29 Marzo, 2024
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La pandemia ha ‘licenziato’ un giovane su 6 nel mondo, soprattutto donne

Rapporto commissionato dall’Organizzazione internazionale del lavoro dell’Onu all’Università di Cambridge. Penalizzati principalmente gli occupati nel turismo e nei servizi commerciali.

 

Con un giovane su 6 rimasto senza lavoro, soprattutto nei settori turistici e attività commerciali e principalmente di sesso femminile, la perdita del lavoro è stata una delle peggiori conseguenze indirette della pandemia. A confermarlo è l’ultimo rapporto commissionato dall’Organizzazione internazionale del lavoro delle Nazioni Unite all’Università di Cambridge, in Gran Bretagna.

Il rapporto suggerisce che, dall’inizio della pandemia, più di un giovane su sei in tutto il mondo è stato licenziato o ha smesso di lavorare, con gravi ripercussioni sulla loro salute mentale e sul loro benessere. Molti giovani sono stati impiegati nelle zone più colpite dalla pandemia.

Oltre il 40% di tutti i giovani con un’occupazione pre-pandemia – circa 178 milioni di giovani lavoratori – lavorava settori più colpiti: commercio al dettaglio, servizi e turismo. In effetti, il solo turismo ha subito perdite finanziarie undici volte maggiori rispetto al crollo finanziario del 2008.

L’occupazione giovanile globale è diminuita di oltre il doppio del tasso degli anziani nel 2020 (8,7% rispetto al 3,7%), con una perdita di lavoro particolarmente concentrata tra le giovani donne nei paesi a reddito medio. I tassi globali di occupazione femminile sono diminuiti del 5% nell’ultimo anno, rispetto al 3,9% per gli uomini.

Nei 132 paesi che hanno adottato 580 misure fiscali ed economiche per sostenere le imprese durante la crisi del Covid, solo il 12% mirava a migliorare la sicurezza economica delle donne garantendo che i settori dominati dalle donne ricevessero sostegno finanziario, principalmente in America Latina, Caraibi e sub-sahariana.

In alcuni paesi a basso reddito, ci sono aumentate le donne che si sono rivolte al lavoro sessuale, contribuendo all’aumento dei casi di Hiv e alle gravidanze indesiderate. Anche tra le nazioni ad alto reddito, l’impatto sui mezzi di sussistenza dei giovani è variato notevolmente.

Ad esempio, tra febbraio e aprile 2020, mentre il virus ha preso piede, c’è stata una riduzione di 11,7 punti percentuali nella partecipazione al lavoro tra i giovani canadesi, un calo di 7,5 punti negli Stati Uniti, ma solo di 1,9 punti in Corea del Sud. Molti di quelli abbastanza fortunati da mantenere il lavoro hanno visto i loro redditi diminuire notevolmente.

A maggio dello scorso anno, i giovani di tutto il mondo ancora occupati avevano in media quasi un quarto delle loro ore di lavoro ridotte (23%). “I giovani sono svantaggiati rispetto agli anziani quando si tratta di trovare lavoro dopo la pandemia”, ha affermato il coautore del rapporto, il dottor Adam Coutts, del Dipartimento di sociologia di Cambridge.

“Meno esperienza lavorativa e capitale finanziario, reti sociali più deboli e livelli più elevati di povertà lavorativa. È anche molto più probabile che debbano sbarcare il lunario tramite un lavoro in nero”, ha continuato l’esperto. “I ragazzi che hanno abbandonato la scuola spesso non hanno diritto all’indennità di disoccupazione o ai programmi di congedo. Ciò ha lasciato molti giovani a cadere nelle crepe degli interventi politici”, ha affermato Coutts.

Sul fronte femminile, la co-autrice DrGarima Sahai del Dipartimento di geografia di Cambridge ha dichiarato: “Le giovani donne sono state particolarmente colpite dalla pandemia che hanno subito maggiori perdite di posti di lavoro, un aumento del lavoro di assistenza non retribuito, la pandemia ombra della violenza di genere per citarne solo alcuni effetti”.

“I giovani sono stati costretti a rimanere a casa per un periodo lungo, bloccati con i genitori, tagliati fuori da amici e partner”, ha affermato la coautrice dell’Università di Cambridge, la dottoressa Anna Barford. “Ansia, stress e depressione sono saliti alle stelle tra i giovani di tutto il mondo”.

I ricercatori sostengono che potrebbe verificarsi un vero e proprio “blocco generazionale” per una fascia di popolazione che subira’ periodi prolungati di disoccupazione, che renderanno difficile il reinserimento nel mercato del lavoro e con il rischio di farsi superare da concorrenti più giovani e più qualificati. L’ente non governativo evidenzia la responsabilità politica di molti Paesi, colpevoli di “inerzia” quando si è trattato di sostenere i giovani che hanno perso il lavoro o che stanno facendo fatica a entrare nel mercato del lavoro dopo la pandemia.

Gli esperti sostengono che molti paesi hanno semplicemente “riconfezionato” le politiche esistenti – e spesso già fallimentari – senza i finanziamenti o le riorganizzazioni necessari per aiutare gli under 24 anni: la fascia demografica più colpita dalle conseguenze economiche del Covid-19. Nel rapporto commissionato dall’Organizzazione internazionale del lavoro delle Nazioni Unite, il team di Cambridge invita i paesi ad andare oltre le politiche occupazionali “yo-yo” e ad attuare interventi a lungo termine rivolti direttamente ai giovani.

(Agi)

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