29 Aprile, 2024
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House of Virus, così il contagio di Trump e Melania cambia la corsa alla Casa Bianca

Non è House of Cards, è la storia della campagna presidenziale Usa con il coronavirus.  Il simbolo sarà il Joe Biden in mascherina o il contagiato Donald Trump ?

Una giostra di ipotesi che passa per il ‘Vice’ Mike Pence e non esclude il passaggio del testimone a Nancy Pelosi

E’ arrivata la sorpresa d’ottobre. Donald Trump e la First Lady Melania sono positivi al coronavirus. Il destino ama giocare con le parole. Il Covid alla Casa Bianca arriva con la signora ‘Speranza’ e si chiama Hope Hicks. “Hope”, speranza, fu lo slogan di Barack Obama nella storica campagna del 2008. Hope e’ il fattore che potrebbe cancellare ogni speranza di Trump di essere rieletto alla Casa Bianca.

House of Virus. Il nome di Hope Hicks, 31 anni, bellissima ex modella ed ex capo della comunicazione del presidente, lampeggia sui monitor della rete dell’AGI nel cuore della notte, sono da poco scoccate le 2.00, s’ode il rumore dei piatti rotti mentre è  in corso un concerto da camera. Hope Hicks era sull’Air Force One. Hope Hicks era sul Marine One. Hope Hicks è una delle collaboratrici più strette del presidente Trump. Hope Hicks era martedì a Cleveland, in Ohio, e mercoledì a Duluth, in Minnesota. Hope Hicks è il contagio. E da questo momento la campagna di Trump ha meno “Hope”.

“Questa sera la first lady e io siamo risultati positivi al Covid-19. Inizieremo immediatamente la nostra quarantena e il processo di ripresa. Ce la faremo insieme”. Il bollettino medico arriva con un cinguettio. Le notizie galoppano dal fronte sanitario, il rumore della cavalleria corazzata di Twitter. E’ una sequenza di immagini e parole che passerà alla storia: prima i rumors e le indiscrezioni innescate dalla notizia del contagio di Hicks, poi l’intervista di Trump a Fox News, dove celebrava messa Sean Hannity, e il primo bagliore del bengala nella sera americana: ho fatto il test. Infine, rullo di tamburi, e la notizia che imprime un’altra direzione alla campagna presidenziale, a 32 giorni dal voto, tutto cambia e gattopardescamente tutto potrebbe restare come prima.

Si apre un nuovo capitolo di America2020

“Stanno bene”, dice il medico della Casa Bianca, l’ufficiale della Marina Sean Conley, e “il presidente continua a svolgere le sue funzioni”. La storia muta improvvisamente trama e registro, si apre un nuovo capitolo di America 2020.

Mentre i future di Wall Street vanno in profondo rosso e si attendono i dati fondamentali sull’occupazione (661 mila nuovi posti di lavoro in settembre, inferiore alle attese), a K street, nel cuore di Washington DC, negli uffici degli strateghi politici e dei lobbisti di Capitol Hill serpeggiano le domande: chi vincerà la campagna del coronavirus? Joe in mascherina o il contagiato Donald? Vincerà la paura e la campagna sanitaria dei dem o la simpatia per un presidente e la first lady colpiti dal male come altri milioni di americani? Sarà il colpo finale della partita della prudenza dei dem, oppure il momento epico del comandante in capo che affronta il nemico invisibile e lo batte? Siamo nella prateria dell’immaginario, il racconto di un fatto (im)previsto, lo storytelling dell’ombra che aleggiava sulla campagna, il contagio del presidente.

Air Force One

Joe Biden a distanza o il Donald Trump nella mischia?

Il simbolo della campagna sarà il Joe Biden a distanza o il Donald Trump nella mischia? Chi studia le campagne presidenziali è di fronte a un caso unico destinato a entrare nei manuali di strategia elettorale. Non è la prima volta che un leader contrae il coronavirus (prima di Trump, ci sono stati i casi di Boris Johnson e quello del presidente del Brasile Jair Bolsonaro), la storia americana è scandita dalle biografie dei presidenti che si ammalano, muoiono, cadono, si rialzano. La via più facile, quasi esclusiva, per un vice presidente di salire alla presidenza è la scomparsa del suo capo, l’impedimento a svolgere il suo lavoro. La malattia, l’incidente, sono sempre in agguato, ghermiscono le biografie individuali e le trasformano in storia collettiva, vicenda di una nazione.

Fin dall’inizio di questo romanzo americano, uno degli scenari di cui si parlava alla fine della giornata, con un whisky in mano e le pagine di Truman Capote squadernate, era quello di uno dei due candidati “azzoppato” nella corsa dall’impatto con il coronavirus. E naturalmente, visto lo stile della campagna, era chiaro che il favorito in caso di disgrazia era The Donald. E’ successo, e questo cambia davvero tutto, nessuno può prevedere come reagirà l’elettore americano, l’uomo della “Main Street”.

Nel vocabolario tedesco c’è una parola molto particolare, dal suono suadente e sinistro, ‘schadenfreude’, quel particolare sentimento di piacere che si prova per le disgrazie altrui. E’ un saggio consiglio che arriva dalla storia: godere del male che è piovuto su Trump potrebbe essere letale per i democratici.

E’ la biografia di Ronald Reagan a ricordarci come si fa in questi casi. Quando il texano John Hinckley tentò di fargli la pelle nel 1981, sparando 7 colpi in pochi secondi, Reagan entrò in ospedale e mentre era sulla barella all’ingresso della sala operatoria guardò in faccia i medici e disse: “Spero che siate tutti repubblicani”. E’ ancora lui, Reagan, a fare da memento in questa fase incredibile della campagna, perché i democratici di allora dissero “oggi presidente siamo tutti repubblicani”. Chi ora tra i democratici lo direbbe? Forse nessuno. Il bon ton istituzionale per ora si ferma al dovuto speriamo che si riprenda. Auguri di pronta guarigione e “the show must go on”.

Biden ora ha un doppio vantaggio

Biden ora ha indubbiamente un doppio vantaggio che è l’unione degli opposti: non ha il coronavirus e ha il coronavirus. Può fare campagna liberamente e approfittare del vantaggio strategico oppure fare il coup de theatre, fermare la sua campagna e aspettare che il rivale torni in campo.

Trump ha cancellato il suo comizio previsto per oggi in Florida, Biden è atteso in Michigan. Due cruciali Battleground States per la corsa alla presidenza. Se anche fosse asintomatico, Trump sarebbe fuori dal campo da gioco per almeno due settimane, costretto alla quarantena. Trump ha la sua età, è un 74 enne che rientra tra i soggetti più esposti agli effetti del coronavirus, è un maschio che clinicamente si definisce leggermente obeso (pesa 110 chili per un’altezza di 1 metro e 90 centimetri), l’obesità triplica il rischio di ospedalizzazione e inoltre le persone comprese nella fascia tra i 65 e 74 anni hanno un rischio cinque volte più alto rispetto alla popolazione tra i 18 e i 29 anni. Se diventasse troppo debole per guidare la nazione, sarebbe Mike Pence ad assumere il comando.

Donald Trump e Mike Pence

Siamo sulla giostra delle ipotesi, ma a questo punto ogni scenario va considerato. E se anche Pence si ammalasse (negli ultimi giorni era lontano dal presidente, era in Georgia mercoledì e in Iowa ieri, viene periodicamente sottoposto al test del coronavirus e anche l’ultimo è negativo), il potere passerebbe alla terza carica dello Stato, la Speaker della Camera, la democratica Nancy Pelosi. Un’emergenza nell’emergenza.

“La Speaker della Camera dovrebbe venire protetta ed essere messa in isolamento”, avverte su Cnn Jonathan Reiner, cardiologo dell’ex vice presidente Dick Cheney, uno che di ospedali e potere se ne intende. “Per garantire continuità di governo occorre che qui si abbia un chiaro leader perché è altamente possibile a questo punto che sia il presidente e sia il vice presidente si ammalino”. Il comandante in capo potrebbe fare oggi un discorso alla nazione per rassicurare sul suo stato di salute. Per mesi il presidente si è rifiutato di indossare la mascherina mentre i morti negli Usa sono oltre 200 mila i contagi oltre 7,2 milioni. Nella sola giornata di ieri sono stati registrati 43 mila nuovi casi e 857 decessi.

Cosa accadrà alla campagna presidenziale? In agenda ci sono altri due dibattiti tra i candidati alla presidenza, a Miami (15 ottobre) e a Nashville (22 ottobre). Sono in bilico, come la corsa alla Casa Bianca, tutto dipende dal recupero di Trump e dai colloqui in corso tra il Comitato che organizza i dibattiti e gli staff delle campagne elettorali.

Il problema fino a stanotte era quello delle regole, ora c’è la possibilità che salti il tavolo da gioco, in ogni caso si è aperta un’altra fase della sfida. Trump non potrà più giocare sugli argomenti dell’economia e della sicurezza che lo avevano rimesso in pista, la storia della campagna è il coronavirus. Che storia.

(Agi)

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