28 Aprile, 2024
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Chi furono i nemici di Aldo Moro?

Il testo di Amedeo Lanucara si può considerare suddiviso in due parti.
Per il saggio iniziale potremmo citare la frase “Hypotheses non fingo”, che scrisse il grande Isaac Newton nel suo “Philosophiae Naturalis Principia Mathematica”, in quanto l’autore vi riporta documenti, testimonianze, citazioni, osservazioni … che analizza cercando di non farsi influenzare dalle ipotesi di regime (o forse facendosi influenzare da tutte le ipotesi), pagine in cui l’autore non “finge”, non ipotizza nulla, ma fa osservare, ad occhi bene aperti, cosa rimane (o meglio ciò che ci hanno fatto rimanere) di quei lontani anni ’70.
Nella seconda parte (il romanzo vero e proprio, il noir politico), Amedeo invece deliberatamente “finge” delle ipotesi (in realtà non saprei dire quanto di ciò che scrive sia inventato e quanto sia realtà perché i misteri sono ancora troppi, sebbene siano trascorso ormai quasi cinquanta anni) raccontando come potrebbero essere iniziate, trascorse e concluse le 55 giornate del rapimento Moro.

I lettori sanno bene che leggere è come fare un viaggio, ma in un viaggio quale è la cosa più importante fra la meta ed il percorso? Credo che la risposta giusta sia la compagnia. In questo caso si tratta della compagnia di Amedeo Lanucara, un baldo giovinotto di quasi novant’anni, una vita trascorsa sempre “sul pezzo” per informarci dalle pagine dei giornali per i quali ha lavorato da sempre. È proprio vero: c’è chi nasce vecchio e chi vecchio non lo diventa mai e Amedeo è ancora freschissimo e pieno di notizie e di idee! Non importa quindi sapere come finisca il povero Aldo Moro, lo sappiamo bene, purtroppo, tutti. È invece molto interessante viaggiare con Lanucara, partendo da documenti (o meglio quello che ci è stato lasciato intravvedere dei documenti relativi all’affair Moro) e intrufolarsi nei fatti, nei ricordi e nelle finzioni, chiedendoci costantemente fino a che punto si tratti veramente di finzioni, in una atmosfera che svela quanto siamo stati tutti o forse siamo ancora “sotto un dominio pieno ed incontrollato” (citando il compianto Aldo Moro). Un viaggio che sembra far vivere come in un film, con la sua rilettura dei fatidici 55 giorni, quasi sia un perfetto copione teatrale, i giornalieri colpi di scena, che avevano un solo scopo: controllare e manipolare l’opinione pubblica, ormai genericamente favorevole all’ingresso del PCI al governo del Paese, con l’obiettivo di far cambiare idea a più persone possibile.
Qualcuno, che si sia basato sulla “pappetta pronta” del potere, potrebbe chiedersi: “ma dove si vuole arrivare? Non furono le BR a rapire ed uccidere Moro?”. In realtà tutti sappiamo che Moro era fra i pochi politici di potere che pensavano ad una possibile svolta a sinistra facendo entrare nel governo il più grande partito comunista d’occidente. Ucciderlo significava eliminare la punta di diamante di quella possibile svolta. Ma Moro per chi era pericoloso? Per la destra con i suoi ovvi motivi o per dei fanatici che pretendevano di parlare e giudicare a nome del popolo, senza averne mai avuto alcuna delega? Oppure Moro era pericoloso per entrambi? O addirittura era pericoloso per qualcuno molto più in alto e distante?
Con il senno di ora e di allora sappiamo bene che, in effetti, Moro era un pericolo per gli USA (che non potevano permettere che il PCI salisse al potere e che qualche ministro comunista arrivasse a documenti segreti che potevano essere trasmessi in URSS) ma anche per l’URSS (che non poteva accettare che un PCI democratico salisse al potere senza possibilità di poterlo controllare direttamente, ben sapendo che un “Praga bis” non era possibile). Insomma, Moro non doveva proseguire la sua azione e per fermarlo non era consigliabile né una invasione del nostro territorio né un colpo di Stato stile sudamericano. Necessitava una modalità diversa, già attuata e che sarà attuata con successo altrove molte volte: una infiltrazione della CIA nei gruppi fanatici, ritenuti pericolosi per gli USA, indirizzandone il percorso. In effetti chiediamocelo: che ruolo ebbe realmente la CIA dei cui esponenti abbiamo la prova della presenza a Roma in quel periodo?

“Fantapolitico, ma non troppo” è l’annuncio di Lanucara che narra, “fingendo” una diversa realtà, quella di un’operazione di professionisti internazionali in cui le Brigate Rosse sono state solo sciocche pedine.
“Se le BR avevano per loro stessa ammissione una preparazione militare insufficiente e maneggiavano solo pistole, chi ha realizzato l’agguato in via Fani, con largo uso di armi a ripetizione? Com’è stato possibile evitare che Moro fosse colpito involontariamente dai proiettili (almeno 91, di quattro mitragliette) esplosi dagli aggressori per eliminare i cinque uomini di scorta il cui capo-scorta, Leonardi, era stato istruttore alla Scuola sabotatori paracadutisti e l’autista Ricci non scherzava? Siamo al limite ed oltre dell’impossibilità tecnica di non ferirlo. Le risposte di Amedeo: l’obiettivo del sequestro non era nell’auto.” (Felice Laudadio)

Cerchiamo di andare oltre e comprendere meglio il senso del lavoro di Lanucara.
“Democrazia: forma di governo che si basa sulla sovranità popolare e garantisce a ogni cittadino la partecipazione in piena uguaglianza all’esercizio del potere pubblico.” Questa è la definizione tratta dalla “Treccani” che, però, sebbene formalmente e linguisticamente correttissima, temo possa essere fuorviante. Proviamo a “fingere” che una scimmia possa partecipare, alla pari con degli esseri umani, a qualche votazione per prendere una decisione. Nella realtà quella scimmia non è “alla pari” perché non è partecipe di alcuna democrazia in quanto quella scimmia non sa nemmeno di cosa si stia parlando. Allora quanto è democratica la sua partecipazione?
È solo la conoscenza approfondita, al livello massimo possibile del tema di cui si discute e si delibera, che ci permette di decidere e votare liberamente, magari scientemente a favore o contro gli interessi propri o della comunità. Solo avendo contezza del tema si attua realmente la democrazia in quanto la scelta è allora senziente. Intendo affermare che non si è realmente liberi se non si è realmente informati. Siamo tanto più liberi quanto più conosciamo e, se non si è liberi, non si ha democrazia. In sintesi: non esiste democrazia reale se non si ha conoscenza.
Quello di Amedeo, il suo lavoro, il suo libro, per quanto possa essere (e non sappiamo quanto) pura fantasia (“Eliminato l’impossibile, ciò che resta, per improbabile che sia, deve essere la verità” scriveva Sir Arthur Conan Doyle) resta un esercizio di libertà. D’altro canto il potere che non voglia abdicare, non ha alcuna volontà di fornire informazioni, di rendere liberi i cittadini, di aiutarli a crescere culturalmente, anzi, ha necessità di mantenere tutti nella maggiore oscurità possibile! Il potere non democratico, per quanto deciso dal popolo, vuole che i sudditi siano come una tela bianca sulla quale dipingere la propria realtà. Il mondo senza conoscenza, senza cultura è una novella “Matrix”.
Lanucara scartabella fra le migliaia di documenti e, con il suo stile inconfondibile, con le sue citazioni culturali, con la sua verve “giovanile” da esperto giornalista, cerca di farci scorgere, come osservando attraverso delle lenti, quali siano gli specchi per allodole posizionati dal potere per dipingere una brutta favola, una favola che possa nascondere quella verità che il potere che uccise Moro e i falsi paladini del popolo hanno voluto tenere nascosti.

Concludo con ricordi personali. A quell’epoca ero studente universitario. Non nascondo che io e tanti altri miei amici guardavamo con occhio benevolo le idee propagandate dalle BR. Naturalmente tolleravamo con dispiacere i morti e i feriti che le loro azioni provocavano. Avremmo addirittura anche esultato al rapimento di Moro, se eseguito con altre modalità, perché le BR avevano fatto intendere che avrebbero rese note rivelazioni inaudite sulle malefatte della DC e del “potere” in generale.
Non nascondiamocelo: durante la “strategia delle tensione” tutti vedevamo chiaramente la differenza fra le stragi di destra (che uccidevano cittadini normali, incolpevoli, casuali) e gli attacchi mirati delle BR (dei quali non temevamo nulla perché non avevamo fatto nulla). Ma la prima grande stortura fu l’omicidio inutile degli uomini della scorta (perché uccidere tutti con un colpo di grazia? perché non avere testimoni se i loro volti erano già noti alla Polizia ed agivano sempre a volto scoperto?) e la stranezza di un Moro illeso, senza un graffio come si seppe poi. La definitiva rottura fu la morte di Moro, giustiziato a seguito di una sentenza di morte decisa da chi? In nome di quale popolo? Quel popolo che si era chiaramente espresso nelle piazze, nelle università, nelle officine e chiedeva Moro vivo? Cosa erano quei comunicati deliranti che non rivelavano nulla di quanto sbandierato da quei fanatici?
Ero incendiario, con la morte di Moro divenni pompiere.

Riccardo Agresti

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