29 Marzo, 2024
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Cannabis, raggiunte le 500 mila firme per il referendum

In una settimana è stata raccolta la quota minima di sottoscrizioni necessarie per il deposito del quesito in Cassazione. Il boom grazie alle firme digitali.

 

Sono 500mila le firme raccolte a sostegno del referendum sulla cannabis. E’ quanto ha annunciato il comitato promotore, festeggiando il superamento della soglia minima, a una settimana dall’avvio della raccolta firme. Il risultato è stato agevolato dalla possibilità di utilizzare firme digitali – una novità – per sottoscrivere una proposta referendaria. Se le firme raccolte supereranno il vaglio della Corte di Cassazione e il giudizio di ammissibilità della Corte Costituzionale, il voto potrebbe tenersi nella “primavera del 2022“, fanno sapere i promotori.

“Un risultato straordinario ma non sorprendente: da tempo occorreva un intervento sul tema della Cannabis e con la firma digitale in pochi giorni il tema è esploso. Questo referendum è la prima raccolta firme italiana tenutasi interamente online sul sito referendumcannabis.it – commentano -. La velocità della mobilitazione conferma la voglia cambiamento sulla Cannabis ma anche di partecipazione alle decisioni su questioni che toccano personalmente. Adesso però occorre raccogliere un ulteriore 15% in piu’ di firme per essere certi di poter consegnare il referendum in Cassazione il 30 settembre”.

Il Referendum Cannabis è promosso dalle Associazioni Luca Coscioni, Meglio Legale, Forum Droghe, Società della Ragione, Antigone e dai partiti +Europa, Possibile e Radicali italiani.

Il quesito interviene sul Testo Unico in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope sia sul piano della rilevanza penale sia su quello delle sanzioni amministrative di una serie di condotte in materia di droghe. Propone, tra le altre cose, di depenalizzare la coltivazione e di eliminare la sanzione della sospensione della patente di guida e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori oggi prevista per tutte le condotte finalizzate all’uso personale di qualsiasi sostanza stupefacente o psicotropa.

“Questo è un giorno straordinario, non solo per i promotori ma anche per i cittadini. L’incredibile partecipazione dei giovani alla mobilitazione straordinaria sul Referendum Cannabis dimostra che quando gli si dà voce sono pronti ad attivarsi. La strada delle libertà è l’unica contro i sovranismi”, ha commentato la senatrice Emma Bonino intervenendo al tavolo di Piu’ Europa al Pantheon per sostenere il referendum sulla Cannabis.

Al momento il Partito Democratico non ha preso una posizione ufficiale sul referendum, mentre il leader del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo, nei giorni scorsi ha pubblicato un post per sostenere l’iniziativa chiedendo di firmare e di raccogliere le firme necessarie per tenere il referendum. “Sono iniziative prese da altri”, ha affermato Enrico Letta, in un’intervista al ‘Corriere’. “Rifletteremo nelle prossime settimane su quale atteggiamento tenere”. “Sono dispiaciuto del fatto che Enrico Letta oggi liquidi questa iniziativa”, ha criticato il segretario di Più Europa e sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova. “E’ una iniziativa di grande successo, e forse meriterebbe un giudizio più approfondito. E sono sorpreso che Letta dica che un grande partito come il Pd su questi temi ha bisogno di tempo per riflettere. Di legalizzazione della Cannabis si discute da decenni, ètutto chiarissimo e bisogna dire solo sì o no”.

“Il Parlamento dia un segnale all’onda popolare che ha portato 500mila firme alla proposta referendaria per la legalizzazione della Cannabis: si chiuda presto il lavoro sul testo base che abbiamo approvato in commissione e che depenalizza la coltivazione di quattro piante di Cannabis. C’è già una maggioranza che ha dato via libera al testo, il 7 ottobre scadra’ il termine per la presentazione degli emendamenti, andiamo avanti, non si indugi”, chiede il presidente della commissione Giustizia della Camera, il pentastellato Mario Perantoni, il quale aggiunge: “il mio appello e’ rivolto ai parlamentari: dopo tanto ritardo diamo un segnale, altrimenti prevarrà la forza d’urto della protesta e la possibile abrogazione di norme dopo la quale potrebbe verificarsi un pericoloso vuoto”.

“Non saranno 500mila a fermare la nostra battaglia per la vita e contro la droga libera”, protesta, invece, il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri. “La stragrande maggioranza degli italiani conosce bene i rischi che si corrono e non appoggeranno mai un folle referendum. Su questioni che riguardano la salute fisica e mentale bisogna essere inflessibili sempre, non avere alcun tipo di tentennamento. Faremo parlare chi è uscito dal gorgo della droga, madri e padri che hanno vissuto il dramma di figli persi. Porteremo nelle piazze le testimonianze dei volontari delle comunita’ di recupero che ogni giorno sono al fianco di chi vuole uscire da una dipendenza mortale. In Italia non permetteremo mai che prevalga la cultura della morte, della droga libera e della distruzione delle persone”.

Il parere dei costituzionalisti

Le 500mila firme per il referendum sulla Cannabis “probabilmente sarebbero state raggiunte anche senza la firma digitale”, ha osservato Stefano Ceccanti, costituzionalista e deputato Pd. Il problema dell’istituto referendario è “che si possono raccogliere firme anche su proposte che poi potrebbero non ottenere il via libera della Consulta”, ecco perchè sarebbe necessario “anticipare il controllo della Corte Costituzionale dopo le prime centomila firme” ed evitare così “la frustrazione” dei promotori e dei sottoscrittori. Secondo l’esponente dem, che ha già presentato una proposta di legge, sarebbe necessario anche “alzare la soglia minima di firme da 500 mila a 800 mila” e “rivedere il quorum fissandolo al 50per cento più uno di coloro che hanno votato alle ultime politiche”.

Dalla firma digitale può arrivare “un impulso decisivo per rivitalizzare uno strumento di democrazia diretta fondamentale come il referendum” ma allo stesso tempo “è opportuno intervenire sul quorum che così com’è oggi è troppo sbilanciato a favore del no”, ha spiegato Alfonso Celotto, docente di Diritto costituzionale all’Università Roma Tre, ammettendo di condividere la ‘filosofia’ della proposta di legge presentata da Stefano Ceccanti.  “Diciamo la verità – ha affermato Celotto – anche il referendum è in affanno, raccogliere le sottoscrizioni è oggettivamente difficile e la firma davanti al messo comunale sa di ottocentesco: ben venga dunque lo Spid se, come appare evidente, riduce gli ostacoli burocratici alla partecipazione laddove è proprio di maggiore partecipazione, ovvero di democraticità, che abbiamo un gran bisogno”.

(Agi)

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