16 Aprile, 2024
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Giustizia, per la Consulta l’ergastolo a vita è incompatibile con la Costituzione. “Ma decida il Parlamento”

La Corte dà un anno di tempo alle Camere per cambiare la legge, come ha già fatto per il suicidio assistito e il carcere per i giornalisti

 

L’ergastolo “ostativo”, quello che non consente al detenuto destinato al “fine pena mai” di lasciare il carcere anche dopo 26 anni già scontati a meno che non abbia collaborato con la giustizia, “è incompatibile con la Costituzione”. E questo è un primo punto fermo. Ma, secondo la Consulta, dovrà essere il Parlamento a cambiare la legge. E la Corte dà un anno di tempo alle Camere per intervenire. Proprio come ha già fatto per il caso Cappato e il suicidio assistito e per il carcere ai giornalisti. Nel primo caso, poiché le Camere erano inadempienti, la Corte ha poi eciso da sola. Quanto alla stampa l’anno di tempo sta per scadere a giugno prossimo e il Parlamento è del tutto in alto mare.

Comunque la Corte ha già “bocciato” l’ergastolo “ostativo”. Perché è in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione che tutelano, il primo, “il pieno sviluppo della persona umana”, e il secondo “pene che non siano in contrasto con il senso di umanità e tendano alla rieducazione del condannato”. Quindi una legge come quella sull’ordinamento penitenziario, che lega la possibilità di ottenere la libertà dopo 26 anni solo nel caso della collaborazione, è “incostituzionale”.

Anticipando con un breve comunicato stampa la decisione, la Corte spiega che “la disciplina del cosiddetto ergastolo ostativo preclude in modo assoluto, a chi non abbia utilmente collaborato con la giustizia, la possibilità di accedere al procedimento per chiedere la liberazione condizionale, anche quando il suo ravvedimento risulti sicuro”.  In questa “preclusione” sta la sua incostituzionalità.

Ma stavolta – a differenza di due anni fa quando la Corte si pronunciò sulla possibilità di concedere i permessi mettendo nelle mani dei giudici di sorveglianza la decisione ed eliminando l’automatismo legato alla collaborazione – la Consulta non decide in proprio. E ne spiega anche le ragioni. Dice che “l’accoglimento immediato della questione rischierebbe di inserirsi in modo inadeguato nell’attuale sistema di contrasto alla criminalità organizzata”. E per questo rimanda al Parlamento la palla della decisione.

Sicuramente in questa scelta di prudenza avranno inciso le proteste di familiari delle vittime, come il fratello di Paolo Borsellino, e di magistrati antimafia come Nino Di Matteo, che già due settimane fa avevano accusato la Corte di dimenticare quanto il capo dei capi Totò Riina aveva chiesto nel 1993 con il suo “papello” allo Stato. Eliminare l’ergastolo era la condizione posta per mettere fine alle bombe che avevano già colpito Roma, Firenze e Milano, mentre l’ala stragista di Cosa nostra ne programmava delle altre, come quella allo stadio Olimpico e contro Piero Grasso.

Dai rumors – e in analogia con la sentenza del 2019 – tutti si aspettavano una bocciatura definitiva dell’ergastolo ostativo da parte della Consulta. Che avrebbe dato via libera ai giudici di sorveglianza per valutare caso caso le eventuali richieste di liberazione. La pronuncia di incostituzionalità c’è tutta, ma da domani le toghe dovranno attendere la decisione del Parlamento

(La Repubblica)

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