29 Marzo, 2024
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Draghi sbatte contro lo spettro della patrimoniale

La richiesta di un contributo di solidarietà per sterilizzare gli aumenti delle bollette finisce contro un muro di no. Le aperture ai sindacati, lo sbarramento di Lega e Fi

 

La difficoltà di Mario Draghi nell’indirizzare la maggioranza sul nuovo assetto delle tasse matura in una giornata lunghissima a palazzo Chigi. Un’ora di cabina di regia, la riunione del Consiglio dei ministri che va avanti per tre ore, soprattutto la brusca interruzione di mezz’ora. Se poi si prendono in considerazione le dinamiche e i toni di questi passaggi, cioè un’anomala triplice tra la Lega, Forza Italia e i renziani e la perentorietà dell’intervento di Renato Brunetta, si capisce bene l’intensità del caos. La miccia che fa esplodere il tutto è la proposta di un contributo di solidarietà da parte dei redditi più alti per sterilizzare gli aumenti delle bollette. Detta così è una patrimoniale, ma in realtà lo schema prevede un mancato taglio dell’Irpef per i più abbienti. Se però agli altri viene dato un beneficio, il concetto della patrimoniale, quantomeno dello spettro, in qualche modo resiste.

Quando il premier apre la riunione della cabina di regia è la delegazione della Lega, composta da Giancarlo Giorgetti e Alberto Bagnai, a esprimere più di una  perplessità sulla proposta che illustra il ministro dell’Economia Daniele Franco. Ai dubbi si unisce Mariastella Gelmini per Forza Italia e i rappresentanti di Italia Viva. Draghi ascolta, prova a fugare ogni dubbio sulla volontà di mettere le mani nelle tasche degli italiani, ma per i dissidenti non ci sono margini per rientrare da quello che poteva essere archiviato come un equivoco poi chiarito. È quando si passa al tavolo del Consiglio dei ministri che la questione esplode. Franco illustra il pacchetto fiscale: sette miliardi andranno al taglio dell’Irpef e uno all’alleggerimento dell’Irap. Tutti d’accordo, d’altronde è lo schema confezionato dai partiti al tavolo con il Tesoro. Poi tocca al taglio dei contributi per i redditi fino a 35mila euro. È il segnale ai sindacati, che tiene dentro la necessità per il Governo di non far deflagrare la protesta di Cgil, Cisl e Uil. La traduzione di questo impegno sono 85 euro in busta paga, un importo tutt’altro che marginale, qualcosa a cui gli statali possono ambire solo quando si rinnovano i contratti. Il tutto però costa 1,5 miliardi e questo significa spendere quasi tutto il tesoretto. Il Pd ci sta, i 5 stelle pure, la Lega e Forza Italia no.

La spaccatura non matura solamente sulla necessità o meno di dare uno spazio importante ai sindacati, ma anche sull’effetto collaterale. Se 1,5 miliardi finiscono nel bacino dei tagli dei contributi, per il caro-bollette restano appena 500 milioni. Appena qualche giorno fa, la Lega ha chiesto a Draghi uno stanziamento di 3 miliardi. Ma è quando si arriva al contributo di solidarietà che l’altolà del centrodestra prende forma. Brunetta fa da capofila a una contrarietà che raccoglie il consenso dei ministri del Carroccio e di Italia Viva. Il ragionamento: non c’è una mappa dell’impatto della pandemia sui redditi e sulle relative fasce e quindi una politica redistributiva a fari spenti non avrebbe senso. E poi tagliare i contributi solo per un anno, il prossimo, produrrebbe un incremento artificiale del reddito a disposizione. Detta in poche parole: un bonus a fronte di un malus, quello caricato sui redditi oltre 75mila euro che si ritroverebbero senza alcun beneficio. La traccia politica è quella tipica del centrodestra: la patrimoniale che fa danni, la rievocazione di tentativi che hanno generato un contraccolpo in termini di immagine.

Brunetta propone un’alternativa e cioè aggredire 20-30 miliardi di deduzioni e detrazioni che fanno parte della massa ancora più grande, da 150 miliardi, delle tax expenditures. Se non ora quando è l’incentivo che il ministro propone per uscire dal pantano del Consiglio dei ministri. Ma i conti fatti al Tesoro nella notte dicono che se si vogliono recuperare altri 300 milioni, oltre ai 500 aggiuntivi messi in conto e ai 2 miliardi già previsti nella manovra, bisogna azzerare l’effetto del taglio dell’Irpef per un milione di contribuenti, quelli con un reddito oltre i 75mila euro.

L’intervento di Brunetta, sostenuto dalla Lega e dai renziani, porta all’interruzione del Consiglio dei ministri. Mezz’ora dopo Draghi annuncia che del contributo di solidarietà non se ne farà più nulla. Una parte dell’impianto resta e cioè il taglio dei contributi per i redditi fino a 35mila euro. La reazione dei sindacati, con la Cisl defilata rispetto all’irritazione di Cgil e Uil, marca comunque un risultato per il premier o comunque l’aver tenuto fede all’impegno assunto la sera prima nell’incontro con Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri. L’altra parte dello schema cambia, ma i circa 300 milioni aggiuntivi per le bollette saranno recuperati da altri fondi reperiti in bilancio. Lo stanziamento contro il caro energia nella manovra sarà quindi di 2,8 miliardi.

La soluzione alternativa matura qualche ora dopo il Consiglio dei ministri. E qualcuno dentro al governo spiffera che in realtà Draghi aveva già messo in conto uno stop al contributo di solidarietà. Ma al di là della malizia resta il dato di una giornata convulsa. D’altronde quando si parla di tasse non c’è da aspettarsi un clima di conciliazione tra i partiti. Anche un premier come Draghi l’ha sperimentato in prima persona.

(Huffpost)

 

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