29 Marzo, 2024
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Papa Francesco e la questione dei migranti: il Mediterraneo è un cimitero e l’Europa è sorda

Città del Vaticano – «Il Mediterraneo è diventato il più grande cimitero d’Europa». Papa Francesco ha voluto ricordare il naufragio più terribile che sia avvenuto nel canale di Sicilia.

E, nello stesso tempo, ha voluto sollevare il problema politico che ciclicamente si ripresenta sulla insensibilità di tanti governi ad aprire le proprie porte per dare ospitalità a chi arriva, spesso sfuggendo a guerre o carestie di origine climatica. Cinque anni fa centinaia di persone, oltre 700, tra cui decine di bambini, stipati come animali in una barca di 30 metri, morirono a circa 70 miglia dalle coste libiche. I migranti naufragati provenivano da Algeria, Egitto, Somalia, Nigeria, Senegal, Mali, Zambia, Bangladesh, Ghana.

«Questo pomeriggio si svolgerà ad Agusta, in Sicilia, la cerimonia di accoglienza del relitto della barca naufragata il 18 aprile 2015. Questo simbolo di tante tragedie nel Mar Mediterraneo continui ad interpellare la coscienza di tutti e favorisca la crescita di una umanità più solidale che abbatta il muro dell’indifferenza» ha detto il pontefice all’Angelus, rimettendo sotto i riflettori il problema insoluto di come dare attuazione alle politiche di accoglienza dopo che – ultimamente – si sono registrati in Europa altre drastiche chiusure.

Tre giorni fa il Papa ha avuto un incontro con i vertici della Comece, l’organismo che raggruppa le conferenze episcopali europee e tra i principali argomenti affrontati c’è stato proprio quello delle migrazioni. Subito dopo il colloquio avvenuto nel Palazzo Apostolico il cardinale Hollerich, presidente del Comece, ad una giornalista che gli chiedeva che riflessioni avessero fatto in merito, il porporato si è limitato a dire che la linea del Papa non sarebbe cambiata di una virgola. «Non si può rimanere in silenzio davanti a questo cimitero».

La predicazione del pontefice in materia, dunque,  è destinata a non subire correzioni di sorta, nonostante che in alcune nazioni (Germania, Danimarca, Olanda, Svezia, Francia, Austria) il dibattito sia sempre più acceso e orientato a fissare ulteriori restrizioni per rallentare il massiccio e potenziale flusso di persone alle porte dell’Europa.

Tra i discorsi più importanti fatti dal Papa sulla questione migratoria certamente va menzionato quello pronunciato mentre in volo, nel 2016, tornando dal viaggio in Svezia. Per la prima volta fece una distinzione tra la categoria del rifugiato e del migrante e mise l’accento sulla importanza dell’integrazione oltre che sulla responsabilità che grava sui politici a trovare una quadra tra il bisogno dei migranti ad avere accoglienza e la tutela degli equilibri nazionali da preservare.

Ecco cosa disse integralmente sull’aereo cinque anni fa. «Integrare in un popolo. Forse sbaglio, non sono sicuro, ma la Svezia ha 9 milioni di abitanti e 850mila sarebbero “nuovi svedesi”, cioè migranti o rifugiati. o loro figli. Si deve distinguere tra migrante e rifugiato. Il migrante deve essere trattato con certe regole, perché migrare è un diritto ma è molto regolato. Invece essere rifugiato viene da situazioni di angoscia, fame, guerra terribile e il suo status ha bisogno di più cura e di più lavoro. Anche in questo la Svezia sempre ha dato un esempio nel sistemare, nel fare imparare la lingua, e anche nell’integrare nella cultura. Sull’integrazione delle culture non dobbiamo spaventarci: l’Europa è stata fatta con una continua integrazione di culture. tante culture no? credo che, questo non lo dico in modo offensivo, ma come una curiosità, il fatto che oggi in Islanda, gli islandesi di oggi con la loro lingua possono leggere i loro classici di mille anni senza difficoltà, significa che è un paese con poche migrazioni, con poche ondate come ha avuto l’Europa, l’Europa si è fatta di migrazione…Cosa penso dei Paesi che chiudono le frontiere? Credo che in teoria non si possa chiudere il cuore a un rifugiato. C’è anche la prudenza dei governanti, che devono essere molto aperti a riceverli ma anche a fare il calcolo di come poterli sistemare, perché non solo un rifugiato lo si deve ricevere, ma lo si deve integrare. Se un Paese ha una capacità di integrazione, faccia quanto può. Se un altro ne ha di più, faccia di più, sempre con il cuore aperto. Non è umano chiudere le porte, non è umano chiudere il cuore e alla lunga questo si paga, si paga politicamente, come anche si paga politicamente una imprudenza nei calcoli e ricevere più di quelli che si possono integrare. Qual è il rischio se un migrante o un rifugiato non viene integrato? Vorrei usare questa parola: si ghettizza. Entra in un ghetto, e una cultura che non si sviluppa in un rapporto con un’altra cultura entra in conflitto, e questo è pericoloso. Credo che il più cattivo consigliere per i Paesi che tendono a chiudere le frontiere sia la paura e il più buono sia la prudenza. Ho parlato con un funzionario del governo svedese e mi diceva di qualche difficoltà perché vengono in tanti e non si fa a tempo a sistemarli e a trovare scuola, casa, lavoro. La prudenza deve fare questo calcolo. Io credo che la Svezia se diminuisce la sua capacità di accoglienza non lo faccia per egoismo, se c’è qualcosa del genere è per ciò che ho detto… guardano alla Svezia ma non c’è il tempo per sistemare tutti».

(Il Mattino)

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