2 Maggio, 2024
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Qual è il film più bello di Carlo Verdone?

Lo famo strano”, e come sennò? Carlo Verdone compie 70 anni e sembra il compleanno di uno di famiglia.

Dell’ingenuo e dell’irascibile, dello sfigato, del tonto, del tamarro, del secchione e dell’ipocondrico, del rockettaro e del romanticone e di ogni altra maschera, personaggio o macchietta attraverso cui l’attore, regista e sceneggiatore romano ha raccontato l’Italia in 40 anni di carriera. In 27 film da regista, 39 da attore, nove i David di Donatello vinti. E nessuna voglia di fermarsi: sta scrivendo un libro di racconti, ha portato in mostra le sue fotografie ed è alle prese con una serie che dovrebbe uscire nel 2021. Come il suo ultimo film: Si vive una volta sola, che doveva arrivare nelle sale nel 2020 e che il coronavirus ha bloccato. Se ne parla l’anno prossimo, sempre con lo stesso entusiasmo.

Che dirvi? So’ tanti – ha scritto sui social Verdone citando Bruce Springsteen – Ma la mente è lucida, lo spirito positivo, le anche robuste. Quindi la corsa continua! Born to run finché potrò“. Il regista, attore, mattatore tra i più rappresentativi della commedia italiana ha ringraziato i fan sui social per tutti gli auguri e gli omaggi che gli stanno arrivando in queste ore. IlRiformista.it si unisce a questi. E lo fa a modo suo, alla maniera di Verdone, o meglio di uno dei protagonisti di Viaggi di Nozze, Ivano. Lo facciamo “strano” anche noi scegliendo il suo miglior film. Ogni redattore il suo preferito, il prediletto; coscienti di quanto possa essere parziale e divisivo. Comunque, non abbiamo litigato, piuttosto riso. Ecco il contest, un gioco aperto a osservazioni e opinioni.

Scegliere un film preferito tra tutti quelli di Carlo Verdone per me è molto difficile. Alcune battute di BorotalcoGallo Cedrone, Viaggi di nozzeBianco Rosso e Verdone e Un sacco bello (solo per citarne alcuni) mi accompagnano ancora oggi nel quotidiano. Penso a Compagni di scuola che credo sia probabilmente il migliore, un vero e proprio cult con un cast eccezionale. Insomma scegliere il preferito mi mette alle strette per cui scelgo un film cui sono particolarmente legato. E scelgo Troppo forte. È stato uno dei primi film che ho avuto in VHS e l’ho visto e rivisto decine di volte. E il monologo della Palude del Caimano con gli “anticorpi coi controcojoni” è più attuale che mai… (Davide Nunziante)

Non ce la faccio più!”. Chi almeno una volta nella vita non l’ha detto figurandosi l’immagine di Magda Ghiglioni del film Bianco, Rosso e Verdone seduta sul water mentre si dondola esasperata. Tra silenzi e rassegnazione, la storia di Magda e Furio è l’incarnazione tragicomica di donne sottomesse che riescono a trovare il coraggio di cambiare e di uomini che, forse, non cambieranno mai. (Roberta Caiano)

Maledetto il giorno che t’ho incontrato: è uno dei primi film in cui si vede Carlo Verdone uscire dalla sua Roma e dall’Italia. Una commedia sentimentale tra Milano, Londra e la Cornovaglia che vede protagonisti Bernardo e Camilla (Margherita Buy). Lui giornalista e scrittore alla ricerca dello scoop impossibile sulla reale natura della scomparsa di Jimi Hendrix, lei attrice complessata che si innamora prima del suo analista e poi del suo regista teatrale. Entrambi soffrono di depressione e ipocondria e, spesso, si ‘consolano‘ con farmaci. Tra loro nasce prima l’amicizia, poi l’amore. (Ciro Cuozzo) 

Un sacco bello: uno dei tanti film simbolo della capacità di Verdone di non essere esclusivo protagonista della scena e suo debutto sul grande schermo. Nel film che narra le tre storie parallele dei protagonisti Leo, Enzo e Ruggero (tutti interpretati da Verdone), è indimenticabile il ‘duetto’ col Mario Brega che interpreta il padre dell’hippie Ruggero, tornato a casa dopo due anni in una ‘comune’ in Toscana. Una scena simbolo dello scontro generazionale e della tipica ipocrisia italiana. (Carmine Di Niro)

Non può che diventare un voltafaccia questa faccenda. Sono pazzo di Iris Blonde mi ha sempre catturato: un titolo fantastico, quel fascino da opera minore, la blefaroptosi della cameriera, le tastiere anni ’80, l’amore impossibile e una malinconia che soltanto un treno che non vorremmo mai partisse. Ma la battuta, la parte, lo spezzone da ricordare e imitare – e ridere – insieme con gli amici è sempre stato un altro. Devo quindi tradire Iris Blonde per Borotalco. Tutta colpa di Manuel Fantoni, maschera di velleità e millanteria. E un monologo indimenticabile. Quel film fu anche una dedica a Lucio Dalla: Iris Blonde sarebbe potuta comunque essere il personaggio di una sua canzone. (Antonio Lamorte)

(Il Riformista)

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