5 Maggio, 2024
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Siamo ancora una Repubblica fondata sul lavoro?

Troppi diritti e conquiste cancellati negli ultimi anni

Durante i decenni che hanno contrassegnato la cosiddetta e tanto vituperata prima Repubblica, erano presenti molti partiti che agivano mettendo al centro delle proprie strategie il lavoro, proponendosi di organizzare e rappresentare lavoratori, pensionati e disoccupati. La falce e il martello, intesi come strumenti di lavoro, segnavano le bandiere dei partiti della sinistra: Comunista, Socialista, Social Democratico, Democrazia proletaria, Psiup.

Ieri, i partiti, il lavoro

Nella stessa Democrazia cristiana, formazione politica interclassista, albergavano importanti correnti rappresentative del lavoro. In ogni azienda, di media e grande dimensione, vi erano i circoli del Pci, i nuclei del Psi, le sezioni della Dc.

I lavoratori erano organizzati nei partiti e venivano rappresentati, a tutti i livelli istituzionali, dagli stessi.

Le confederazioni sindacali avevano precisi riferimenti nella politica e, per molti anni, i segretari di Cgil, Cisl e Uil sono stati presenti in parlamento con l’obiettivo di rappresentare direttamente la classe lavoratrice. La politica era intesa come partecipazione democratica dal basso, le sedi dei partiti erano dislocate in tutti i territori e si riempivano periodicamente dando vita a momenti di confronto, discussione, elaborazione della linea e della strategia.

Il territorio, gli iscritti

Il solo Pci contava circa due milioni di iscritti, che equivalgono a più del doppio degli iscritti attuali a tutti i partiti. Durante questa stagione un lavoratore, chiamato alle urne per esprimere la propria preferenza, aveva la possibilità di scegliere – tra tante offerte – il partito che riteneva maggiormente rappresentativo dei propri interessi e delle proprie aspettative.

Aveva anche, al contrario di quanto avviene oggi in ragione di una legge elettorale assurda e intollerabile, il diritto di poter scegliere tra i candidati di ogni lista.

La seconda Repubblica

Progressivamente, dopo l’avvento della seconda Repubblica, dai primi anni Novanta a oggi, è maturata una realtà nella quale non sono più presenti partiti che considerano prioritario e centrale il lavoro. La conseguenza è che lavoratori, pensionati, disoccupati e precari – pur essendo larga maggioranza nel paese – sono privi di forze politiche capaci di organizzarli e rappresentarli.

Lavoro precario e deregolato

Non è casuale che negli ultimi decenni siano stati cancellati molti dei diritti e delle conquiste acquisiti precedentemente. Da trenta anni a questa parte, le condizioni economiche e sociali della classe lavoratrice e dei pensionati hanno subito un drammatico arretramento. Il lavoro è divenuto sempre più precario e deregolato. A nulla sono servite le lotte sindacali, sempre più sterili e irrilevanti in assenza di una sponda politica capace di recepire le istanze e le rivendicazioni dei lavoratori.

Le imminenti elezioni del 25 settembre vedono in campo tanti schieramenti e moltissimi partiti ma, in nessun programma elettorale, il lavoro è al primo posto. Questo significa che, almeno per i prossimi cinque anni, il mondo del lavoro e i pensionati continueranno a essere privi di rappresentanza e quindi vedranno la propria condizione peggiorare ulteriormente. Il fatto che la parte maggioritaria del Paese sia orfana di rappresentanza spiega, in maniera eloquente, il fenomeno del crescente astensionismo. Soggettivamente ritengo che, comunque, sia sempre giusto votare perché è un “dovere” nei confronti dei tanti partigiani che sacrificarono la propria vita per la riconquista della libertà e per riaffermare diritti democratici come quello del voto.

Votare è un “obbligo morale” anche in presenza di una politica che, complessivamente, sta menomando la democrazia e tradendo la nostra Costituzione che al primo articolo recita: “L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro”.

Cesare Caiazza

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