19 Marzo, 2024
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L’esodo degli ultimi. Corridoi umanitari, parte un nuovo protocollo con la Libia

Lamorgese: «Presto in Italia 500 persone». Nel progetto Unhcr, Comunità di Sant’Egidio e Valdesi. Bassetti: come le analoghe iniziative Cei sono espressione di accoglienza e legalità

Ha dimostrato negli anni di essere uno strumento efficace e replicabile. Ed è così che i corridoi umanitari, che dal 2015 hanno portato in Europa 3.700 persone (più di 3mila in Italia) salvandole dalle traversate del Mediterraneo, adesso si arricchiscono di una ‘nuova rotta’: la Libia. Perché il Viminale, insieme a Unhcr, a Comunità di Sant’Egidio e Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, hanno firmato un nuovo protocollo che permetterà a 500 profughi di arrivare legalmente nel nostro Paese. Lo Stato italiano si occuperà di accogliere 300 profughi e Sant’Egidio e le chiese evangeliche gestiranno l’arrivo delle restanti 200 persone. Ad annunciarlo il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, nel corso dell’evento Governare le migrazioni. La buona pratica dei corridoi umanitariorganizzato dall’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede e dalla comunità di Sant’Egidio, presente il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti.

Un’occasione utilizzata dal ministro non solo per confermare che la pratica dei corridoi umanitari «va incrementata», ma anche per ipotizzare proposte per «un buon governo delle migrazioni, fenomeno complesso e strutturale » fatto di diritti e doveri «che devono andare di pari passo». Tra le ipotesi l’idea di rivedere il decreto flussi e di esaminare la possibilità di concedere «permessi di lavoro a tempo», per permettere ai migranti di entrare e uscire dai loro Paesi a seconda delle offerte di lavoro ricevute.

Ma l’Europa, ribadisce Lamorgese, deve cambiare atteggiamento non lasciando la gestione dei flussi ai Paesi di primo approdo: «Servono solidarietà e responsabilità». Occorre riscoprire «il coraggio di chinarsi sul prossimo e di curargli le piaghe», per dirsi davvero fratelli. Così il cardinale Bassetti, che ricorda come i corridoi umanitari siano «una salvezza», espressione di «accoglienza, fraternità ed integrazione, ma anche di legalità».

La Chiesa italiana, attraverso Caritas e Fondazione Migrantes, li promuove a sua volta e anche la prossima settimana arriveranno 43 profughi dal Niger salvati attraverso questo strumento. La dimostrazione, continua il cardinale, che «anche la Chiesa italiana vuole fino in fondo chinarsi sull’umanità. I corridoi umanitari sono quello che Gesù chiede a noi credenti e che la comune natura umana a cui apparteniamo, chiede a tutti noi».

I corridoi infatti si confermano «una prassi buona e replicabile, da generalizzare anche in altri Paesi Ue», perché è «un modello di integrazione win win», aggiunge il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo, che rilancia l’ipotesi di reintrodurre «le sponsorship per consentire l’ingresso legale nel nostro Paese, perché ci sono tanti posti di lavoro non impegnati». Inoltre il padrone di casa, l’ambasciatore Pietro Sebastiani, sottolinea come «accogliere significhi ampliare l’ingresso legale nel Paese e bilanciarlo con il rispetto dei diritti umani ». C’è infatti, «un’Italia solidale e diffusa che resta nell’ombra, ma perché – si chiede Paolo Naso, coordinatore di Mediterranean Hope – i corridoi non diventano una politica integrata dell’Ue? Forse l’Europa ha smarrito la sua identità e la sua anima».

(Avvenire)

 

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