2 Maggio, 2024
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Arrestato in Usa Steve Bannon: avrebbe rubato i soldi per il muro al confine con il Messico

L’ex consigliere di Trump avrebbe sfruttato per suo vantaggio economico i finanziamenti arrivati per la costruzione di uno dei simboli della politica trumpiana

NEW YORK. Steve Bannon, l’ex potentissimo manager della campagna presidenziale di Donald Trump e suo principale consiglire alla Casa Bianca, è stato arrestato per frode. Un grand jury federale basato a New York lo ha accusato di aver sottratto fondi per un milione di dollari, raccolto da un gruppo di privati che volevano finanziare la costruzione del muro lungo il confine col Messico. L’organizzazione non profit si chiamava “We Bulid the Wall”, e in sostanza l’ex consigliere del presidente aveva sollecitato donazioni per oltre 25 milioni di dollari, che poi aveva usato almeno in parte per spese personali. Bannon è fuori dalla Casa Bianca ormai da anni, ma dopo Paul Manafort, è il secondo manager della campagna presidenziale del 2016 che viene arrestato. Questo conferma che Trump si era quanto meno circondato di stretti collaboratori dal profilo etico molto discutibile.

Bannon era diventato manager della campagna presidenziale del 2016, quando Manafort era stato costretto alle dimissioni, dopo che si erano scoperti i finanziamenti che aveva ricevuto dall’Ucraina, dove sosteneva le attività dei gruppi filo russi. Nel frattempo l’ex manager è stato arrestato e condannato, e ora si trova in prigione. Il rapporto appena pubblicato dalla Commissione intelligence del Senato sul “Russiagate” ha confermato che Mosca aveva condotto operazioni per aiutare l’elezione di Trump, e Manafort è stato accusato di aver avuto contatti estesi con Konstantin Kilimnik, definito «un agente dell’intelligence russa». Non siamo ancora alla prova della collusione fra Donald e Putin, ma di sicuro c’è la conferma di interazioni quanto meno sospette.

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Bannon era stato chiamato a sostituire Paul dopo la Convention di Cleveland, su raccomandazione dei Mercer, una ricca famiglia conservatrice che da tempo finanzia le attività di gruppi legati al Partito repubblicano. In breve era diventato il guru della campagna, conducendo Trump alla vittoria. Poi era stato portato alla Casa Bianca come principale consigliere del presidente, incaricato di realizzare la sua agenda. La sua personalità però l’aveva spinto a scontrarsi con molti altri membri dell’amministrazione, fino a quando Donald si era sentito costretto ad allontanarlo. Nel libro di Michael Wolff “Fire ad Fury” Steve si era vendicato, facendo rivelazioni imbarazzanti su Donald e la sua famiglia, e quindi era stato ancora di più emarginato. A quel punto si era dedicato a suoi progetti personali, tra cui quello di favorire il finanziamento o l’organizzazione di movimenti sovranisti in Europa, inclusa la Lega, anche allo scopo di frantumare la UE. In Italia aveva preso il controllo del monastero di Trisulti, per farne un’accademia dell’estrema destra.

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L’incriminazione di Bannon potrebbe significare la fine della sua carriera, ma anche se non lavora più alla Casa Bianca si riflette in maniera negativa su Trump, che lo aveva scelto come principale consigliere. Proprio in questi giorni, infatti, la Convention democratica sta accusando il presidente di non essere moralmente all’altezza della sua carica, e ieri l’ex capo della Casa Bianca Obama lo ha accusato di minare la democrazia.

(La Stampa)

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