20 Aprile, 2024
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La tregua non regge, ancora bombe su Stepanakert

Pochi minuti dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco concordato a Mosca dopo dieci ore di negoziato, l’Armenia e l’Azerbaigian si sono accusati a vicenda di aver ripreso le ostilità, bombardando aree abitate da civili

Nuove esplosioni a Stepanakert, capoluogo del Nagorno-Karabakh, regione contesa fra Azerbaigian e Armenia. Un giornalista dell’Afo ha contato almeno sette esplosioni intorno alle 23,30 ora locale. Sono proseguite tutto il giorno le ostilità nel Nagorno-Karabakh, il territorio conteso tra Armenia e Azerbaigian dove avrebbe dovuto scattare, alle 10 italiane, il cessate il fuoco umanitario concordato grazie alla mediazione del Cremlino dopo due settimane di scontri che hanno causato decine di vittime militari e civili. Appena pochi minuti dopo l’entrata in vigore della tregua, Erevan e Baku hanno cominciato ad accusarsi a vicenda di aver violato l’intesa stretta nella notte a Mosca, dopo 10 ore di negoziato.

Scambi di accuse tra Erevan e Baku

La Difesa armena ha prima segnalato un bombardamento azero sulla città di Kapan, nell’Armenia meridionale per poi correggersi, in seguito alla smentita di Baku, e affermare che droni azeri hanno colpito i villaggi di Yeritsvank e Artsvanik, uccidendo una persona. L’Azerbaigian ha a sua volta accusato il nemico di aver lanciato un attacco contro i distretti azeri di Tartar e Agdam, definendo una “provocazione” le accuse di Erevan. Secondo la Difesa armena, invece, le forze azere starebbero bombardando la città di Hadrut.

Poco prima che entrasse in vigore il cessate il fuoco, inoltre, le autorità filoarmene di Stepanakert, capitale del Nagorno-Karabakh, avevano segnalato un attacco missilistico azero su aree della città abitate da civili. Un cronista dell’Afp presente sul posto ha riferito di aver udito due esplosioni nella mattina. Secondo Baku, si è trattato di “contromisure” adottate in seguito a un assalto aereo armeno contro le posizioni azere.

La mediazione di Mosca

Nella notte, il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, aveva annunciato l’intesa per il cessate il fuoco e l’avvio di  “trattative sostanziali” per arrivare “quanto prima” a una risoluzione pacifica del conflitto. Lavrov ieri ha accolto a Mosca i suoi omologhi azero e armeno, Jeihun Bayramov e Zohrab Mnatsakanian, convocati venerdì scorso dal presidente russo, Vladimir Putin, nel tentativo di porre fine ai combattimenti. Il cessate il fuoco per “ragioni umanitarie” ha lo scopo di consentire lo scambio dei prigionieri e dei corpi dei morti, sotto la mediazione del Comitato Internazionale della Croce Rossa.

Erevan e Baku hanno inoltre ratificato una formula di mediazione che prevede la supervisione del Gruppo di Minsk, la struttura messa in piedi nel 1992 dall’Osce per prevenire il riaccendersi delle ostilità nel Nagorno-Karabakh. Il Gruppo è formato da Stati Uniti, Russia e Francia. Ciò significa che non sarà possibile per altri Paesi aggiungersi alla troika di mediatori. Il processo di pace taglierebbe così fuori la Turchia, che nei giorni scorsi si è schierata al fianco dell’Azerbaigian, inviando, secondo la Russia, mezzi, istruttori e miliziani prelevati da Siria e Libia.

Pur avendo entrambi affermato appena il giorno prima che non fosse ancora il momento di un faccia a faccia tra i capi delle due diplomazie, sia il primo ministro armeno, Nikol Pashinian, che il leader azero, Ilham Aliyev, avevano risposto ieri in modo positivo all’iniziativa di Putin. Poche ore dopo la chiamata del Cremlino, Mnatsakanian e Bayramov erano già atterrati a Mosca per incontrare Lavrov. Il giorno prima Bayramov si era inoltre recato a Ginevra per colloqui con il gruppo di Minsk al quale la sua controparte armena aveva ritenuto di non partecipare.

Ancora incerto il bilancio delle vittime

Prima dell’avvio del vertice di Mosca, Pashinian si era detto “pronto a riprendere il processo di pace”. Mentre i colloqui erano ancora in corso nella capitale russa, il presidente azero aveva però gelato le aspettative affermando che “al momento il conflitto si decide per la via militare e in seguito lo si deciderà per via politica”. “Durante 30 anni di negoziati non ci hanno concesso un centimetro del territorio occupato”, ha ribadito Aliyev, “non sono riusciti a obbligare l’aggressore ad abbandonare la nostra terra e a far rispettare le risoluzioni Onu”. “Diamo all’Armenia la possibilità di abbandonare i nostri territori in modo pacifico”, ha aggiunto, “sia come sia, recupereremo quei territori e ristabiliremo la nostra integrità territoriale”.

Il Nagorno-Karabakh è formalmente parte dell’Azerbaigian ma ospita una popolazione a maggioranza armena le cui spinte separatiste sono iniziate con la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Nelle due settimane di combattimenti iniziate il 27 settembre l’autoproclamata repubblica ha denunciato una ventina di vittime civili, mentre Baku ne ha segnalate trentuno. Non è chiaro il numero dei morti tra i militari. Erevan ha parlato di centinaia di caduti tra le proprie file e di migliaia tra quelle del nemico. L’Azerbaigian non ha fornito cifre.

(Agi)

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