28 Marzo, 2024
spot_imgspot_img

Silvio ci ha ripreso gusto. E propone il partito unico pure alla Meloni

“Basta, decido io”. Dopo l’assedio telefonico, il Cav cerca un modo per innescare il processo. Sognando il Colle

Sono stati un test di buona salute gli ultimi giorni del Cavaliere, sottoposto a un assalto telefonico che avrebbe stremato Ercole, da quando si è cominciato a parlare di federazione di centrodestra. Come ai bei tempi, ha ascoltato gli uni e gli altri, acceleratori e frenatori, facendo la tara delle argomentazioni, perché alla fine più della poesia, in questi casi, conta la prosa dei destini personali: le cariche, i seggi, i posti al sole.

Ci sta che, a un certo punto, non ha fatto mistero di essersi rotto gli zebedei. E ha chiesto di annullare tutte le riunioni, per evitare che diventassero una seduta di autocoscienza collettiva: “Adesso basta, datemi qualche giorno e decido io”. Con Salvini si è sentito un paio di volte, l’ultima lunedì pomeriggio. E di qui a una settimana – più o meno tanto dovrebbe durare l’istruttoria – si risentiranno per valutare le forme di un percorso comune. La poesia, intesa come orizzonte strategico, per Berlusconi consiste anche in un progressivo avvicinamento dell’alleato al Ppe, sia pur come percorso graduale. Già si immagina nel ruolo del padre nobile che alza la cornetta per rassicurare le cancellerie europee sul fatto che il ragazzo sta crescendo, ha messo la testa a posto rispetto alle giovanili intemperanze sull’euro, sostiene con convinzione il governo più europeista del mondo e poi, insomma, “garantisco io”. La prosa sono quelle questioni pratiche che una volta venivano sbrigate da Verdini, e che non lo hanno mai appassionato: c’è da fare di conto, ad esempio, per capire se un gruppo unico conviene o meno in termini di finanziamenti, contratti, prebende o se conviene tenerne due prevedendo una sorta di “speaker” comune senza andare a toccare le cariche, argomento sempre molto sensibile.

Sia come sia, la verità è che l’idea gli piace e sta cercando un modo per “innescare” il processo. Non a caso ha fatto circolare una sua intervista al Corriere del giugno 2019 dal titolo: “Nuovo governo oppure le urne. Ora la federazione di centrodestra”. In quell’intervista diceva: “Penso che le attuali formazioni del centrodestra debbano presentarsi unite alle prossime elezioni costituendo tra loro una federazione che presenti un unico programma”. Insomma, se avesse la bacchetta magica o il tocco magico, farebbe da subito un partito unico non solo con Salvini, ma con Salvini, la Meloni e tutti quelli che si sentono alternativi alla sinistra. Lo ha spiegato a Ignazio La Russa, in una lunga telefonata: “Ignazio, dobbiamo fare una cosa insieme anche con Giorgia”. Un po’ perplesso e consapevole dell’impraticabilità, l’ex triumviro dei tempi del Pdl ha ascoltato un piano entusiastico che prevedrebbe l’ingresso di Fratelli d’Italia al governo (proprio così), e un organigramma con Salvini segretario, la Meloni segretario organizzativo e Berlusconi nel ruolo di presidente onorario, per poi ca van san dire, essere il candidato del centrodestra al Quirinale.

C’è poco da fare, il Cavaliere ci ha ripreso gusto, anche a dispetto della realtà e di tutte quelle tappe che vorrebbe direttamente saltare. Prima ancora di equilibri, lamentele, veleni su questo o quel ministro che frena o su questo o quel che consigliere che accelera – e di veleni è piena la corte – c’è il sentiment di chi, dopo aver incarnato un centrodestra maggioritario, semplicemente si annoia a gestire un partito diventato una specie di Udc allargata, senza pensare a un ultimo grande giro di giostra: chi si lamenta che non ha fatto il ministro, chi si lamenta perché la Gelmini fa le riunioni carbonare al suo ministero con i contrari alla federazione, chi gli dice “se è così me ne vado”, chi semplicemente si chiede “cosa mi conviene?”. C’è una letteratura sterminata a riguardo. Di cui, uno dei capitoli più floridi, riguarda le due ministre che più si stanno spendendo contro “l’annessione di Salvini”.

Magari sarà pure un’annessione, ma un po’ si è berlusconizzato anche Salvini, la cui svolta “garantista” sulla giustizia non è roba mica da niente. In due anni è passato dal votare la legge Bonafede assieme a Di Maio, al sostegno dei referendum radicali sulla separazione delle carriere, dal governo con i Cinque Stelle alla federazione con Berlusconi. Si è pure scagliato contro la legge sui pentiti (ricordate quante polemiche contro “l’uso politico dei pentiti” e “i pentiti a comando”?). Altro che Ppe e menate varie. Questa sì che è musica, da quelle parti. Lo “speaker” c’è già. E dunque, why not?.

(Huffpost)

Ultimi articoli