28 Marzo, 2024
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Salvini ci ripensa (che novità): Draghi sta bene dov’è

Il leader leghista si allinea a Berlusconi. Ora solo la Meloni vuole il premier al Colle

 

A settembre da Cernobbio, quando tutti invocavano Draghi in carica fino al 2023, Salvini ostentava disincanto: “Io lo vorrei allenatore del Milan…”. A ottobre l’avrebbe traslocato hic et nunc: “Sarebbe un ottimo capo dello Stato, ma non lo tiro per la giacchetta”. A inizio novembre era più cauto: “Al Quirinale lo voterei subito, ma gli scenari cambiano ogni giorno”. Nessuno meglio di lui può saperlo. E difatti, oggi il leader della Lega ha condiviso le parole di Berlusconi che si augurava questo governo in carica fino alla fine dell’emergenza (e della legislatura): “Draghi sta lavorando bene da premier e mi auguro che vada avanti a lungo così”.

A questo punto Salvini arriva buon ultimo (sincerità a parte) nella lista di chi punta per opposte ragioni allo status quo: il Cavaliere, Calenda, Di Maio, Letta, Renzi, il contiano Mario Turco. Praticamente un plebiscito per Supermario. Avvalorando (temporaneamente) la profezia di Giorgetti: che bello sarebbe Draghi sul Colle a “guidare il convoglio” inaugurando un semipresidenzialismo di fatto, ma sarà molto complicato. Già: perché tra la variante Omicron, la quarta ondata, il Pnrr un po’ in affanno (soprattutto al Sud), la manovra senza grandi slanci, i timori dell’Europa e quelli dei peones parlamentari, il risiko del Colle si è ulteriormente complicato. E il pressing per tenere Draghi – che domani incontra le delegazioni dei partiti sulla manovra (per la Lega i capigruppo e Giorgetti, mentre non è in agenda al momento un incontro con il leader) ma sul suo futuro prossimo tiene la bocca cucita – si è fatto impossibile da ignorare.

Di talché Salvini si è ritrovato a un bivio. Seguire Giorgia Meloni sulla prospettiva di Draghi presidente della Repubblica, consapevole che una volta partita la palla di neve (il trasloco) non si potrebbe impedirne la trasformazione in valanga (il voto anticipato). Ma a staccare la spina – con l’ultimo sondaggio di Pagnoncelli che vede la Lega terzo partito al 19,1% dopo Pd e FdI e l’Economist che nello speciale 2022 assegna alla Meloni “una possibilità più che concreta di diventare la prima premier italiana donna” – Salvini non è pronto. Meglio, allora, avallare le ambizioni quirinalizie di Berlusconi, sopire i clamori, non mettersi di traverso. Insomma, prendere tempo. E pazienza se l’ennesimo cambio di strategia in corsa ha lasciato sconcertato più d’uno.

In fondo, neppure la Meloni ha protestato apertamente per la virata dell’alleato. Forse perché ha già fiutato che gli astri dell’ascesa draghiana al Colle si stanno posizionando in modo poco favorevole: “Lo stanno fregando”. Oppure, come racconta qualche leghista, perché i due leader conservatori e identitari stanno lavorando a un piano B. Sull’onda del tasto su cui Augusto Minzolini batte da settimane, contro lo zeitgeist che vede Draghi con le valige pronte: “Se il centrodestra che per la prima volta ha la possibilità di dire la sua giocherà e perderà male questa partita, verranno meno i motivi dell’alleanza. La coalizione dimostrerà di essere solo un sepolcro imbiancato”. Certo, è un avvertimento sulla “centralità” del Cavaliere e pro domo sua, ma c’è di più: “Dal Quirinale si conducono le danze, se vuoi fare riforme profonde devi avere un presidente amico o almeno non ostile”.

Ecco perché, con le mani legate dai lacci del Recovery e con i falchi del rigore che volano in cerchio, Salvini e Meloni cominciano a chiedersi se in vista della sospirata legittimazione nei consessi europei convenga cambiare schema: anziché la carta “Draghi al Colle” usare quella “Draghi a Chigi e un amico al Colle”. Berlusconi fino alla quarta votazione, se non ce la fa Mister X. Certo, la prospettiva conviene più al Capitano che alla leader dell’unica forza di opposizione. Che per ora fa buon viso a cattivo gioco, chiedendosi quanto durerà.

(Huffpost)

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