28 Aprile, 2024
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Voto nel caos in Bielorussia: arresti e feriti in piazza. Lukashenko: “Proteste dirette dall’estero”

Al presidente l’80%. La rivale Tikhanovskaya: credo ai miei occhi, la maggioranza è con me. La Germania: «Elezioni non democratiche». Fermati dalla polizia 3mila manifestanti. Scomparso un giornalista russo che raccontava i disordini

MOSCA. Sono state elezioni all’insegna della paura e della più turpe repressione politica le presidenziali che si sono concluse ieri in Bielorussia. In questi mesi, gli oppositori sono stati sbattuti in galera, scherniti, costretti a fuggire o a nascondersi. Ma questo non ha fermato le proteste contro il regime di Aleksandr Lukashenko e nella tarda serata di ieri – dopo che le autorità hanno annunciato la vittoria schiacciante dell’ «ultimo dittatore d’Europa» – si sono registrati scontri e nuovi arresti in diverse città del Paese, tra cui la capitale Minsk, blindata con polizia, esercito e mezzi militari. Le proteste, accusa il presidente bielorusso, sono dirette dall’estero: «I servizi speciali hanno registrato chiamate dalla Polonia, dalla Gran Bretagna e dalla Repubblica Ceca». Per poi aggiungere: «Non permetterò che il Paese venga fatto a pezzi».

I media danno notizia di alcuni feriti e dell’uso di granate stordenti e lacrimogeni da parte degli agenti e il timore è che il governo ricorra a un uso sproporzionato della forza

contro i dimostranti che da mesi scendono in piazza a decine di migliaia sfidando colui che stringe in pugno il Paese da oltre un quarto di secolo. La candidata di spicco dell’opposizione, Svetlana Tikhanovskaya, ha chiesto di evitare in ogni modo la violenza, ma ha anche messo in discussione i controversi risultati elettorali. «Credo ai miei occhi e vedo che la maggioranza è con noi». Il ministero dell’Interno bielorusso ha comunicato che sono circa 3.000 le persone fermate dalla polizia durante le proteste di ieri notte. Mille solo a Minsk e le altre in oltre 30 altre città della Bielorussia. Secondo il ministero, più di 50 civili e 39 agenti sono rimasti feriti negli scontri. Secondo il portavoce del governo tedesco, Steffen Seibert, queste elezioni sono state caratterizzate da «irregolarità sistematiche» e non hanno rispettato gli «standard democratici minimi». Seibert ha anche evidenziato come «deplorevole» che il governo bielorusso non abbia consentito agli osservatori dell’Osce di lavorare e abbia usato «violenza» contro «manifestanti pacifici».

Nel caos bielorusso non si hanno più notizie da 12 ore di Maxim Solopov, corrispondente dell’agenzia di stampa Meduza,

punto di riferimento per tanti giornalisti che raccontano il mondo russo e non solo. È stata la stessa agenzia a denunciare la scomparsa, aggiungendo che prima era stato anche picchiato: nessuno è in grado di mettersi in contatto con lui – scrivono – e, stando a quanto denuncia un altro media russo, Daily Storm, è stato picchiato dalle forze di sicurezza bielorusse mentre stava documentando i feroci scontri a Minsk. «L’ultima volta che siamo stati in contatto con Solopov era vicino al teatro Maxim Gorky: ha riferito che la polizia stava bloccando la gente nella zona, sparando gas lacrimogeni e arrestando violentemente i manifestanti». Meduza chiede alle autorità bielorusse di «localizzare il collega. E se le notizie che lo hanno picchiato saranno confermate, chiederemo una giusta punizione per tutti i responsabili». Infine l’appello affinché siano rilasciati tutti i giornalisti arrestati domenica.

La popolarità di Lukashenko è in caduta libera,

gli exit poll governativi indicano però il satrapo bielorusso come il vincitore delle elezioni con l’80% dei voti, la solita maggioranza bulgara a suo favore. Molto distante Tikhanovskaya, data al 6,8%. Ma è dal 1995 che l’Osce boccia le elezioni in Bielorussia perché non rispettano gli standard democratici.

Negli ultimi mesi, la polizia ha arrestato oltre 1.300 persone. Anche ieri si sono registrati decine, forse centinaia di fermi, senza risparmiare giornalisti e osservatori elettorali. Internet a Minsk funzionava male e alcuni siti web d’opposizione risultavano bloccati. Nel mirino del regime è ovviamente finita la nuova leader dell’opposizione, Svetlana Tikhanovskaya: un’ex casalinga che si è candidata inaspettatamente al posto del marito Sergey Tikhanovsky, un famoso blogger chiuso in carcere ed escluso dalla corsa elettorale dopo aver ispirato le «proteste della ciabatta» per schiacciare simbolicamente «lo scarafaggio baffuto» Lukashenko. Diversi membri dello staff elettorale di Tikhanovskaya sono stati arrestati in questi giorni e la stessa Svetlana non dorme sonni tranquilli, tanto che per «motivi di sicurezza» ha preferito trascorrere la notte prima del voto lontano dal suo appartamento.

Una delle sue principali alleate, Veronika Tsepkalo, si è addirittura vista costretta a fuggire in Russia nel timore di finire pure lei in manette. A fine luglio era scappato all’estero anche suo marito, Valery Tsepkalo: un oppositore che non si era potuto candidare. Veronika però era rimasta a Minsk e con Svetlana Tikhanovskaya e Maria Kolesnikova, la responsabile della campagna elettorale di un altro dissidente dietro le sbarre, aveva creato un trio di donne divenuto di fatto il principale gruppo politico anti-Lukashenko.

Incalzato dalle proteste, Lukashenko ha fatto arrestare gli oppositori più scomodi

e li ha accusati di essere in combutta coi 33 presunti mercenari russi arrestati a Minsk con l’accusa di voler destabilizzare il Paese. «Lukashenko ha chiarito di voler mantenere il potere a ogni costo», ha spiegato alla Reuters il politologo Aleksandr Klaskovsky. «La domanda è a che prezzo».

(La Stampa)

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