25 Aprile, 2024
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La passeggiata del Papa e il sangue dei romani

Roma, 6 settembre 1870. Pio IX nel pomeriggio ha percorso a piedi tutto il Corso fino a piazza Venezia.

Giovanni Maria Mastai Ferretti, come si è chiamato al secolo, è nato a Senigallia il 13 maggio 1792: ha dunque compiuto settantotto anni già da un pezzo. E’ sempre stato piuttosto malandato di salute, ma non finisce di stupire i medici per le infinite risorse della sua fibra. Qualcuno avrà certamente interpretato la passeggiata come una manifestazione di fiducia, di sicurezza, magari anche di decisione, data dal sovrano al suo popolo. Qualcun altro avrà invece pensato che a questo papa non è mai dispiaciuto passeggiare.

Il problema è che le cronache non danno mai – e non da oggi, da sempre – versioni simili degli atti, anche i più semplici, del pontefice. Il Divin Salvatore, un settimanale cattolico che già nel titolo manifesta un’esagerata sicurezza di sé, racconterà che “il nostro S. Padre nelle ore pomeridiane di quell’istesso giorno, fra la gioia e le acclamazioni festose del popolo affollato intorno alla Sua Sacra Persona, a piedi percorreva la frequentatissima Via del Corso, non risalendo in Carrozza che presso la piazza di Venezia”.

Nicola Roncalli, che da più di vent’anni tiene il suo diario di Roma, scrive semplicemente: “Il S. Padre, alle 5 pomeridiane del 6 corrente, entrò a piedi da porta del Popolo sino a piazza di Venezia con un silenzio sepolcrale”.

La verità è forse che il popolo di Roma è un po’ un mistero, a volte anche per i romani stessi. Otto anni fa, 1862, prima che succedesse il fattaccio di Aspromonte – Garibaldi ferito a una gamba – un deputato lucano che si chiama Ferdinando Petruccelli della Gattina pronunciò una requisitoria quasi violenta contro i romani che non facevano nulla per liberarsi del regime papale. La finì con questo insulto: “Ma bisogna avere non sangue, non acqua nelle vene, bisogna avervi sciroppo!”.

Quest’idea dello sciroppo nelle vene dei romani è talmente piaciuta in giro per l’Italia che oggi, otto anni dopo, il Fanfulla di Firenze la ritira fuori in prima pagina: “Come volete che i Romani siano padroni dei loro destini quando la parte ferruginosa del loro sangue è sopraffatta da quella sierosa? L’Italia ha visto per dieci anni un popolo, che le dovea dare la capitale, diventare anemico, per le vigilie, le quattro tempora, i venerdì e i sabati, e i mercoledì delle Madonne del Carmine!”. Uno scherzo, certo: nient’altro, o forse poco più che questo.

(La Repubblica)

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