20 Aprile, 2024
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L’ultimo libro di Sergio Gentili: “La Rivoluzione ecosocialista” e il futuro della sinistra in Europa sarà presentato ad Anguillara domani 12 maggio

«Una visione della società innovativa e resa ancora più attuale»

Abbiamo avuto la possibilità di parlare con Sergio Gentili, che nel corso degli anni è stato vicedirettore dell’Istituto di formazione politica “Palmiro Togliatti” del Pci, ha ideato e svolto corsi di formazione ecologista e ha curato la collana “formazione e ricerca” dell’Istituto.

Gentili è stato un componente della direzione nazionale del Pds/Ds, impegnato nel settore ambiente; ha fondato l’associazione “Sinistra Ecologista”, di cui è stato uno dei portavoce; è stato parlamentare dal 2006 al 2008, impegnato nella Commissione Ambiente della Camera; ha partecipato alla stesura del “Manifesto dei valori” del Partito Democratico. Esponente della sinistra e dell’ecologismo di sinistra, ha lasciato il Pd nel 2015. È impegnato nella costruzione di una sinistra ecologista e socialista.

Tra le sue pubblicazioni: La riconversione ecologica (Franco Angeli 1991); Ecologia e sinistra un incontro difficile (Editori Riuniti 2002); La buona politica (Datanews 2012); Dal Pd al Partito democratico (Bordeaux 2013), Togliatti e la democrazia, con A. Pirone (2014), Questo è un fatto e i fatti sono ostinati, Lenin e l’Ottobre ’17 (2017).

Sergio Gentili ha appena dato alle stampe un libro dal titolo “Rivoluzione ecosocialista”: come nasce l’idea per questo suo nuovo lavoro?

«L’ho scritto per vari motivi, non ultimo quello di non mandare persa la nostra esperienza teorico-politica di ecologisti di sinistra e la nostra visione di cambiamento sociale ed ecologico».

Cosa resta di quell’esperienza?

«Resta molto, anche se disperso in mille rivoli. Certamente ciò che abbiamo realizzato, con un impegno collettivo di diversi anni, credo sia stato importante per l’ambiente, per la sinistra e per noi stessi».

E’ difficile portare avanti un discorso ecologista in Italia?

«I dati sul degrado ecologico avanzante e la difficoltà di “ambientalizzare” consumi, servizi e produzioni parlano da soli. In generale il nostro lavoro non è stato apprezzato nella giusta misura. Per anni l’ecologismo nato dall’interno della sinistra è stato considerato una cultura inferiore da parte delle forze tradizionali della sinistra e guardato con diffidenza da parte di altri ecologisti perché considerato concorrenziale. Ci sono state dure opposizioni e discriminazioni. Poi la scelta di dar vita al PD ha creato in Sinistra Ecologista una frattura politica non più recuperata. E tutto il nostro lavoro è stato bloccato e in parte disperso. Nel PD l’ecologismo di sinistra è stato marginalizzato ma, per quanto ne so, ha subito la stessa sorte nelle altre formazioni di sinistra».

Quali ritiene possano essere i motivi di questa forma di ostruzionismo?

«La scarsa consapevolezza che la contraddizione ecologista non è una questione tra le altre, ma è un dato strutturale delle attuali società  che coinvolge la libertà e la dignità delle persone e al contempo il futuro della biosfera. Sicuramente non si compreso fino in fondo che un partito che si richiami ai valori dell’uguaglianza non può non essere ecologista e che gli ecologisti che vogliono cambiare non possono non essere espressione o al fianco di chi lavora e dei loro problemi sociali».

Quindi ritiene giusto portare avanti questa visione?

«Sì, avevamo una visione di società assai innovativa che oggi, in piena crisi d’epoca del capitalismo tecno-finanziario, è ancora più attuale e necessaria. Del resto  lo dicono i profondi mutamenti sociali e quelli dell’orientamento politico-culturale-elettorale di milioni di persone in tutto l’Occidente, che segnalano una volontà di cambiamento, ma che va per una direzione incerta, contraddittoria, non priva di pericoli».

E cosa manca per realizzare questa volontà?

«Quello che è mancato, e manca ancora, è la consapevolezza che per superare il disagio sociale, la precarizzazione, il disvalore del lavoro, le diseguaglianze, la povertà, il degrado ambientale e le guerre, sia la politica che il conflitto sociale debbano puntare alla costruzione di società dai caratteri ugualitari, ecologisti, solidaristici, partecipativi e pacifici, società fondate su rapporti di produzione liberi dallo sfruttamento delle persone e della natura, quale alternativa possibile al liberismo e al trumpismo».

Si considera un utopista?

«Non penso a fughe in avanti utopistiche, quanto a cambiamenti concreti e possibili per dare risposte immediate ai cambiamenti climatici, al degrado ambientale, alla svalutazione del lavoro e alla precarizzazione dei giovani. È oramai acclarato che combattere il degrado ecologico significa creare lavoro e che si crea lavoro se si sconfiggono le logiche finanziarie e speculative dei grandi oligopoli come per l’energia. Quelle logiche del profitto che anche papa Francesco va denunciando da tempo».

Cosa si proponeva mentre scriveva?

«Con la pubblicazione di questo libricino, mi sono proposto di dare un contributo, per quello che posso e sono in grado di fare, alla nuova stagione di riflessione che dovrà aprirsi a sinistra dopo il fallimento culturale e lo smacco politico subito, e spero così che si possano riallacciare e rinnovare filoni di pensiero interrotti da tempo».

Sergio Gentili presenterà il suo libro il prossimo 12 maggio presso la sede del Partito Democratico di Anguillara Sabazia. Siete tutti invitati all’evento.

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