28 Aprile, 2024
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Natale 2020 e Covid: cosa chiedono bar, ristoranti e negozi dell’Emilia Romagna

Le associazioni: bene l’allentamento delle misure deciso da viale Aldo Moro, ma non basta

L’ordinanza di Bonaccini ha allentato le misure sui negozi

Bologna, 29 novembre 2020 – Per il commercio emiliano-romagnolo, dai negozi ai bar e ai ristoranti, il 2020 è stato un anno drammatico. Chiusure, riaperture scaglionate, orari limitati: la conseguenza è nei numeri preoccupanti del comparto, che registrano qualcosa come 42mila domande di cassa integrazione conteggiate solo a Bologna e perdite di fatturato per le attività, anche piccole e a gestione familiare, nell’ordine del 70/80%. Ora si apre un piccolo spiraglio: la Regione venerdì ha emanato un’ordinanza ’soft’, valida da ieri, che permette alle attività commerciali di medie dimensioni (fino a 2.500 metri quadrati di superficie nei comuni con oltre 10 mila abitanti e fino a 1.500 metri quadrati in quelli con meno di 10 mila abitanti) di riaprire nei fine settimana. L’assessore alla Sanità, Donini e lo stesso governatore Bonaccini si sono detti molto ottimisti che a breve la regione possa tornare ’gialla’. Con la possibilità, quindi, di riaprire attività come bar e ristoranti fino alle 18.

Le incognite però restano tante. Le limitazioni di orari per bar e ristoranti preoccupano i commercianti perché eliminano una grossa fetta del fatturato, rendendo molto difficile per le attività riuscire a sostenersi. Inoltre l’intenzione dell’esecutivo sembra quella di far abbassare le serrande a Natale e Santo Stefano. Una scelta che secondo i rappresentanti dei negozianti avrebbe durissime conseguenze per il settore.

Postacchini (Confcommercio): “Chiusi a Natale? Sarebbe una mazzata”

«Vogliamo un dicembre il più possibile vicino alla normalità con un ritorno agli acquisti sotto casa. Ne abbiamo bisogno». Enrico Postacchini, presidente di Confcommercio Emilia Romagna, giudica «un passo in avanti» l’ultima ordinanza regionale che ha eliminato le limitazioni nel weekend per piccole e medie strutture di vendita.

È uno sviluppo positivo in particolare per le attività di vicinato?
«È uno sviluppo positivo per i negozi fisici tradizionali che operano da sempre nel pieno rispetto dei protocolli di sicurezza. Parliamo di strutture commerciali di medie dimensioni (di superficie fino a 2.500 metri quadrati nei comuni con più di 10mila abitanti e fino a 1.500 in quelli con meno di 10 mila abitanti, ndr), cioè di negozi anche di alto livello per i quali è importante la riapertura nei fine settimana. I più piccoli tornano aperti la domenica e in questo periodo è fondamentale. Sarà un weekend di transizione, quel che ora auspichiamo è un rapido ritorno della regione in zona gialla, già dalla prossima settimana. Il limite alla mobilità tra comuni crea difficoltà al commercio».

‘Sostenere l’economia locale è dare un abbraccio alla nostra città’ recita la vostra campagna per incentivare gli acquisti nei negozi sotto casa: è un modo per ridare fiato all’economia dei territori?
«La campagna di Confcommercio punta a valorizzare negozi fisici in cui si trovano qualità e competenza, evoluti e al passo con i tempi. Tali attività sono state mortificate in questa fase».

L’Emilia-Romagna è ancora zona arancione. I pubblici esercizi non vedono la luce in fondo al tunnel?
«C’è troppa incertezza. Aspettiamo di capire quali saranno le scelte del governo in vista delle festività, a partire dagli orari».

Per quanto riguarda ristoranti e bar, la chiusura a Natale e Santo Stefano in tutta Italia pare l’ipotesi più concreta.
«La prospettiva di lavorare a singhiozzo è chiaramente negativa. Sarebbe una mazzata, anche perché dicembre è un mese fondamentale e siamo già reduci da un lungo periodo di difficoltà».

Capitolo ristori: a che punto siamo?
«Abbiamo bisogno di toccare al più presto con mano i ristori promessi per le imprese che hanno sospeso l’attività. I contributi sono indispensabili, ma va chiarito che servono appena a pagare dipendenti e fornitori, si tratta di risorse da usare per cercare di stare a galla».

Per quanto riguarda il versante occupazionale, solo a Bologna, al 31 agosto scorso, il settore ha gestito 42mila domande di cassa integrazione. Passato il Natale, si materializzerà la crisi?
«Il rischio è questo. Il 2021 sarà un anno in cui le condizioni di mercato resteranno difficili, occorre una proroga delle misure a partire da quelle per la cassa integrazione. Il commercio sta pagando errori di organizzazione che partono dal governo, per il futuro nessuno si fa illusioni. Servono pazienza e spirito di sacrificio. Intanto pensiamo al mese di dicembre, sperando di poterlo vivere in condizioni vicine alle normalità».

Domenichini (Confesercenti): “Cruciale aprire ristoranti e bar fino alle 22”

«La categoria dei pubblici esercizi è quella che sta pagando il prezzo più alto. L’ipotesi che il prossimo Dpcm mantenga l’orario di chiusura alle 18 preoccupa». Dario Domenichini, presidente di Confesercenti Emilia Romagna, auspica «un segnale di attenzione da parte del governo».

Quale potrebbe essere la soluzione?
«Gli effetti dello scenario attuale sul comparto sono paragonabili a quelli di una zona rossa, con i pubblici esercizi chiusi e il blocco della mobilità intercomunale. Oltretutto il passaggio della regione in zona arancione non era atteso, questo ha creato ulteriori difficoltà. Ma ora guardiamo avanti: attraverso la Fiepet, la nostra federazione di categoria, abbiamo chiesto al governo di prevedere l’apertura almeno fino alle 22 per garantire più sicurezza e scongiurare la cessazione di diverse attività».

Il ritorno della regione in area gialla tra una settimana, con la possibilità per bar e ristoranti di restare aperti fino alle 18, non basterebbe?
«Sarebbe un passo avanti, ma piccolo. Molti locali in zona gialla scelgono di non aprire: lavorare a pranzo non sempre consente ricavi sufficienti. Arrivare almeno alle 22 permetterebbe di ospitare persone a cena, nel rispetto delle regole. È cruciale».

Si prospettano un Natale e un Santo Stefano senza incassi: l’intenzione pare essere quella di prevedere la chiusura di bar e ristoranti.
«C’è frustrazione. L’alternarsi di periodi di apertura e chiusura non è indolore».

Lo scenario in Emilia-Romagna nelle ultime settimane, con la sovrapposizione di regole restrittive stabilite da un Dpcm e da un’ordinanza regionale, ha finito per avvantaggiare chi vende online?
«Abbiamo fortemente contestato questa sovrapposizione, le regole dell’ordinanza erano state immaginate con la regione in zona gialla. Per questo abbiamo chiesto il ritiro del provvedimento regionale, cosa di fatto avvenuta questa settimana. Per l’online, si pone anche ora un problema di parità di regole: i negozi fisici si sono ritrovati in centri semideserti per le limitazioni alla mobilità e hanno perso, con le chiusure domenicali, iniziative commerciali importanti che sono andate avanti sul web. Prima tra tutte il Black Friday, che avevamo chiesto di posticipare come in Francia».

L’ultima ordinanza regionale sulle medie e piccole strutture di vendita è un buon segnale?
«È positivo che si cominci a intervenire per allentare le misure restrittive».

Quali aspettative per il Natale?

«L’augurio è che ci sia più tranquillità, generata anzitutto da un abbassamento del numero dei contagi. La salute è la priorità, ma la questione economica va affrontata perché ci sono aziende che hanno perso il 70-80% di fatturato, anche piccole e a gestione familiare».

La speranza è nei ristori?
«Va trovata una soluzione, smettendo di ragionare sulla base dei codici Ateco. Intere categorie come gli agenti di commercio o i ‘fieristi’ sono rimaste fuori. Sarebbero auspicabili ristori legati ai fatturati».

(Il Resto del carlino)

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