19 Aprile, 2024
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Brunetta, lo smart working è un lavoro a domicilio all’italiana

Nuovo affondo del ministro: il lavoro agile “non ha garantito i servizi pubblici essenziali” e “non è un modello per il futuro”.

 

Nuovo affondo del ministro della Pa, Renato Brunetta, che boccia senza appello lo smart working definendolo “un lavoro a domicilio all’italiana” che “non ha garantito i servizi pubblici essenziali”. Dopo aver preannunciato nei giorni scorsi il rientro dei lavoratori pubblici in presenza, Brunetta è tornato alla carica durante il question alla Camera.

“Lo smart working è un lavoro a domicilio all’italiana: c’è una bellissima definizione su Wikipedia, edizione inglese, che dice che è un lavoro self service all’italiana da casa. Pensare di proiettare nel futuro questo tipo di organizzaizone nata nell’emergenza mi sembra un abbaglio“, ha osservato Brunetta.

“Lo smart working che è stata la risposta emergenziale al lockdown per i dipendenti pubblici – ha proseguito – può essere pensato come modello per il futuro? Bisogna fare attenzione, perché questa modalità, costruita dall’oggi al domani spostando l’organizzazione del lavoro pubblico dalla presenza al remoto” ed è una forma di lavoro “senza contratto, senza obiettivi, senza tecnologia, senza sicurezza, vedi il caso del Lazio”.

Il ministro ha poi rincarato la dose: “Il lavoro agile non ha garantito i servizi pubblici essenziali. Quelli li hanno garantiti i lavoratori della sanità, i medici e gli infermieri, i lavoratori della sicurezza, carabinieri e poliziotti, in progress i lavoratori della scuola. I lavoratori in smart working non hanno affatto garantito questi servizi”.

Mandato all’Aran per la contrattualizzazione

Brunetta ha quindi annunciato di aver dato mandato all’Aran di contrattualizzare lo smart working: “Tutto quello che è stato fatto in lockdown è stato fatto senza regole contrattuali e mi sono preoccupato dellle regole contrattuali che non c’erano“.
“Siccome io sono un vecchio socialista, un vecchio esperto di relazioni industriali e sindacali mi sono preoccupato prima di tutto di una regola contrattuale che non c’è mai stata”, ha aggiunto Brunetta.

“Il lavoro da remoto ha funzionato durante il lockdown laddove era già regolato, strutturato con una piattaforma digitale già esistente – ha spiegato – ed è il caso dell’Inps anche se non ha risolto i problemi perché sappiamo tutti i ritardi”. Poi, “se è così fantastico il lavoro da remoto perchè cittadini e imprese sono così arrabbiati leggendo sugli uffici periferici pubblici e privati ‘chiuso per smart working’, perché tutto questo?”, ha osservato. “Ho reso digitali i concorsi pubblici da quattro anni in tre mesi, stiamo lavorando all’interoperabilità delle banche dati, stiamo lavorando al cloud e a una base informatica digitale per essere in sicurezza e voi volete proiettare un bricolage all’italiana nel futuro? Il futuro è dentro il Pnrr, è in quel 6% di crescita del Paese che ha bisogno della pubblica amministrazione, della Pa in presenza, della Pa regolata, garantita con il contratto”, ha concluso.

Cgil, bene il contratto, salvare esperienze positive

La Cgil accoglie con favore l’impegno assunto dal ministro per arrivare a definire un contratto per lo smart working. “Le dichiarazioni di oggi del Ministro Brunetta sono da attenzionare per la volontà di dare attuazione agli impegni assunti nel Patto per la coesione sociale e l’innovazione della Pa del 10 marzo scorso con l’impegno di affrontare il tema della regolazione dello Smart working attraverso la contrattazione collettiva”, sottolinea la segretaria confederale Tania Scacchetti.

“Occorre però – afferma la dirigente sindacale – salvare ciò che di buono è stato fatto dalle amministrazioni pubbliche e dai lavoratori nei mesi passati, in cui, anche in ragione della necessità di affrontare l’emergenza sanitaria, il lavoro agile è diventato la modalità ordinaria di effettuazione della prestazione lavorativa. C’è bisogno di un’analisi attenta senza pericolose generalizzazioni”.

(Agi)

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