19 Aprile, 2024
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Come si vince il Campidoglio? Le periferie sempre decisive

Tutti gli ultimi sindaci di Roma hanno costruito il loro successo elettorale soprattutto lontano dal centro. tra le zone che più hanno condizionato il risulato delle urne, spiccano Ostia, Tor Bella Monaca, il Tuscolano e il Tiburtino

Le elezioni per il Campidoglio si vincono soprattutto in periferia, con picchi di polarizzazione del voto in alcuni quartieri più popolosi e disagiati. Perché nella Capitale su 2 milioni e 900 mila residenti circa 1 milione vive al di fuori del perimetro del Grande Raccordo Anulare, in Municipi grandi come medie città italiane, con quartieri distanti anche 25 chilometri dal centro storico.

Basta analizzare i flussi elettorali delle ultime tornate per osservare alcune costanti: tra le zone più decisive alle urne spiccano Ostia, Tor Bella Monaca, il Tuscolano e il Tiburtino. Conquistarle solitamente è garanzia di successo.

Di roccaforti dal voto fidelizzato ne sono rimaste poche, gli umori dell’elettorato sono diventati fluidi: il centro storico da alcuni decenni premia il centrosinistra, una serie di zone a Nord come Tor di Quinto e Cassia sono più schierate a destra, mentre il Movimento, Lega e Fdi ha messo radici nelle periferie.

Non a caso a marzo 2020 alle suppletive della Camera per il collegio centro storico Roberto Gualtieri, candidato di punta del Pd alle primarie del centrosinistra, si è imposto con oltre il 60% dei voti, mentre l’esponente in corsa per il M5s non è arrivata nemmeno al 5%. Un frammento di una dinamica nazionale che vede i dem ribattezzati come ‘partito della Ztl’.

Altra variabile da tenere a mente, la partecipazione dei romani al voto è crollata. Nel 2001 Walter Veltroni è diventato sindaco nella sfida con Antonio Tajani con 1,7 milioni di elettori alle urne. L’affluenza ha tenuto ancora fino al 2008, 1,5 milioni quando Gianni Alemanno si è imposto su Francesco Rutelli.

Ma già nel 2013 Ignazio Marino ha strappato Palazzo Senatorio ad Alemanno con poco più di 1 milione di votanti, mentre nel 2016 Virginia Raggi si è imposta su Roberto Giachetti con 1,2 milioni di persone ai seggi.

Tutti gli ultimi sindaci hanno costruito il loro successo elettorale soprattutto nelle periferie, con alcune sfumature. Nel 2008, anno della prima vittoria del centrodestra in Campidoglio, Alemanno è arrivato testa a testa con Rutelli in centro e lo ha staccato di 20 mila preferenze nell’allora Municipio XX, le borgate a Nord come Prima Porta, Labaro, La Storta. Altri 18 mila voti di scarto li ha accumulati a Tor Bella Monaca, 12 mila ad Ostia e 11 mila all’Eur.

Marino ha riportato il Campidoglio al centrosinistra nel 2013 imponendosi sia nel Municipio I – i rioni del centro storico e Prati – con 20 mila voti più di Alemanno. Ma anche nel popoloso Municipio VII, quello di Cinecittà e l’Appio Latino, dove ha staccato l’allora sindaco uscente di 40 mila preferenze. Anche le periferie e i quartieri della prima fascia urbana hanno premiato l’ex senatore e chirurgo: 16 mila voti più del rivale a Tor Bella, 20 mila ad Ostia, 18 mila al Nomentano e 23 mila al Tiburtino.

La Raggi invece ha letteralmente dilagato nelle periferie con 53 mila consensi in più di Giachetti solo nel Municipio VIII, quello di Tor Bella Monaca, Torre Angela e Ponte di Nona. Anche ad Ostia la sindaca pentastellata ha segnato una affermazione con 48 mila voti di scarto, al Tuscolano con 47 mila, al Nomentano con quasi 40 mila.

Numeri alla mano, solo con i Municipi III, VI, VII e X la sindaca uscente ha maturato circa 200 mila voti di vantaggio su Giachetti su un distacco complessivo di quasi 400 mila preferenze. Non stupisce, dunque, che la Raggi, in campagna elettorale già ad agosto scorso, stia concentrando buona parte delle sue iniziative su alcune periferie: San Basilio, Tor Bella Monaca, Ostia.

I serbatoi di voti. Quelle stesse zone che hanno premiato Lega e Fdi nelle ultime tornate elettorali nazionali ed europee. E dove il Pd è chiamato a ritrovare le sue radici di forza che si dichiara progressista e votata al sociale.

(Agi)

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