29 Aprile, 2024
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È morta l’attrice e cantante francese Juliette Gréco, musa dell’esistenzialismo

 

È morta l’attrice e cantante francese Juliette Gréco. Nata a Montpellier il 27 febbraio del 1927, aveva 93 anni.

 

Icona della canzone francese, celebre anche per il suo ruolo d’attrice nello sceneggiato televisivo Belfagor – Il fantasma del Louvre. L’annuncio è stato dato dalla famiglia: “Juliette Gréco si è spenta mercoledì 23 settembre 2020 circondata dai suoi familiari nella sua casa tanta amata di Ramatuelle. La sua fu una vita fuori dal comune”.

“Passione, battaglie, amore e risate intense” erano le parole che usava per riassumere la sua vita, straordinaria in scena e fuori. Nella sua lunga carriera, iniziata a metà degli anni Quaranta nei caffé bohemienne di Saint-Germain-des-Prés a Parigi, è stata la musa ispiratrice di tantissimi artisti da Miles Davis a Jean Paul Sartre, da Jacques Prévert a Serge Gainsbourg, da Boris Vian a Raymond Queneau che così scriveva: “Gréco, rosa nera dei cortili. Dalla scuola dei bambini imprudenti”. Settant’anni di musica, figura emblematica dell’esistenzialismo, una giovinezza marcata dall’impegno politico fin da quando giovanissima venne arrestata e picchiata dalla Gestapo nella Francia occupata dai nazisti, mentre insieme alla sorella Charlotte cercavano la madre deportata. Aveva solo 15 anni, per dieci giorni sarà tenuta prigioniera dai nazisti prima di essere liberata perché poco più che una bambina. Il padre, di origine corsa, si era separato dalla mamma con Juliette molto piccola, cresciuta dai nonni si era trasferita a Parigi quando la madre era andata a vivere in Indocina, lei non aveva neppure vent’anni.

A Parigi l’irrequieta e vitale Juliette frequenta poeti, pittori, musicisti, a quell’epoca Sartre le affida una sorta di canto che ha scritto per la sua commedia A porte chiuse e le chiede di andare dal compositore Joseph Kosma perché lui riscriva la musica che non ha avuto fortuna.

Così nacque il suo primo successo: Juliette interpreta la canzone Rue des Blancs-Manteaux, opera nata dalla penna del cantore dell’esistenzialismo e di un compositore esperto nell’arte di mettere in musica la poesia. In realtà lei avrebbe voluto far l’attrice, prese lezioni d’arte drammatica e mosse i primi passi sul palcoscenico della Comédie-Française nell’opera dove il regista Jean-Louis Barrault mise in scena Le Soulier de Satin di Paul Claudel ma il suo destino era un altro.

Nel 1947 in uno degli stabilimenti di rue Dauphine, Le Tabou, Juliette scopre per caso, grazie al cappotto appoggiato su una ringhiera e caduto da una scala, un’ampia cantina a volta inutilizzata che il proprietario chiama “il tunnel”. Juliette e le sue amiche lo trasformano nel posto perfetto per fare musica e ballare mentre discutono di filosofia. Ci vuole solo una settimana perché i curiosi vengano in gran numero a osservare questa nuova umanità chiamata esistenzialisti.

Nel ’49, a 22 anni, Juliette canta in un ristorante-cabaret alla moda: Le boeuf sur le toit nel quartiere degli artisti e dei poeti. La notano in molti per la sua voce così particolare ma anche per la sua figura esile, il piglio passionale. Diventa in breve tempo un’icona imitata e ammirata dalle altre ragazze, come si pettina, come si trucca, gli abiti attillati neri. A Saint- Germain ha una stanza all’hotel La Louisiana, è stato Sartre a permetterle di ottenere l’unica camera con l’acqua calda, la numero 10, al 76 risiede un trombettista che si farà strada, è Miles Davis. È il 1949: Gréco e Davis si ameranno per qualche settimana, poi lui tornerà a New York senza neanche salutare. La consacrazione arriva nel 1954, con il primo concerto della Jolie môme, il celebre Music-Hall parigino da cui passano tutti i grandi artisti.

Femminista ante litteram, archetipo della donna moderna, di sé diceva: “Ero molto più avanti dei miei tempi, ero anche oggetto di scandalo assoluto, non cerco mai questo genere di cose, sono così, non posso farci niente”.

 

Dopo Miles arriva il primo marito, l’attore Philippe Lemaire, padre dell’unica figlia, nata nel ‘54 (e morta nel 2016 per un tumore); vivrà poi una passione con il fondatore della 20th Century Fox, il magnate Darryl Zanuck, 25 anni più vecchio di lei. Le aprirà le porte di Hollywood. Dove gira, tra gli altri, Le radici del cielo di John Huston, Il dramma nello specchio di Richard Fleischer.

Ma il successo sarà televisivo, nel ‘65, nella serie Belfagor ovvero il fantasma del Louvre nel quale è la sensuale e ambigua Luciana Borel, che si scoprirà essere il fantasma, una storia a cui rimase sempre legata tanto da tornare in un cameo nel film del 2001 di Jean-Paul Salomé. Il secondo marito è Michel Piccoli, che lei lascia “per noia”. Il terzo marito, con il quale è rimasta fino alla fine e per più di trent’anni, è Gérard Jouannest, compositore e pianista di Jacques Brel e Barbara, uomo elegante e non mondano. Insieme si erano ritirati in una bella casa a Ramatuelle, nel sud della Francia, dove è morta.

Le canzoni che la rendono immortale sono Si tu t’imagines (1950), poesia di Raymond Queneau, musica di Joseph Kosma; Les feuilles mortes (1951), parole di Jacques Prévert e musica di Kosma; Sous le ciel de Paris (1951), parole di Jean Dréjac, musica d’Hubert Giraud; Je hais les dimanches (1951), parole di Charles Aznavour e musica di Florence Véran; Il n’y a plus d’après (1960), parole e musica di Guy Béart; Jolie Môme (1961), parole e musica di Léo Ferré; La Javanaise (1963), parole e musica di Serge Gainsbourg.

(La Repubblica)

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