19 Aprile, 2024
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Come si è arrivati all’abnorme condanna di 13 anni per Mimmo Lucano

In primo grado all’ex sindaco il doppio degli anni richiesti dall’accusa. Condanne per altri 17 imputati della Riace connection.

 

Il doppio degli anni richiesti dall’accusa – 13 anni e due mesi di reclusione – e 500mila euro da restituire. La sentenza del tribunale di Locri contro Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace, viene definita dai suoi legali “lunare”. Per gli avvocati Giuliano Pisapia e Andrea Dacqua la condanna inflitta al loro assistito è “esorbitante” e in contrasto “totalmente con le evidenze processuali”. Oggi conosciamo solo il dispositivo e non le motivazioni che hanno portato a questa decisione. Ma è difficile capacitarsi di come si sia potuti arrivare a una pena così dura, spiegano ancora gli avvocati, “per un uomo come Lucano che vive in povertà e che non ha avuto alcun vantaggio dalla sua azione di sindaco di Riace e, come è emerso nel corso del processo si è sempre impegnato per la sua comunità e per l’accoglienza e l’integrazione”. Una pena che se messa a confronto, per esempio, con quella di Luca Traini, condannato per strage deopo aver sparato e ferito sei migranti a Macerata, lascia perplessi. Traini infatti deve scontare 12 anni di carcere, un anno e due mesi in meno di Lucano.

Associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, truffa, peculato e abuso d’ufficio: sono questi i reati contestati a Lucano e che secondo l’accusa erano il fulcro del “modello Riace”. E per arrivare a una condanna così severa il tribunale ha deciso di aumentare le pene richieste dall’accusa che sommate hanno portato alla sentenza di oggi. Il collegio giudicante dunque ha avallato in toto la tesi del pm Michele Permunian per cui “a Riace comandava Lucano. Era lui ildominus assoluto, la vera finalità dei progetti di accoglienza a Riace era creare determinati sistemi clientelari. Lucano ha fatto tutto questo per un tornaconto politico-elettorale e lo si evince da diverse intercettazioni. Contava voti e persone. E chi non garantiva sostegno veniva allontanato”.

La vicenda parte il 2 ottobre 2018, quando la Guardia di finanza di Locri mette agli arresti domiciliari Lucano. Per gli inquirenti sono emerse irregolarità da parte del sindaco nell’organizzare “matrimoni di convenienza” tra cittadini del posto e donne straniere, al fine di favorire illecitamente la permanenza di queste ultime nel territorio italiano. Inoltre gli investigatori raccolgono elementi circa l’affidamento diretto, definito “fraudolento”, del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti senza le procedure di gara previste dal codice dei contratti pubblici. Due le cooperative sociali, la “Ecoriace” e L’Aquilone”, che secondo l’accusa, Lucano avrebbe favorito.

Durante tutta la vicenda, riguardo alle misure cautelari a cui è stato sottoposto Lucano ci sono state ben due pronunce dell’autorità giudiziaria – il gip di Locri e la Cassazione – che, nonostante non abbiano alcuna incidenza sul processo appena celebrato, sottolineano più di un’incongruenza nell’inchiesta della Procura di Locri.

Quando la Cassazione il 16 ottobre 2018 annulla con rinvio il divieto di dimora a Riace per Lucano, evidenzia infatti che non vi siano indizi di “comportamenti” fraudolenti che l’ex sindaco avrebbe “materialmente posto in essere” per assegnare alcuni servizi, come quello della raccolta di rifiuti, a due cooperative. Questo perché le delibere e gli atti di affidamento sono stati adottati con “collegialità” e con i “prescritti pareri di regolarità tecnica e contabile da parte dei rispettivi responsabili del servizio interessato”.

La suprema corte spiega inoltre che non sono provate le “opacità” che avrebbero caratterizzato l’azione di Lucano per l’affidamento di questi servizi alle cooperative L’Aquilone e Ecoriace, ma è la legge che consente “l’affidamento diretto di appalti” in favore delle cooperative sociali “finalizzate all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate” a condizione che gli importi del servizio siano “inferiori alla soglia comunitaria”. Per gli ermellini gli unici elementi di “gravità indiziaria” sono sul fatto che Lucano si sia dato da fare per favorire la permanenza in Italia della sua compagna Lemlem. Ma a questo riguardo, bisogna considerare “la relazione affettiva” che intercorre tra i due e lo stato di incensurato di Lucano prima di decidere nuovamente per il mantenimento del divieto di dimora.

Lo stesso gip Domenico Di Croce pochi giorni prima,il 2 ottobre 2018, pur confermando la misura cautelare a carico di Lucano perché avrebbe favoritol’immigrazione clandestina e non avrebbe rispettato le regole sull’affidamento della gestione del servizio di raccolta di rifiuti, entra in contrasto con il quadro inquisitorio della procura. E spiega come ci siano “marchiane inesattezze” e “congetture” sulla distrazione di fondi per altri fini. Oltre a definire “inattendibili” i testimoni, parlando di testimonianze raccolte sommariamente e senza le garanzie di legge.

Oltre a Lucano, il tribunale di Locri ha condannato altri 17 imputati del processo “Xenia”. Lucano è stato assolto da alcune imputazioni di truffa e da un presunto falso relativo ad una carta di identità rilasciata ad un migrante. Il collegio, per quanto riguarda gli altri imputati, ha inflitto loro condanne che vanno da un minimo di 4 mesi ad un massimo di 9 anni e 10 mesi di reclusione.
Sette gli imputati che sono stati assolti, invece, da ogni accusa. Si tratta di Daniel Prencess, Alberto Gervasi, Domenico Latella, Nabil Moumen, Antonio Santo Petrolo, Renzo Valilà e Rosario Zurzolo. Prosciolto inoltre, per sopravvenuta prescrizione, l’ex amministratore della cooperativa sociale Domenico Sgrò accusato di aver effettuato attività di raccolta e trasporto rifiuti non pericolosi in assenza del requisito di iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali.

 

(Huffpost)

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