29 Aprile, 2024
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Inchiesta ‘Camici sporchi’, il grande flop di Saverio Cotticelli

Nel prestigioso cv del generale dei carabinieri Saverio Cotticelli non compare uno dei flop investigativi più clamorosi della recente storia repubblicana.

Si tratta dell’inchiesta “Camici sporchi” condotta nel 2012 dal Nas (Nucleo antisofisticazioni e sanità) di Parma e dal pm Procura di Modena. In quell’anno Cotticelli, dopo aver svolto l’incarico di comandante di tutti i Nas d’Italia ed essere stato insignito per i brillanti risultati ottenuti della medaglia d’oro per la sanità pubblica, era il capo dei reparti speciali dell’Arma. Quindi non solo il Nas, ma anche il Noe (Nucleo operativo ecologico), il Tpc (Tutela patrimonio artistico) e tanti altri meno noti ma comunque importanti.

 

Gli investigatori di Cotticelli hanno nel mirino la cardiologia del policlinico di Modena. Nel reparto, diretto dalla professoressa Maria Grazia Modena, secondo i carabinieri avverrebbero sperimentazioni cliniche senza autorizzazione, installazione di apparecchiature mediche, alcune difettose, su pazienti ignari, taroccamento di cartelle cliniche, truffe a carico del Ssn, creazione di Onlus fittizie su cui far confluire somme di denaro per incentivare queste sperimentazioni non autorizzate. Accuse pesantissime dal momento che la cardiologia del Policlinico di Modena è considerata un’eccellenza a livello internazionale e ha in cura migliaia di pazienti provenienti da tutte le regioni d’Italia. All’alba del 9 novembre di otto anni fa scatta la maxi retata. Vengono arrestati, oltre alla professoressa Modena, tutti i cardiologi del policlinico e il professor Massimo Giuseppe Sangiorgi, il capo di emodinamica del nosocomio.

Insieme a loro ci sono poi settanta indagati e dodici aziende che producono attrezzature cardiologiche a cui viene disposto il divieto di contrattare con la Pa. Sei di queste aziende sono straniere. Tutti i beni dei dottori sono sequestrati. Per portare a compimento la maxi retata sono impiegati centocinquanta carabinieri, due elicotteri, e il “troy”, un antesignano del celebre virus spia “trojan”, che viene installato nel pc della professoressa Modena per copiare in tempo reale sui server degli investigatori tutte le sue mail. «È l’inchiesta più importante mai fatta», dicono soddisfatti dalla Procura di Modena, diretta dal procuratore Vito Zincani, aggiungendo che si tratta di «un’indagine sperimentale ed unica che farà scuola».

Convinti della bontà del loro operato, gli inquirenti arrivano ad affermare che questa indagine «è stata esportata all’estero ed è oggetto di studio in altri ordinamenti ed in altri Stati». I carabinieri vengono poi premiati dalla scala gerarchica e i giornali dedicano pagine e pagine all’inchiesta. Anche la trasmissione Report di Rai tre si occupa dell’inchiesta. In primo grado vengono tutti condannati. Le sorprese iniziano in appello. La prima ad andare davanti ai giudici di Bologna è proprio la professoressa Modena che aveva scelto di essere processata con rito abbreviato. Nel 2018 la Corte d’Appello di Bologna smonta quasi completamente la condanna in primo grado: da quattro anni si passa a otto mesi, per l’unica accusa di falso. Archiviazione per associazione a delinquere e corruzione.

Nelle motivazioni si parla di “assenza totale di prove” e possibile “inattendibilità” delle dichiarazioni del principale accusatore della cardiologa, un volontario di una associazione emiliana “Amici del cuore” che con le sue dichiarazioni ai carabinieri aveva dato il via all’inchiesta.

La Corte di Cassazione, l’anno dopo, assolve definitivamente la professoressa “perché il fatto non sussiste”, respingendo i ricorsi delle parti civili: regione Emilia-Romagna, Policlinico, Procura generale di Bologna e l’associazione ‘Amici del cuore’. Questa settimana la Corte d’Appello ha definito la posizione degli ex coimputati della professoressa Modena, assolvendoli tutti. Le motivazioni fra novanta giorni. L’ex procuratrice di Modena Lucia Musti, di cui si ricorda un estenuante contenzioso con il Csm con il collega Paolo Giovagnoli per essere nominata a capo della Procura della città emiliana, aveva sempre sottolineato “la bontà del lavoro fatto”. «Tutte le indagini che fanno da apripista- aveva dichiarato – uno scotto comunque lo pagano. La Procura non si rimangia il proprio lavoro: non siamo contro nessuno e facciamo il nostro lavoro in buona fede e con professionalità».

«Non voglio vendetta. Voglio i miei pazienti. Sono felice, ma la sconfitta morale rimane. Mi erano serviti anni per creare uno staff che potesse fare diventare un’eccellenza internazionale il reparto di cardiologia di una piccola cittadina. Ora tutto questo non c’è più». Il commento, invece, della professoressa Modena. E Cotticelli? Dopo le dimissioni da commissario straordinario della sanità della regione Calabria e l’annuncio di aver iniziato ad “indagare su se stesso” per capire come abbia potuto dire ai giornalisti di non sapere che doveva redigere il Piano covid regionale, ha fatto perdere le proprie tracce.

(Il Riformista)

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