20 Maggio, 2024
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L’intervista – Alessio D’Amato: «Pesano le reinfezioni e i giovani non vaccinati»

«È una situazione da osservare con grande attenzione. La curva sta aumentando, appare simile a quella dell’anno scorso, quandoi casi si sono alzati repentinamente a marzo». Il Lazio è tornato a quota diecimila casi. Precisamente ieri sono stati 10.562. «In parte sono legati alle fasce più giovani non vaccinate spiega l’assessore regionale alla Sanità Alessio D’Amato – in parte al fenomeno delle reinfezioni. La maggioranza dei nuovi positivi sono loro, per fortuna quasi asintomatici».
Lo scorso anno, in questo periodo, il Lazio entrava nel momento di massima pressione ospedaliera. Teme che possa succedere nuovamente?
«No, la situazione è diversa, non credo ci sarà un forte incremento di ospedalizzati. Siamo al 97% tra guariti e vaccinati con dose booster».
Ma l’effetto del booster, come riportano gli studi inglesi, diminuisce fortemente dopo 10 settimane.
«Si, e c’è anche un altro aspetto da tenere sotto controllo. Ci sono circa mezzo milione di persone che tra la seconda e la terza dose si sono infettati e quindi non hanno potuto fare il booster. Ecco, è davvero importante che questi cittadini ora completino il ciclo vaccinale, altrimenti avranno una copertura molto bassa».
È preoccupato per loro?
«Sono un numero troppo elevato per poter stare tranquilli. A loro poi bisogna sommare 150mila persone che non si sono mai vaccinate. E poi bisogna tenere conto della situazione ucraina. flusso di rifugiati dalla guerraè un target con una copertura vaccinale molto bassa e potrebbe incidere sullo scenario sanitario».
Si riferisce al vaccino antì Covid?
«Non solo. Abbiamo attivato una rete di controllo epidemiológico e screeningper Covid, Tubercolosi, Polio, Hiv ed epatite, si tratta di malattie molto diffuse in Ucraina e bisogna tenerle sotto controllo per evitare focolai».
Finora sono stati rilevati profughi colpiti da queste altre malattie?
«No, ma ci sono parecchi positivi al Covid, che vengono subito isolati nelle strutture. E poi c’èanche la questione ospedaliera. I nostri medici non sono abituati a trattare ferite da guerra, è una situazione molto complessa e purtroppo sappiamo che questo è solo l’inizio».
Come reagiscono al vaccino i profughi ucraini?
«Fanno molte domande, sappiamo che nel loro Paese c’è molto scetticismo».
In quanti hanno accettato il vaccino, tra le 5.800 persone che sono transitate nell’hub di Termini e di Ostiense che avete dedicato a loro?
«Circa la metà. E hanno anche accettato di fare gli screening perle altre malattie. È un’opportunità per fare un controllo a 360 gradi. Più passano i giorni più aumentano le loro esigenze sanitarie, è una grande sfida per noi».
Tornando ai casi in crescita, come lo giustifica?
«È arrivato un messaggio sbagliato alle persone. Capisco la stanchezza e la voglia di normalità, ma il virus circola, non si possono abbandonare le precauzioni. La fine dello statodi emergenza non vuoi dire tana libera tutti, ma significa convivenza col virus. Ecco, credo che sia importante, a livello nazionale, metterlo in chiaro. O rischiamo di ritrovarci nei guai il prossimo autunno».
È favorevole a una quarta dose di vaccino su larga scala, adesso?
«Per ora stiamo facendole ai trapiantiati, dializzati. Non spetta a me, ma spetta alla scienza dirci cosa fare. Ci sono parecchi esperti contrari a richiami troppo ravvicinati. Quello che posso dire è che c’è stato un annuncio, da parte dei produttori di vaccino, che entro marzo, cioè adesso, sarebbe stata pronta la versione aggiornata a Omicron. Ma stiamo ancora aspettando. Dobbiamo sapere cosa succede perchéa noi regioni spetta il compito di attrezzarci per una nuova campagna vaccinale. Ma per ora non sappiamo niente di niente».

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