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