La delicatezza del ruolo dello psicologo nelle consulenze giudiziali nel procedimento di separazione, divorzio e affido di minori è quanto mai sentita in un settore come quello della violenza nelle relazioni intime o violenza domestica.

In “Violenza domestica e vittimizzazione secondaria nel procedimento di separazione, divorzio e affido dei minori”, testo recentemente pubblicato da Independently Published e disponibile su Amazon, ho passato in rassegna le principali criticità del lavoro dello psicologo Consulente Tecnico d’Ufficio in questo delicato contesto di intervento.

Alla luce delle raccomandazioni del Grevio, organismo ad hoc istituito presso il Consiglio d’Europa con il compito di monitorare l’applicazione della Convenzione di Istanbul da parte dei Paesi che l’hanno sottoscritta, e delle linee guida contenute nel Protocollo di Napoli, documento deliberato dall’Ordine degli Psicologi della Regione Campania, il CTU dovrebbe ridimensionare l’importanza del criterio dell’accesso nella valutazione delle competenze genitoriali. Tale parametro si sostanzia nel livello di disponibilità a cooperare, a riconoscere il diritto/dovere dell’altro genitore a partecipare alla vita del figlio e riconoscere il bisogno di quest’ultimo di accedere all’altro genitore. Quando assente, questo criterio secondo alcuni si correlerebbe all’instaurazione di dinamiche c.d. alienanti. Se è pressoché unanime l’importanza della cooperazione e della disponibilità verso l’altro genitore quali indici di buona competenza parentale, è anche vero che nei casi di presenza di dinamiche altamente abusanti il ricorso al criterio dell’accesso può tramutarsi in un ragionamento paradossale: se un bravo genitore è colui che incoraggia e favorisce i contatti con l’altra figura genitoriale, allora chiunque faccia richiesta dell’affido esclusivo non è un buon genitore e perde di conseguenza ogni possibilità di ottenerlo.

Altro punto delicato è relativo al concetto di madre instabile e vulnerabile e per questo figura genitoriale non idonea. La mancanza di conoscenza degli effetti della violenza potrebbe provocare, in capo alla vittima, la situazione paradossale di vedersi valutata quale madre non adeguata proprio a causa delle conseguenze delle violenze subite. Date le note conseguenze del disturbo post traumatico da stress sull’equilibrio psicofisico e comportamentale della persona che ha subito un trauma, il Protocollo di Napoli invita i consulenti tecnici d’ufficio a un sempre maggior approfondimento della specificità di questo disturbo rispetto a psicopatologie della personalità, al fine di evitare che condizioni riferibili a uno stato di emergenza situazionale contingente vengano confuse con inadeguatezze e fragilità strutturali della persona. La questione investirebbe anche la scelta della batteria psicodiagnostica da somministrare per la valutazione della personalità con inclusione di un test per la valutazione del trauma subito.

Dott.ssa Titti Damato

Psicologa iscritta all’Albo A dell’Ordine degli Psicologi del Lazio, esperta in Psicologia Giuridica

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