16 Aprile, 2024
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Road to Venezia 76 – uscita 18 – LA BALLATA DI BUSTER SCRUGGS Ethan Coen, Joel Coen

di Marco Feole

La miglior sceneggiatura a Venezia 75 è un Western atipico firmato dai fratelli Coen. Il binomio per quanto mi riguarda, è già elemento di garanzia. Poi c’è il film, e arriva la conferma. Ancora Western? Ma si, non è mai troppo!

Coen, già citati in precedenza nella nostra rubrica per il film di Clooney, non hanno bisogno di presentazioni. O meglio, non dovrebbero. Mi limiterò quindi, a parlare del film in questo pezzo, dando per scontato che sappiate di chi stiamo parlando e del genio che c’è dietro. Dietro due fratelli che confermano ancora una volta, senza essercene più bisogno, l’enorme talento che si portano dietro.

Un vecchio libro narra storie del vecchio West. Le sue pagine, sfogliate da una mano una dopo l’altra, scorrono sullo schermo passando da Buster Scruggs, un pistolero cantante, ad una diligenza piena di persone che attraversa impiccagioni.

Un film ad episodi, come ormai non si usa quasi più fare, un’illustrazione dell’epopea americana, mostrando allo spettatore un numero di generi diversi tra loro e tutti con una qualità non comune. Ma parliamo dei fratelli Coen, e qui di comune c’è ben poco. La commedia musicale, l’horror gotico (una volta lo facevamo anche in Italia), il dramma, gli spaghetti Western, tutto insieme senza mai perdere forza, senza mai abbassare lo stile e la regola dei Coen. Non manca nulla: cowboy, indiani, cavalli, cacciatori di taglie, saloon, bordelli. Tra le righe, i dialoghi e le atmosfere, riaffiora onnipresente la loro regola di fare Cinema, prendendosi dei rischi soprattutto strutturali notevoli. Tutti portati a casa con estrema maestria.

Non dimenticano di mostrare quanto il vecchio e selvaggio West sia crudele e spietato, ma loro lo fanno cantando, a ritmo però di buchi in testa e morti violente. Un senso di facilità, quasi banale, cancellando ogni possibilità di trovare un senso all’esistenza. Diverte ma fa pensare, tristezza e ironia, una macedonia di emozioni che riempie un’opera d’Arte. Un’operazione firmata Netflix, che meriterebbe molto più “spazio”, inteso proprio come grandezza. Quella di uno schermo, magari dentro una sala, per un’opera ancora una volta da ricordare, che ha una forma sola, da sempre. Quella del Cinema dei fratelli Coen.

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