29 Marzo, 2024
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Taverna sì, Bonafede no. Conte sceglie la squadra del suo M5s

L’ex premier nomina 5 vicepresidenti: dentro anche Todde, Ricciardi, Turco e Gubitosa.

 

Paola Taverna, la sola con il ruolo di vicaria, Mario Turco, Alessandra Todde, Riccardo Ricciardi, Michele Gubitosa. Sono cinque i vicepresidenti del Movimento 5 stelle designati da Giuseppe Conte. Una squadra che è stata limata fino alle ultime ore e che ha visto alcuni esclusi eccellenti che pur erano entrati nel totonomine ma che all’ultimo sono rimasti fuori. Out Alfonso Bonafede, che fino all’ultimo è rimasto in gioco per un ruolo da dirigente nel partito. Ma l’ex premier per il fedelissimo ha in mente un altro ruolo, quello da capogruppo della Camera, poltrona ambita perché snodo cruciale nel prossimo voto per il presidente della Repubblica e nella formazione delle future liste elettorali. Il blitz per sostituire Davide Crippa per il momento è fallito, l’opzione di forzare la mano andata in naftalina, ma il tema si riproporrà. Fuori anche Chiara Appendino, sembra per una sua scelta personale. Dopo l’esperienza in Comune a Torino, l’ex sindaca avrebbe declinato per incompatibilità con una presenza fissa o comunque frequente a Roma, anche in considerazione del fatto che nessun emolumento è previsto per gli incarichi di partito. Fuori anche Vito Crimi, che pure a lungo è stato nella short List di Conte dopo aver traghettato per oltre un anno nel Movimento, ma che è stato ripescato come responsabile dei dati personali.

Li presenta in un’assemblea congiunta dove attacca Matteo Renzi e Carlo Calenda, certo, ma nella quale dice anche di mal tollerare le critiche interne: “Vedo insofferenza ma non è tempo di lamentele, qualcuno si balocca trasmettendo ai giornali false informazioni”. E ancora: “Bisogna ritornare sui territori, se no continuiamo a fare interviste incendiari pontificando sul futuro del movimento salvo poi registrare basse percentuali nei comuni di appartenenza di chi le rilascia”. Parole durissime che sono accolte con un malumore diffuso nella truppa parlamentare. “Siamo corsi dietro il Pd, in Emilia Romagna abbiamo dimezzato i consensi”, attacca Giulia Sarti. Vincenzo Spadafora è ancora più tagliente: “L’effetto della tua leadership non si è vista alle amministrative, devi dirci se ci vuoi portare al voto dopo l’elezione del presidente della Repubblica”. Conte ascolta e prende nota, ma la sua non è di certo una passerella trionfale la sua. “Slogan, quaranta minuti di slogan, che brutta fine che facciamo” commenta un parlamentare lasciando la riunione. Non è il solo che se ne è andato. Quando il capo politico finisce di parlare e inizia il dibattito, circa la metà dei presenti si alza e se ne va, un po’ per dissenso, un po’ per noia: “Ma che rimaniamo a fare? Tanto è già tutto deciso a tavolino”.

La squadra dei vicepresidenti ha soddisfatto i contiani, provocando delusione in larga parte del gruppo parlamentare. Sono tutte personalità vicine all’ex premier quelle scelte, che godono di fiducia da parte del capo politico e poco ingombranti, in modo da non oscurare il ruolo da primus supra partes. “Adesso Taverna fa il capo praticamente, ma ti pare possibile”, dice un senatore tagliando corto. Sono due i senatori, Taverna, fondamentale negli ultimi mesi per portare tra i contiani la quasi totalità dei suoi colleghi al Senato e Mario Turco, già braccio destro di Conte a Palazzo Chigi, considerato una sorta di eminenza grigia al fianco dell’avvocato pugliese, da lui transitano molti dossier delicati, lui stesso ha già iniziato a avviare lo scouting nella società civile in vista di rinnovare le liste quando si voterà.

Due anche i deputati: l’attuale vicepresidente del gruppo Riccardo Ricciardi, considerato a Montecitorio uno dei fedelissimi di Conte, e Michele Gubitosa, abile deputato avellinese che il borsino di Palazzo accreditava come vicino a Luigi Di Maio, ma che negli ultimi mesi si è avvicinato all’ex premier, spedito spesso in tv a difendere le ragioni del Movimento. Il gruppo della Camera incassa e reagisce male: “Se si aspettano che ora tutto fili liscio vedranno”. I due sono molto vicini all’ex premier ma si muovono in un contesto che gli è generalmente ostile, e che non si sente rappresentato. Spadafora ha criticato il blitz per sostituire l’attuale capogruppo Davide Crippa con Alfonso Bonafede, dicendosi certo che Conte lo abbia fatto “in buona fede”, e chi ha orecchie per intendere intenda.

C’è poi Alessandra Todde, ex ceo di Olidata, un’avventura, quella con M5s, iniziata con una candidatura alle elezioni europee nel 2019 senza riuscire a essere eletta, chiamata da Conte nel suo secondo governo a ricoprire l’incarico di sottosegretario allo Sviluppo economico e poi promossa a viceministro dello stesso dicastero con l’arrivo di Mario Draghi.

(Huffpost)

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