28 Marzo, 2024
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I soldati afghani fuggono in Tagikistan di fronte ai talebani, il Paese rischia il caos

Dopo il ritiro delle truppe straniere, i miliziani fondamentalisti avanzano e minacciano ritorsioni

È sempre più concreto il rischio di caos in Afghanistan, dopo il ritiro delle truppe straniere dal Paese. Infatti, i talebani avanzano sul terreno, hanno già recuperato ampie porzioni di territorio ed è questione di mesi, se non settimane, prima che conquistino anche la capitale Kabul. E le fragili strutture di sicurezza afghane non sembrano in grado di reggere l’impatto dell’offensiva: l’esercito di Kabul non pare in grado di resistere di fronte a un’avanzata che, venuto meno il sostegno delle truppe straniere, appare inarrestabile. Un’ulteriore prova si è avuta nelle ultime ore: oltre un migliaio di soldati afghani, costretti a confrontarsi con i guerriglieri, hanno preferito fuggire nel vicino Tajikistan.

Adesso i talebani hanno anche minacciato ritorsioni nel caso in cui soldati stranieri rimanessero nel Paese dopo il prossimo settembre, mese in cui è previsto il completamento del ritiro delle truppe della Nato. “Se le forze straniere saranno lasciate” nel Paese, “violando l’accordo di Doha”, ha avvertito Suhail Shaheen in una intervista alla Bbc, “sarà la nostra leadership a decidere come procedere”. Ogni militare straniero dopo settembre “sarà considerato come un occupante”, ha tuonato Shaheen descrivendo l’attuale governo afghano come “moribondo”. Per Shaheen, inoltre, l’Afghanistan è un “emirato islamico”: la conferma, dunque, che il gruppo prevede di dare una base teocratica al governo e che si guarderà bene dall’accettare la richiesta di indire elezioni.

Le minacce

La minaccia di ritorsioni nei confronti dei militari stranieri che resteranno nel Paese risponde alle voci secondo le quali un migliaio di soldati statunitensi potrebbero rimanere nel Paese per presidiare le ambasciate e l’aeroporto di Kabul.

“Mi piacerebbe non dover voltare le spalle” al popolo afghano, ha detto domenica il generale Austin Scott Miller, comandante della coalizione Nato in Afghanistan. Pochi giorni fa l’alto ufficiale americano aveva messo in guardia dal rischio di lasciare il Paese ai talebani che “stanno rapidamente riguadagnando terreno”.

L’offensiva dei talebani negli ultimi due mesi è stata imponente: hanno riconquistato decine di distretti in varie zone del Paese, mai così tanti in uno spazio così limitato di tempo. Nelle ultime ore il gruppo fondamentalista islamico ha conquistato anche il distretto chiave di Panjwai, nella sua ex roccaforte di Kandahar.

L’offensiva per riconquistare territori nelle aree rurali del Paese è in corso dai primi di maggio, quando gli Stati Uniti hanno avviato il loro ritiro definitivo, il cui completamento è atteso per fine agosto. La caduta di Panjwai arriva due giorni dopo che le forze Usa e Nato hanno lasciato la base aerea di Bagram, vicino Kabul, da dove hanno guidato per due decenni le operazioni contro i talebani e i loro alleati di al-Qaeda.

Combattimenti intensificati

Nelle ultime settimane, i combattimenti si sono intensificati in diverse province: i talebani hanno annunciato di avere il controllo di oltre 100 dei quasi 400 distretti del Paese. Le autorità nazionali hanno contestato la cifra, ma hanno ammesso di essersi ritirate da diverse zone. La partenza delle forze straniere da Bagram – base aerea da cui fornivano vitale sostegno ai colleghi afghani – ha alimentato i timori che i talebani possano intensificare ulteriormente la loro offensiva.

Joe Biden ha confermato di voler completare il ritiro entro l’11 settembre, anniversario dell’attentato alle Torri Gemelle, ma probabilmente gli Usa vogliono ulteriormente accelerando i tempi. E adesso si pone il dubbio di chi possa prenderne il posto, anche se la Russia ha smentito che stia considerando l’opzione di inviare truppe. Nell’ultima settimana è diventata più concreta la possibilità che la Turchia si faccia carico della sicurezza dell’aeroporto di Kabul: una missione complicata e allo stesso tempo fondamentale per la stabilità dell’Afghanistan, tenendo conto che l’aeroporto costituisce un punto strategico da sempre nel mirino dei talebani, snodo fondamentale per missioni umanitarie, convogli diplomatici e visite ufficiali da parte del traballante governo afgano. La perdita dell’aeroporto segnerebbe la fine del governo di Kabul.

L’intesa Biden-Erdogan

Un accordo verbale è stato raggiunto dai presidenti Joe Biden e Recep Tayyip Erdogan durante l’ultimo vertice Nato; pochi giorni più tardi, in una visita ad Ankara una delegazione americana ha fatto pressioni perché la Turchia si faccia carico della sicurezza dell’infrastruttura da sola, continuando un lavoro iniziato nel 2013, ma al fianco degli eserciti di Usa, Francia e Ungheria. Il punto è che il ritiro occidentale ha accelerato una certa demoralizzazione, anche perché senza appoggio aereo diventa più difficile rifornire e sostenere gli avamposti più remoti. Pochi giorni fa lo stesso Miller aveva messo in guardia dal rischio di lasciare il Paese ai talebani: “Dovremmo essere preoccupati. La perdita di terreno e la rapidità di tale perdita sono preoccupanti. Se si guarda alla situazione della sicurezza, non è buona. I talebani sono in movimento“.

La fuga dei soldati afghani è stata scatenata dagli scontri in corso nella provincia del Badakhstan. Le autorità tagike hanno spiegato che i 1.037 soldati sono riparati oltre confine per “salvarsi la vita” ed hanno evocato il principio del “buon vicinato”. Adesso i combattimenti hanno raggiunto la periferia di Faizabad, la capitale del distretto, una città che conta 2,8 milioni di persone e che sarebbe sotto assedio.

La grande fuga

I video circolati nelle ultime ore hanno anche mostrato una folla di funzionari con le loro famiglie che si accalcavano verso un aereo in attesa di partire. Ma per tanti che fuggono, centinaia di migliaia rimangono indietro a Faizabad e in tutto il Badakhshan. “La maggior parte dei distretti del Badakhshan sta cadendo senza che neppure si combatta. Alcuni credono che il governo abbia stretto un accordo segreto con i talebani”, ha detto una fonte locale, che ha voluto dare solo il nome di battesimo, Abdul. “I segnali dei telefoni cellulari sono scomparsi in molte aree. La gente ha paura di quello che verrà dopo”. Di fronte alle successive debacle subite dall’esercito afghano, il Pentagono ha annunciato un possibile “rallentamento” delle operazioni e il generale Miller non ha escluso attacchi aerei contro le roccaforti degli islamisti.

(Agi)

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