19 Aprile, 2024
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Una ragazza di 26 anni è stata uccisa dall’ex fidanzato che era stato arrestato per stalking

Vanessa è stata raggiunta da un colpo di pistola alla testa mentre passeggiava ad Aci Trezza. Ferita un’amica. L’omicida, ai domiciliari a giugno ma poi liberato e sottoposto al divieto di avvicinamento, è stato trovato impiccato

Una missione di morte. Un piano omicida che non ha dato scampo a Vanessa Zappalà, 26 anni, uccisa nella notte ad Aci Trezza, frazione di Aci Castello, nel Catanese. L’ex fidanzato, Antonino Sciuto, 38 anni, è stato trovato impiccato a Trecastagni, poco lontano dal luogo dell’agguato.

Lei è di Trecastagni. Lui di San Giovanni La Punta, dove vendeva automobili. Era stato più volte denunciato per stalking a causa degli atteggiamenti violenti e la morbosa gelosia, e a giugno era stato arrestato, salvo poi tornare libero, con a carico un divieto di avvicinamento.

L’agguato è scattato intorno alle tre, nel lungomare, vicino al porticciolo: la giovane era in compagnia di amici quando sono iniziati gli spari; un proiettile l’ha colpita alla testa: un altro ha ferito di striscio alla schiena un’amica medicata dai medici del 118. Sono stati gli amici della vittima a indicare ai militari dell’Arma l’omicida e da quel momento è iniziata la caccia all’uomo.

Spiega il colonnello Piercarmine Sica, comandante Reparto operativo del comando provinciale carabinieri, che il 38enne a giugno era stato arrestato, su disposizione della procura di Catania, dai carabinieri di Trecastagni, dopo che la giovane vittima lo aveva denunciato.

Gli erano stati contestati, in quella circostanza, i reati di maltrattamenti in famiglia e atti persecutori. Era stato poi sottoposto ai domiciliari e successivamente il gip lo aveva liberato, imponendogli il divieto di avvicinamento.

Foto segnaletiche erano state diffuse dai carabinieri per trovare Antonino Sciuto: una con la barba, una senza. I militari dalla scorsa notte, senza sosta, hanno compiuto decine di perquisizioni nelle abitazioni dei parenti più stretti e degli amici dell’uomo accusato di omicidio. Sono stati attivati tutti i controlli tramite le celle dei telefoni cellulari per capire quale spostamento avesse compiuto l’uomo dopo avere sparato nella borgata marinara dei “Malavoglia” di Giovanni Verga.

Le ricerche nella tarda mattinata erano state estese anche in Calabria, nate dal sospetto che Sciuto potesse aver attraversato lo Stretto. Lui, invece, era andato verso la montagna, nel casolare di uno zio alle pendici dell’Etna, dove ha messo fine alla propria vita dopo aver scritto ai propri figli, due bambini, e ai genitori “vi voglio bene” su un pezzo di carta. Nel casolare non è stata trovata l’arma, ma nell’auto da lui utilizzata sono stati rinvenuti bossoli di 7.65 compatibili con l’arma utilizzata per l’omicidio di Vanessa.

“L’uccisione di Vanessa Zappalà è una sconfitta dello Stato, come tutti i casi di femminicidio annunciato. È Inaccettabile che non funzionino le misure di protezione, dopo una denuncia deve essere un imperativo categorico per tutti proteggere la donna”, afferma la senatrice del Pd Valeria Valente, presidente della Commissione d’inchiesta sul Femminicidio e la violenza di genere.

“L’inefficacia delle misure di protezione – prosegue Valente – impedisce di interrompere la spirale di violenza e rende anche difficile chiedere poi alle donne di denunciare. Rafforziamo quindi tutte le misure: dall’uso del braccialetto elettronico alla possibilità di arresto in flagranza per chi viola misure di protezione (una norma appena approvata alla Camera per emendamento alla riforma del Processo penale), ma anche il fermo per chi non è colto in flagranza, che vogliamo introdurre”.

(RomaToday)

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