19 Aprile, 2024
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Il settembre caldo dei partiti, fra amministrative e riforme

Il voto nelle grandi città, i lavori parlamentari – tra giustizia, Ddl Zan e parità salariale – promettono una ripresa movimentata per le forze politiche dopo la pausa estiva

 

La campagna elettorale per le amministrative, da una parte, e i lavori parlamentari che si annunciano fitti, dall’altra, promettono che sarà un settembre particolarmente caldo quello che si sta per aprire per le forze politiche. Anche ad agosto i leader e i principali esponenti dei partiti non hanno risparmiato scambi al vetriolo e richieste di dimissioni. E’ il caso di Pd e Lega: il primo, con Enrico Letta, ha pressato fino a far dimettere il sottosegretario leghista Claudio Durigon, dopo che questi aveva espresso il desiderio di cambiare nome al parco Falcone e Borsellino di Latina per tornare a quello del fratello del duce, Arnaldo Mussolini. La Lega, da parte sua, cannoneggia ormai quotidianamente la ministra Luciana Lamorgese, giudicata non all’altezza del suo compito del segretario leghista Matteo Salvini.

I sospetti leghisti

A questo si aggiungono i sospetti dei leghisti su un eventuale piano dem per portare al Quirinale un Pd e la preoccupazione per le parole di Salvini che sembra voler anticipare a prima del 2023 la fine del governo Draghi. Tensioni che sembrano destinate ad aumentare con l’approssimarsi del voto dei primi di ottobre e che riguarderanno anche i Comuni più grandi come Roma, Milano, Napoli e Torino. Ma non solo. A mantenere alti i toni del confronto politico fra forze che – è bene ricordarlo – governano insieme è anche il semestre bianco, iniziato dal 3 agosto con l’impossibilità di uno scioglimento anticipato delle Camere, spauracchio di gran parte degli eletti in Parlamento.

I rischi di questo stato di cose, tuttavia, non mancano e riguardano i provvedimenti in attesa di essere approvati, primi fra tutti quelli connessi al Piano nazionale di ripartenza e resilienza, il Pnrr. Come ha spiegato lo stesso Draghi, salutando i giornalisti prima delle vacanze e rivendicando il buon lavoro fatto finora, al rientro il governo dovrà mettere in campo “la stessa determinazione, se non maggiore, per affrontare le sfide e le risposte che dobbiamo dare a problemi urgenti, gravi” e in particolare “ci sono tutti i problemi che riguardano il lavoro e la sicurezza”, ha sottolineato.

Draghi ha elencato tra i vari temi in agenda, in primis, la questione Covid: “Cosa temere di più nei mesi a venire? Dobbiamo essere sicuri di aver fatto di tutto per evitare che la pandemia si aggravi: che basti o no non lo sappiamo. Tutto viene fatto sulla base delle evidenze e dei dati di oggi”, ha osservato.

Il capitolo scuola

Quindi, pandemia e lavoro, ma anche il capitolo scuola, con la ripartenza in presenza – è questo l’obiettivo – dell’anno scolastico. Poi le aziende in crisi (il Cdm nell’ultima seduta prima delle ferie ha varato un decreto ad hoc, con il rinvio a maggio dell’entrata in vigore del codice della crisi d’impresa), la riforma degli ammortizzatori sociali, l’agenda del Pnrr, la delega sulla riforma fiscale, la delega sulla concorrenza: “Insomma, la lista è lunga”, ha ammesso lo stesso premier.

Anche se non subito a settembre, ma comunque prima dell’inverno, il governo dovrà poi affrontare altri due temi ‘spinosi’: il reddito di cittadinanza e Quota 100. Il primo è uno storico cavallo di battaglia dei 5 stelle, che non intendono rinunciarvi nonostante le ‘picconate’ che arrivano dalle altre forze politiche di maggioranza, Italia Viva in testa (“E’ troppo presto per dire se verrà riformato ma il concetto alla base del reddito di cittadinanza io lo condivido in pieno”, ha detto Draghi). Il secondo è un provvedimento baluardo della Lega, ma ‘scade’ a fine anno e nella maggioranza c’è chi lo da’ già per defunto.

E’ prevedibile una meticolosa opera di mediazione da parte del premier anche sul fronte fisco: le commissioni Finanze di Camera e Senato hanno svolto una lunga serie di audizioni nell’ambito di una indagine conoscitiva (durata sei mesi), stilando una bozza di proposta. Inizialmente previsto per fine luglio, il ddl delega del governo sulla riforma fiscale è slittato a settembre. La riforma fiscale rientra nella road map delle riforme da approvare nell’ambito del Pnrr: tempi stretti, quindi.

Le spine della giustizia

Il governo dovrà anche varare il ddl sulla concorrenza, slittato a settembre per non aggiungere tensioni a quelle già in essere sulla riforma penale. C’è poi il capitolo ‘spinosissimo’ della giustizia: non solo la riforma penale, che ha gia’ superato, non senza difficolta’, il primo scoglio del voto alla Camera e che sarà all’esame del Senato subito alla ripresa dei lavori a inizio settembre e il cui testo dovrebbe arrivare in Aula ‘blindato’ (non è affatto escluso infatti il ricorso alla fiducia) per evitare assalti alla diligenza e modifiche (già annunciate dal leader 5 stelle Giuseppe Conte) che comporterebbero una terza lettura del provvedimento già frutto di una difficile mediazione e, quindi, riaprire il dossier sarebbe rischioso.

Da affrontare in autunno c’è anche la riforma del processo civile, all’esame di palazzo Madama. La commissione tecnica voluta dalla Guardasigilli Cartabia ha predisposto le sue proposte, ora tocca alle forze politiche raggiungere un’intesa sul complesso del testo.

La giustizia civile e la velocizzazione dei tempi dei processi rientrano tra gli impegni assunti con Bruxelles nell’ambito del Pnrr. Infine, il tema della riforma del Csm. Anche in questo caso la commissione Cartabia ha avanzato delle proposte. Ma il tema è tra quelli ‘divisivi’ e non sarà di rapida soluzione, almeno stando alle previsioni di chi si occupa del dossier. Sulla riforma incombe anche il referendum promosso dal Partito Radicale e sostenuto da diverse forze politiche, prima fra tutte la Lega, che ha già raggiunto la soglia delle 600 mila firme in tutta Italia.

Quanto agli altri temi all’attenzione del Parlamento, alla Camera, subito alla ripresa dei lavori il 6 settembre, è già calendarizzato per l’Aula il decreto sul Green pass, le cui misure sono entrate in vigore il 6 agosto. Con ogni probabilità nel testo saranno fatte confluire anche le ulteriori misure varate dal Cdm sempre sulla certificazione verde. Non si escludono tensioni: in commissione sono stati presentati circa 1.300 emendamenti (900 quelli della Lega) e nel partito di Salvini hanno gia’ fatto sentire la loro voce alcuni parlamentari (sarebbero circa una trentina) contrari alla misura.

La parità salariale

Sempre alla Camera, subito a settembre, dovrà essere esaminato e licenziato (entro il 18) in via definitiva il decreto sullo stop alle Grandi navi nella laguna di Venezia. Tra i temi in agenda anche la proposta di legge sulla parità salariale, la lotta contro il gender pay gap e contro le discriminazioni di genere sul posto di lavoro (si è già svolta la discussione generale, pdl fortemente voluta dal Pd) e la proposta di legge in quota FdI sull’equo compenso (ma vanno risolti alcuni problemi di coperture, tanto che il testo è dovuto tornare in commissione).

Infine, il capitolo ‘diritti’: si preannuncia ancora complicato l’iter del ddl Zan contro l’omotransfobia, all’esame del Senato ma finito in stand by per le divisioni interne alla maggioranza. Pd, M5s e Leu insistono affinché sia approvato senza alcuna modifica nella stessa versione già licenziata dalla Camera, mentre Lega e Forza Italia vogliono eliminare dal testo alcune parti ritenute ‘divisive’ (a partire dall’identita’ di genere). Determinanti i voti di Italia viva, che a Montecitorio aveva votato a favore ma nel passaggio al Senato ha sollevato perplessità chiedendo alcune modifiche. A settembre si riaprirà la partita sui numeri in Aula. L’ufficio di presidenza del gruppo Pd di palazzo Madama, prima di chiudere per ferie, ha deciso di chiedere alla prima capigruppo dopo la pausa estiva di tornare in Aula subito a settembre.

Eutanasia e cannabis

Sottoposte a meno pressing ma con un iter non meno complesso le proposte di legge all’esame delle commissioni di Montecitorio sull’eutanasia legale e sulla legalizzazione della cannabis. La raccolta firme per il referendum sulla legalizzazione dell’eutanasia, con un mese di anticipo, ha già toccato quota 750 mila, sulle 500mila necessarie, superando così la soglia di “sicurezza” per tornare in Cassazione, al riparo da ogni possibile errore, disguido o ritardo nella consegna.

Oltre 500 mila, fanno sapere dall’Associazione Luca Coscioni, arrivano dai tavoli “tradizionali” ma a dare l’accelerazione finale è stato il voto online: in 250mila hanno infatti sfruttato la nuova modalità di firme digitali, alle quali andranno sommate ancora quelle raccolte nei Comuni, nei consolati, negli studi di avvocati e da alcuni gruppi che si sono aggiunti alla mobilitazione nelle scorse settimane. Tra gli ultimi firmatari ci sono anche Roberto Saviano, Pif e Francesco Guccini. Le diverse posizioni dei partiti di maggioranza fanno ipotizzare un esame parlamentare lungo. Nel congelatore le altre riforme istituzionali, dalla legge elettorale fino ai ‘correttivi’ al taglio dei parlamentari.

(Agi)

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