19 Aprile, 2024
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Federazione Lega-Fi, Salvini accelera: «Incontriamoci la prossima settimana» 

Centrodestra. Il leader del Carroccio propone al più presto una riunione unificata dei due gruppi parlamentari. Forti resistenze tra gli azzurri, Toti e Brugnaro respingono l’avance

Piazzata la pietra angolare, Salvini sente Berlusconi al telefono e i due decidono di procedere con la Federazione. Il leader leghista Propone per la settimana prossima una riunione unificata dei gruppi parlamentari Lega e Fi, passo importante verso la realizzazione del progetto. Ma nel partito azzurro le resistenze sono forti. Se Mulè invita tutti ad «affidarsi alla lungimiranza del capo», cioè ad allinearsi senza pretendere di avere voce in capitolo, le ministre alzano le barricate. «Il ruolo delle varie componenti politiche del centrodestra va accentuato, non annacquato in una federazione», ripete Gelmini. In privato si dice certa di poter convincere il fondatore a ripensarci. Lei e l’ancor più agguerrita collega Carfagna insistono perché la scelta venga fatta solo dopo ampia consultazione dei dirigenti.

Il Signore d’Arcore ha messo nel conto alcune fuoriuscite, che ci saranno anche perché molti parlamentari sanno che con la bandiera azzurra non torneranno di certo in Parlamento e sono tentati di giocare la carta Toti-Brugnaro. Non a caso Coraggio Italia si è affrettato ieri a respingere con cortese fermezza l’avance del leghista: «Grazie a Salvini e tanti auguri ma diciamo di no». Però una uscita deflagrante come quella delle ministre è considerata molto improbabile.

Ma ci sono anche resistenze meno strenue, infinitamente più discrete ma neppure schierate senza mezzi termini con il gruppo di testa dei “federalisti”. Il pezzo da novanta qui è il portavoce Tajani, che un po’ frena: «Non c’è nessuna ipotesi di unificazione con la Lega. Andremo con il nostro simbolo. Salvini ha parlato di federazione e noi abbiamo cominciato a esaminare l’argomento». Senza fretta insomma. Con garanzie di piena parità e senza accontentarsi di un ruolo di facciata come quello di “presidente onorario” per Berlusconi. Avendo come modello, tra le tante formule adoperate in passato dal centrodestra, la Casa delle libertà, ciascuno con il proprio simbolo, e non il fallimentare Popolo delle Libertà. È anche un modo per alzare il prezzo. In questo momento tra i due leader è Salvini quello che ha più bisogno dell’accordo, e probabilmente proprio per questo il capo azzurro, che per gli affari ha fiuto, ha scelto di cogliere l’occasione propizia.

Per Salvini la federazione è fondamentale per due motivi. Non sarebbe un partito unico, anche perché i sondaggi commissionati già qualche giorno fa da Bruno Vespa registrano un risultato decisamente inferiore in caso di simbolo unico (25%) rispetto ai simboli separati (28%). Ma non sarebbe neppure un burocratico impegno a consultarsi prima dei vertici di maggioranza per presentarsi uniti e aumentare il peso contrattuale, come sostengono i minimizzatori. Salvini disporrebbe comunque di una massa di manovra di parecchi punti percentuali più alta nei sondaggi: per Meloni il sorpasso sarebbe impresa molto più ardua. Inoltre, federandosi con un partito che fa parte del Ppe, il leader leghista disporrebbe di un garante a Bruxelles, senza il quale sa di non poter arrivare a palazzo Chigi. Anche Berlusconi ha il suo tornaconto. Prima di tutto in termini di garanzia per le sue aziende, la costante invisibile ma onnipresente che orienta le sue scelte sin dalla discesa in campo. Poi perché, se riuscirà a contrattare vantaggiosamente l’intesa con Salvini, anche lui potrà far valere il peso di Fi molto più di quanto non gli garantisca ora il suo partito in fase di dissolvimento.

Nonostante tutti la pronostichino e molti la temano, la prospettiva del partito unificato non è dunque affatto dietro l’angolo. Neppure la si può escludere certo, ma perché prendesse corpo dovrebbero realizzarsi due condizioni che al momento non ci sono. Salvini dovrebbe bruciarsi i ponti alle spalle e chiedere l’ingresso nel gruppo del Ppe, portando così a compimento il processo di “normalizzazione” della Lega. E Berlusconi dovrebbe registrare una discesa tanto brusca nei sondaggi da voler evitare a ogni costo la verifica delle urne.

(Il Manifesto)

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