18 Aprile, 2024
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Von der Leyen contro l’Ungheria: «La sua legge anti Lgbtq+ è una vergogna»

La presidente della Commissione annuncia una lettera alle autorità del Paese. Critiche, anche da Germania e Francia, alla Uefa per il no allo stadio arcobaleno

L’Ungheria è stata messa sotto esame, con una procedura aperta dal Parlamento europeo il 12 settembre 2018, per violazione dei valori dell’Ue (per la Polonia una procedura analoga è stata avviata dalla Commissione nel dicembre 2017). Martedì si sono svolte le audizioni dei due paesi – la quarta per la Polonia, la terza per l’Ungheria – di fronte ai ministri degli Esteri dei 27, a Lussemburgo. Secondo la relatrice per il caso ungherese, l’eurodeputata francese verde Gwendoline Delbos-Corfield, sarà «difficile» arrivare a una conclusione concreta, che potrebbe portare alla sospensione del diritto di voto per Varsavia e Budapest al Consiglio (il voto è all’unanimità, Polonia e Ungheria si sostengono a vicenda).

Ma ieri c’è stata un’accelerazione considerevole, che potrebbe cambiare la situazione, grazie al caso dell’illuminazione con i colori dell’arcobaleno dello stadio di Monaco di Baviera per la partita Germania-Ungheria, rifiutata dalla Uefa.

La Ue si sta muovendo per difendere i propri valori e alza la voce contro la nuova legge votata in Ungheria il 15 giugno contro le persone Lgbt+. La legge ungherese è stata aggiunta all’agenda del Consiglio europeo e sarà discussa stasera a cena dai leader dei 27. Quella legge «è una vergogna, discrimina le persone sulla base dell’orientamento sessuale e va contro i valori fondamentali della Ue – ha detto la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen – non faremo compromessi su questi principi, ho dato istruzione ai commissari responsabili di scrivere una lettera alle autorità ungheresi nella quale esprimiamo le nostre preoccupazioni legali prima che la legge entri in vigore». Ursula von der Leyen precisa: «Userò tutti i poteri della Commissione per fare in modo che i diritti di tutti i cittadini europei siano garantiti per chiunque e ovunque». Il presidente dell’europarlamento, David Sassoli, ha scritto a von der Leyen: «La Commissione deve applicare il regolamento sullo stato di diritto». E ieri sera il parlamento è stato illuminato con i colori arcobaleno.

Sul caso ungherese è intervenuta anche Angela Merkel: «Si tratta di una legge che non corrisponde alle mie idee, è qualcosa che rifiuto politicamente». Il suo portavoce, Steffen Seibert, ha criticato la Uefa: «La bandiera arcobaleno rappresenta come vogliamo vivere nel rispetto reciproco e senza discriminazioni». La Francia approva il termine «vergogna» usato dalla Commissione per la legge ungherese, esprime «vivissima preoccupazione» e critica la Uefa. «Ci dispiace – fa sapere l’Eliseo – perché la Uefa è certamente un’istanza religiosamente neutra e apolitica, ma ha dei valori e ha spesso agito in favore della promozione del rispetto e dei diritti delle minoranze. Da questo punto di vista, rinuncia a quei valori, non vuole farne un atto politico, ma rinunciando viene compiuto un atto politico». La buona notizia, per l’Eliseo, è che la Commissione si sta muovendo. Il vice-presidente Margaritis Schinas (che ha l’incarico di difendere il modo di vita europeo) afferma che «è molto difficile capire quello che la Uefa sta cercando di fare andando contro l’iniziativa di Monaco di illuminare l’Allianz Arena con i colori dell’arcobaleno in occasione di Germania-Ungheria, non trovo scuse ragionevoli, siamo sempre stati in prima linea nelle campagne per l’inclusione e anti-razziste». La Uefa si autogiustifica e ha messo l’arcobaleno sui social. Viktor Orbán fa finta di non capire, dice di essere un grande difensore delle libertà e se la prende con il regime comunista, quando «gli omosessuali venivano perseguitati». Ma ha rinunciato ad andare alla partita.

In occasione dell’audizione di martedì dell’Ungheria, che ha dovuto spiegarsi per gli attacchi all’indipendenza della magistratura, le limitazioni alla libertà di espressione, la corruzione, il non rispetto dei diritti delle minoranze, dei migranti e dei rifugiati, un gruppo di paesi ha firmato una dichiarazione congiunta di denuncia della legge anti persone Lgbt+. L’iniziativa è del Belgio, a cui hanno subito aderito Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Lituania, Lussemburgo, Olanda, Spagna, Svezia, Lettonia, Grecia, Austria e Cipro. La firma dell’Italia si è fatta attendere fino a sera. «Nessun giallo» ha spiegato il sottosegretario Amendola, l’Italia prudente ha prima «valutato» l’opportunità che la Commissione si occupi del caso.

(Il Manifesto)

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