2 Maggio, 2024
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Coronavirus, in Italia dati migliori che nel resto d’Europa: come mai?

Crisanti (Università di Padova): «Forse non facciamo i test alle persone giuste: bisogna concentrarsi sui luoghi della movida estiva e tracciare chi arriva dall’estero»

Poco più di dodicimila positivi, di cui 735 ricoverati e 44 in terapia intensiva. Cinque morti in un giorno, 255 nuovi contagi.

 I dati italiani consentirebbero un certo ottimismo sull’andamento dell’epidemia, ma gli appelli alla prudenza sono quotidiani, sia per il rischio di un peggioramento della situazione, sia per quel che accade in altri Paesi, anche vicini a noi.

Tra i “pessimisti” c’è Andrea Crisanti, professore ordinario di Microbiologia all’Università di Padova, che in un’intervista al Messaggero ha detto: «Viene da pensare che avremo problemi con il coronavirus non a ottobre-novembre, come si era ipotizzato, ma già alla fine di agosto». Non solo: l’esperto ritiene che sarebbe utile conoscere le ragioni della differenza dei nostri dati con quelli degli altri Paesi (per esempio Spagna, Francia, Romania) e azzarda: «Forse non stiamo facendo i tamponi alle persone giuste».

Controllare gli spostamenti

Certo assistiamo alla nascita di piccoli focolai in diversi punti della Penisola, ma finora la situazione appare ampiamente sotto controllo. Lo conferma Alessandro Vespignani, direttore del Laboratory for the modeling of biological and Socio-technical Systems alla Northeastern University di Boston, in un’intervista al Corriere: «In Italia i nuovi casi sono a livello endemico, sotto controllo. Il Sistema sanitario adesso mi pare in grado di gestire il tracciamento tradizionale dei positivi, isolando gli eventuali focolai. Certo, bisogna restare assolutamente vigili e mantenere le precauzioni adottate. Non credo servano nuove misure». Secondo il fisico informatico l’impennata dei casi in alcuni Paesi europei suggerisce però «prudenza nel controllo degli spostamenti delle persone» ed è «l’ennesima dimostrazione che il circolo virtuoso non si mantiene da solo».

«I casi in Paesi simili al nostro, come Spagna e Francia, ma anche in Germania, sono in aumento e non credo che l’Italia stia facendo nulla di speciale — riflette Crisanti, che è anche responsabile del Laboratorio di microbiologia e virologia dell’Azienda ospedaliera di Padova, in un’intervista all’Adnkronos Salute —. C’è quindi da capire perché noi no. Può essere che non cerchiamo abbastanza. Non dico che non si debbano vedere spiragli di speranza, ma agli italiani dico di prendere in considerazione che il pericolo non è passato e di regolarsi di conseguenza».

Super-diffusori e reinfezioni

Non siamo arrivati a zero contagi, ma in terapia intensiva, in tutta Italia, ci sono solo una quarantina di persone: come si spiega? «Le ipotesi sono diverse e vanno approfondite — afferma Crisanti —. Ma sarei cauto se fossi nei panni di chi dice che il virus ha perso forza. Perché un fenomeno simile lo avevamo già notato a marzo a Vo’: identificando i positivi è stato bloccato il diffondersi dell’infezione. Potrebbe essere che la trasmissione di Covid-19 è sostenuta dai super diffusori e che bloccandoli finisca la possibilità che infettino. Altra ipotesi è che più contagiati ci sono e più possibilità c’è che si scateni un caso grave come esito di reinfezioni multiple. Aumenta cioè la probabilità che ci si infetti più volte a breve distanza».

Movida e ingressi dall’estero

Dove andrebbe potenziata l’azione di test & tracing? «La movida è il luogo dove c’è una concentrazione di persone con molti contatti, anche non protetti: è quindi il posto giusto per vedere se ci sono persone infette che trasmettono il virus» riflette Crisanti. E poi c’è la questione degli arrivi dall’estero: «Sono sempre stato d’accordo sui tamponi all’ingresso nel nostro Paese. La priorità è circoscrivere e spegnere tutti i focolai e fare controlli su chi viene da fuori, per evitare reintroduzioni del virus». Proposte accolte con favore dal presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, che ha ipotizzato una campagna di test, su base volontaria, nei punti nevralgici della movida: città di mare e città d’arte. «Mi sembra giusto concentrare i controlli su questo fronte, è un tentativo per capire se il virus circola» ha affermato il governatore.

I dati dei passeggeri

In una lettera indirizzata ai ministri dell’Interno, Luciana Lamorgese, e della Salute, Roberto Speranza, Rossi ha spiegato che, a suo parere (e sulla scia di quanto detto da Crisanti), il fronte da aggredire, oltre alla movida, è quello degli ingressi dall’estero. Obiettivo: ridurre il rischio di nuovo focolai. Il problema, afferma il governatore, è quello dell’autodichiarazione che ogni passeggero dovrebbe compilare, indicando il proprio stato di salute e il domicilio dove poter trascorrere il periodo di isolamento fiduciario. Non tutti lo fanno, ha concluso Rossi, e i dati non vengono velocemente registrati sulla piattaforma informatica: passaggio che è invece necessario per poter programmare monitoraggio, test diagnostici e indagine epidemiologica.

(Corriere della Sera)

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