28 Marzo, 2024
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Vite digitali. L’impero del porno online e la piaga dei minorenni

Ci sono temi legati al digitale (e non solo) dei cui non si parla quanto si dovrebbe. Uno di questi è la pornografia online. Eppure basta guardare una qualsiasi classifica dei siti web più visitati per scoprire numeri impressionanti.

Secondo Similarweb, il sito per adulti più visto al mondo raccoglie da solo 3,3 miliardi di visite al mese (al mese!). E i primi cinque insieme raccolgono oltre 10 miliardi di accessi al mese. L’Italia non fa eccezione. Nella top ten dei siti più visitati ce ne sono ben due che offrono video pornografici.

La maggior parte dei siti porno fa capo ad un’unica società, la MindGeek, con sede nel paradiso fiscale del Granducato di Lussemburgo. Alla MindGeek non amano farsi notare. E si autodefiniscono «gruppo internazionale di information technology specializzato in siti web ad alto traffico». Difficile sapere il loro fatturato. Eppure, secondo il Financial Times, nel 2018 (cioè ben prima della pandemia che ha aumentato moltissimo le visite a questo tipo di siti) «MindGeek ha fatturato oltre 460 milioni di dollari». Mentre l’intero impero varrebbe 20 miliardi di dollari.
Poco si sa anche del suo principale proprietario, che si nasconde dietro alcune società di comodo. Secondo il Financial times, si chiama Bernd Bergmair (ma in alcuni documenti apparirebbe come Bernard Bergemar), è nato nel 1968 e vive a Hong Kong, lontano da occhi indiscreti.

Un anno fa, nel dicembre 2020, MindGeek è stata al centro di un enorme scandalo. Il New York Times l’ha accusata di ospitare sui suoi siti «filmati di abusi sui minori e di rapporti non consensuali». Alcune vittime hanno intentato una causa alla società per 40 milioni di dollari e Mind Geek è corsa ai ripari cancellando milioni di video. Nel frattempo le sono piovute addosso decine di cause. Quando la società pensava che la tempesta fosse in parte passata, è stata citata in giudizio da una ragazza canadese. «Da bambina sono stata abusata da un familiare – ha raccontato J.D. all’agenzia canadese CityNews – e quando è morto pensavo di potermi liberare da quell’incubo».

Invece un suo ex compagno di scuola le ha mandato un messaggio con un link, segnalandole che l’aveva riconosciuta in un filmato pornografico. «Mi fa star male e mi fa schifo sapere che il mio abuso sessuale da bambina è stato visto decine e decine di migliaia di volte e scaricato su migliaia di computer, e quindi non sparirà mai definitivamente. Avevo 12 anni». J.D. ha quindi deciso di guidare una class action contro MindGeek da 600 milioni di dollari.
Se MindGeek è il colosso della pornografia online, dall’altra parte ci sono milioni di utilizzatori, molti dei quali minorenni. La Gran Bretagna è stata una delle poche Nazioni che, nel 2019, ha cercato di imporre la verifica dell’età per l’accesso ai siti web wer adulti, ma per ora ha perso «per i troppi problemi legati alla privacy».

Nel frattempo i nostri ragazzi imparano la sessualità dai video porno, mentre gli adulti fanno finta che sia normale. Un altro problema che fingiamo di non vedere è quello legato alla dipendenza dal porno. Ma sta facendo grandi danni. Così grandi che ora una società britannica ha deciso di lanciare un servizio via app, chiamato Remojo, per liberarsi in 90 giorni dalla dipendenza dalla pornografia. Come ha raccontato l’ideatore a Tech Crunch, «ho deciso di crearlo dopo avere scoperto che solo sul social Reddit oltre 1 milione di persone denunciava di avere problemi con gli effetti della pornografia».

(Avvenire)

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