19 Aprile, 2024
spot_imgspot_img

Claudia Maciucchi e la “semplicità” del mettersi in gioco per Trevignano

Trovo una scrivania organizzata e con i fogli accatastati in perfetto ordine che se non conoscessi l’interlocutore di turno punterei comunque la scommessa sul fatto che sia una donna la proprietaria dello scrittoio in questione. Claudia Maciucchi, sindaco di Trevignano Romano, sposata, madre di due gemelle venticinquenni (una laureata in ingegneria biomedica, l’altra a breve lo sarà in medicina), ex pallanotiste, si accosta alla tornata elettorale in maniera tranquilla, consapevole – e lo sottolineerà a più riprese nel corso dell’intervista – che questa campagna elettorale è diversa dalle altre: niente assembramenti, distanziamento sociale obbligatorio e via andare.
Invece di farle la più retorica delle domande del tipo “caro sindaco tracci un bilancio sui cinque anni di consiliatura” parto da alto. Perché si è messa in politica?
«La candidatura nasce nel dicembre del 2015. Mi era stato chiesto precedentemente di partecipare all’attività politica, mai mi ero interessata. Nasce insieme a un gruppo di amici, fra questi anche l’ex sindaco Massimo Luciani, che mi chiesero di iniziare questa avventura. Un’esperienza totalmente diversa dal mio vivere, alla quale mai avrei pensato. In un primo momento ammetto che sono stata titubante, poi… siamo partiti. Ed è stata una bellissima iniziativa, sono stata bene, soprattutto nell’organizzare, specie nella prima parte dell’attività. E poi è nato un bel sodalizio con Luca Galloni, verso la fine di marzo e l’inizio di aprile 2016, e poco alla volta è nata la squadra, costituita in parte da persone che avevano anche una buona esperienza. Per me queste persone sono state importanti, perché una come me che non viene dal mondo della politica se ha persone vicine che conoscono la macchina amministrativa, tutto diventa più semplice. Ecco, per me questo è stato importante. Una squadra fatta di giovani che si sono messi in gioco. Inizialmente nessuno ci credeva, anche se tutti lo speravamo. Abbiamo vinto per pochi voti, ma comunque quel successo elettorale è stato un qualcosa che abbiamo “sentito”. Volevamo metterci in gioco e dare qualcosa a Trevignano. Crescere con questa squadra è stato crescere con la comunità».
Una donna sindaco a quante persone ha fatto venire i capelli dritti?
«Per chi mi ha voluta no. Sicuramente per Trevignano è stata una novità, mai c’era stato un sindaco donna, però ho trovato sempre molto rispetto nelle persone con cui mi sono confrontata, quindi non ho avuto problemi. Anche perché sono convinta che se una persona lavora non esistono differenze di genere».
Rispetto a un lustro fa come approccia alla tornata elettorale?
«Diciamo che questi sono stati cinque anni, ma pare ne siano passati molti di più. Il Covid ha cambiato il mondo, e ha cambiato anche nell’approccio politico. Fino pochi giorni fa neanche sapevamo quando ci sarebbero state le elezioni, non c’era una data. Si presumeva fra settembre e ottobre, e anche questo porta fuori strada. Così non si riesce a gestire una campagna elettorale, anche perché proprio non sai come gestirla. Cinque anni fa organizzammo tanti incontri con le persone. Ma ora? Come incontriamo le persone? Il distanziamento sociale, per esempio… Ma in ogni caso credo serva empatia, le persone che vanno a votare ti vogliono conoscere, quindi da una parte devi farti conoscere. Ma nello stesso tempo hai la remora del distanziamento sociale, perché non puoi metterti in piazza come abbiamo fatto in altre occasioni, per parlare e per confrontarci. Quello che stiamo vivendo è un nuovo modo di fare politica, ed è vero che la vita a volte riserva delle sorprese inattese. Ma è anche vero che ti mette davanti nuove opportunità. Ecco, diciamo che questa situazione rappresenta una nuova opportunità».
Lei in questi cinque anni di mandato l’ha mai detta la classica domanda “ma chi me lo ha fatto fare?”
«Diciamo di si, e quel momento c’è stato anche perché sono stati anni non semplici, abbiamo avuto di tutto e di più, iniziando dal problema di esondazione di un fosso, a quello dell’abbassamento dell’acqua del lago, a quello del Covid… e poi problemi minori non sono mancati. Ma pur sempre si è trattato di problemi. Si, qualche volta quel momento c’è stato. Ma come ho detto in tempi non sospetti… si… la sera pensi questo, ma poi la mattina dopo esci da casa e vedi bambini che ti sorridono, ragazzi che ti salutano, magari c’è chi ti vuole parlare o dare un consiglio, e quindi pensi “allora ho seminato bene, forse qualcosa ho dato”. Così ricominci da capo e vivi la giornata in maniera diversa».
Che studi ha fatto?
«Ho fatto il liceo classico e mi sono laureata in giurisprudenza, a “La Sapienza”. Tutto a Roma, fino a quando non mi sono sposata ho vissuto nella capitale. Mio papà era di Trevignano, le mie estati le trascorrevo qui. Lui ha trasmesso a me e a mio fratello l’amore per questa terra».
Sia schietta, quando ha detto in famiglia faccio il sindaco… qualcuno ha detto “rinchiudiamola” o qualcosa del genere?
«No, perché tutti erano contenti, mio marito, le figlie… mio fratello, mia cognata, i nipoti… Le figlie? Sono state loro a spingermi verso questa scelta».
La richiesta più strana arrivata sulla sua scrivania in questi anni?
«Di richieste strane ce ne sono diverse. Perché sulla scrivania del sindaco arrivano richieste di ogni tipo, pensi a quel sindaco piemontese che ha scritto il libro “Signor sindaco, domani pioverà?”, ovvero le richieste più strane rivolte a un primo cittadino. Qualsiasi cosa viene richiesta a noi sindaci, anche se in alcune vicende neanche possiamo addentrarci… Siamo una sorta di refugium peccatorum. Cerchiamo di dare una mano, nei limiti del possibile».
Non si può sempre dire “si” a tutti. E’ corretta come affermazione?
«Si, ci troviamo spesso a dire no, perché le richieste sono le più disparate. Non è possibile dire “si” a tutti. Però le che nel mio piccolo ho sempre cercato di ascoltare le persone, e ascoltando molto si riesce a capire cosa realmente serve. A volte semplicemente parlando si riescono a risolvere alcune problematiche, senza dover per forza di cosa arrivare al “si” o al “no”. E, mi creda, dispiace dire “no”, perché quando viene una persona che si aspetterebbe il “si” e poi se ne va via col diniego, ed è arrabbiata o delusa perché pensava di poter risolvere la questione, fa male. Ma le leggi vanno rispettate. E certe scelte lo dobbiamo fare per noi stessi e soprattutto per gli altri».
Piove uguale “governo ladro”. Vale qualcosa di simile con la figura del primo cittadino…
«La responsabilità del sindaco è troppo ampia. Siamo l’interfaccia del cittadino. Vede la storia del cane che morde una persona? Finisce sempre che si va dare la colpa al sindaco perché quel cane non è microchippato, e dunque la colpa non è del padrone che non ha svolto il suo dovere, ma del sindaco che non ha controllato se l’animale aveva o meno il microchip. Ma questo fa parte del gioco delle parti».
Provi a smettere i panni del primo cittadino e dica di cosa ha bisogno Trevignano.
«Trevignano già si presenta bene, se solo si pensa al posto meraviglioso in cui si trova, la sua esposizione, il lago, il bosco, la storia, la cultura… ma sicuramente ci sono delle necessità. E per queste non posso dimenticare il mio ruolo. Cosa serve? Scuole nuove, per esempio, e su questo stiamo lavorando. Strade, parcheggi, infrastrutture, altri esempi. E serve il richiamo di un turismo diverso rispetto a quello che c’è stato negli ultimi anni, anche se c’è da dire che proprio in questi ultimi anni si è lavorato bene sotto questo punto di vista, basti pensare alle bandiere blu e arancioni ottenute. Il Covid ha fermato il lavoro, ma non ne parlo solo in senso negativo, anche se il virus la sua negatività ce l’ha. Però preferisco dire che ha trasformato e modificato tante situazioni».
Se le sue figlie un giorno le dicessero “farò il sindaco a Trevignano”, quale sarebbe la sua reazione?
«Direi loro “fatelo!”. Perché è una bellissima esperienza, faticosa ma che dà tanto e che nello stesso tempo permette di dare tanto».
Parliamo della questione-rifiuti.
«Abbiamo vinto alcuni riconoscimenti di Legambiente sotto questo aspetto. Abbiamo una buona indiffererenziata, visto che stiamo attorno al settantacinque per cento; e stiamo cercando di lavorare sempre di più per le compostiere di domunità, che fra le altre cose saranno obbligatorie. Sicuramente cerchiamo di migliorare sempre più, lavoriamo con le scuole per insegnare che il rifiuto può diventare anche un motivo di crescita, attraverso il riutilizzo. Sicuramente c’è tanto da lavorare sotto questo aspetto. Ma lavoriamo costantemente, abbiamo cercato di togliere la plastica dalle scuole. Anche se poi il Covid ci ha messo dei fermi. Vede… non si potevano usare le posate di plastica, ma le posate di acciaio, se usate, dovevano essere lavate a un certo grado di temperatura dell’acqua… ecco, su queste cose siamo stati un po’ frenati, ma siamo riusciti comunque anche con l’aiuto dell’amministrazione scolastica a risolvere questi problemi. L’importante è riuscire a creare una cultura nei giovani, ma anche nelle persone adulte. E, le dico pure che forse sono più i giovani a rispettare le regole, rispetto agli adulti».
Torni indietro di qualche mese, a quando lei si affacciava dalla finestra della sua stanza in Comune e non vedeva gente per strada. Parlo del periodo del loockdown. Che reazione aveva?
«Era una situazione bruttissima. Eravamo in Comune, anche la sera, fino a tardi, per cercare di risolvere questioni difficili. Quando per esempio il Governo ha dato soldi per le persone in difficoltà, lavoravamo fianco a fianco con gli piegati e questi c’è da dire che hanno fatto un lavoro eccezionale. Abbiamo vissuto situazioni difficili, chi vedeva qualcuno in giro per strada pensava quello fosse il “nemico”. E’ stato un periodo in cui abbiamo dovuto dare sicurezza alle persone. La Asl è stata vicina all’amministrazione, avevamo un filo diretto ventiquattro ore su ventiquattro, e ricevevamo risposte immediate da parte del direttore generale così come di tutti i responsabili. Si, era assurdo quel silenzio, lo si sentiva dentro. Le faccio un esempio, abbiamo una scuola qui vicino, il vociare dei bambini ci cadenzava gli orari, le giornate. Immagini niente più schiamazzi, clacson delle auto, le chiacchiere della gente… più nulla! Il silenzio assoluto è stato impressionante».
La squadra di lavoro che si presenta a questa tornata elettorale è la stessa di un lustro fa?
«In parte si, e in parte sono cambiate alcune donne, per motivi di lavoro. Hanno avuto aumenti di carichi di lavoro, per esempio l’assessore Chiara Morichelli, molto brava, ma che ha avuto uno ”scatto” in più sul posto di lavoro e inevitabilmente ha dovuto lasciare il suo ruolo. Ha dovuto fare una scelta. La stessa cosa è capitata per le altre tre donne, la dottoressa Giovanna Seguiti che è un libero professionista e ha avuto le sue conseguenze dal punto di vista lavorativo. Anche lei ha inevitabilmente dovuto lasciare. Stessa cosa per Alessia Simeoni e Sabrina Cianchi. La cosa positiva è che questa squadra, oltre a essere uno staff di lavoro, rappresenta un gruppo di amici».
Galloni lo conferma?
«Non ne posso fare a meno. Rapporto ottimo con lui, c’è profondo rispetto, così come con tutti gli altri. Anche questa sarà una bella squadra, pronta a raccogliere una nuova sfida».
Pensi a un momento della sua consiliatura, bello o brutto che possa essere stato. Cosa le viene in mente?
«I momenti sono tanti. Sono momenti belli quando si riesce a portare a casa risultati, quando vediamo il sorriso delle persone aiutate, tipo le persone anziane, specie nel momento in cui il Covid la faceva da padrone. Le racconto un aneddoto, c’ea un signore anziano che voleva uscire di casa a tutti i costi, noi a spiegargli che non era possibile. Rispondeva “se mi lasciate in casa muoio”. Pensi, veniva in Comune e pur di stare fuori casa mi diceva “ti posso andare a fare la spesa?”. Ci sono stati momenti belli e momenti pesanti, non sono stati cinque anni sereni, ma li abbiamo superati».
Sindaco Maciucchi… lei che farà da grande?
«Finita questa esperienza tornerò alla mia famiglia, non ho velleità o aspirazioni di attaccamento morboso alla politica, probabilmente perché non ho nel mio dna la politica. MI sono messa in gioco solo per Trevignano. Pensavo di poter fare qualcosa, penso di averla fatta. Trevignano mi ha dato tanto, e spero nello stesso istante di poter pensare che anche io ho dato qualcosa a Trevignano».
Senta ma… non è che suo marito spinga i trevignanesi a votarla per farla stare fuori casa e restare più tempo da solo?
«Diciamo che con lui per il lavoro che fa (è un ristoratore, nda) c’è poca opportunità di vederci. Ma ogni tanto scherzando glielo dico che con me sindaco ha trovato il modo veloce per levarmi da torno».
Massimiliano Morelli

Ultimi articoli