18 Aprile, 2024
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Hans Kung, il teologo progressista propugnatore della pace tra le religioni

La sua opera ha fatto la storia: dal Concilio Vaticano II allo strappo dei rigori romani quando contestò l’infallibilità papale

Sono sicuro che il professor Hans Küng è spirato guardando avanti, non indietro. Era giovane anche da anziano, poi da vecchio, sempre interessato al futuro dell’umanità. La sua teologia ha fatto la storia, dal Concilio Vaticano II allo strappo con i rigori romani, quando contestò l’infallibilità papale, alla successiva elaborazione di “Etica mondiale”.

La storia di Hans Küng si accavalla con la storia del Novecento, la sua teologia con il cammino conciliare e post-conciliare. Impossibile non ricordare subito la sua amicizia con l’altro teologo del Concilio, Joseph Ratzinger, dal quale dopo un lungo sodalizio progressista lo ha diviso il carattere e quindi scelte di vita successive. Una volta me ne parlò, di Ratzinger, come di un timido, o introverso: questo a suo avviso li aveva divisi davanti alla contestazione nella loro università, dove entrambi insegnavano. Lui, il veemente teologo di origini svizzere, la sfidò, incontrandola, interpretandola, correggendola, sfidandola, superandola. L’amicizia con Ratzinger rimase e quando il suo amico di un tempo divenne papa Hans Küng, dopo lo scontro con Giovanni Paolo II, gli chiese un incontro. La contestazione del dogma dell’infallibilità papale gli era costata la sospensione a divinis, che gli avrebbe impedito di in segnare teologia se fosse stato docente in Italia, dove teologia si può insegnare solo nelle università pontificie. Per sua fortuna lui insegnava in Germania, e rimase in cattedra nella grande Tubinga. Ma più del dogma e dell’infallibilità era l’enciclica Humanae Vitae il punto di grande importanza, o interesse. Forse il dogma e l’infallibilità non la riguardavano, visto che il teologo Gianni Gennari sostiene che Paolo VI fece dire all’atto della presentazione che la discussione era legittima, aperta. Di questo punto essenziale nella vita e nell’opera, enciclopedica, di Hans Küng ebbi modo di parlare con lui proprio quando chiese udienze al collega ormai di diverso parere divenuto papa. Fu così che lo chiamai per la mia prima intervista con lui. Il ragionamento sulla contraccezione fu lungo, complesso, affascinante. Hans Küng mi spiegò che a suo avviso c’erano scismi che la Santa Sede cercava giustamente di superare, di ricomporre, ai quali dedicava tanto impegno perché fossero risolti. Si riferiva ai tradizionalisti lefebvriani, quelli che non accettavano e non accettano il Concilio Vaticano II. Ma c’è uno scisma di cui non si occupa nessuno, mi disse: “è lo scisma dei cattolici normali, quelli che usano la pillola”.

Questa idea, questa visione dello scisma dei cattolici normali mi è rimasta da allora nella memoria – sono passati tanti anni- e sono sicuro di poter virgolettare queste parole perché disse così sebbene mi sembri che abbia detto anche “quelli che divorziano”, ma su questo ora non potrei mettere la mano sul fuoco. Non per la sua posizione sul divorzio, ma per la ricostruzione di quel passo della sua intervista.

Quanti partiti, quanti movimenti, quante Chiese, quante fedi non si occupano degli scismi delle persone normali? Dei fedeli normali, dei musulmani normali, dei cattolici normali, del compagni normali, degli iscritti normali, degli amici normali? Questo punto è stato un grande punto per me. Un punto di apertura, visione, quello che senza capire bene cosa diciamo diremmo “un punto di modernità”. Hans Küng era un appassionato sostenitore e propugnatore del dialogo, convinto che “non ci sarà pace tra le nazioni senza che ci sia pace tra le religioni”. Questa passione per il dialogo e l’incontro tra le grandi religioni, non solo quelle abramitiche, lo posero al vertice di quella che molti hanno chiamato l’ONU delle religioni e all’elaborazione della citata “Etica mondiale”. Questa sua attenzione per tutti – che lo ha condotto a scrivere opere importantissime su fedi che non erano le sue- è forse la parte più problematica della sua grande operosità e visione, quasi ritenesse che il dialogo fosse un fatto teologico più che di vita, di esperienze, di incontri tra persone.

Ciò non toglie che Hans Küng ha consentito a milioni di persone di ogni fede di capirsi e conoscersi, aiutando il rispetto e l’approfondimento della dimensione e realtà spirituale dell’altro. Ma il grande soggetto della sua ricerca e della sua vita è stato certamente il cristianesimo vivo. Così la sua opera ha messo intere generazioni a parte dei “paradigmi”, la sua grande creazione intellettuale che ha consentito a lettori di tutto il mondo di seguire e capire gli sviluppi della storia del cristianesimo dai tempi di Gesù a oggi. Ma anche il suo indiscutibile capolavoro, “Cristianesimo”, con quei punti evidenziati sulle domande per il futuro che riguardano tutti e tre monoteismi, dimostra la sua tensione verso il tutto, verso un cristianesimo davvero globale, inculturato, in relazione e quindi sempre aperto al domani.

Sono tantissimi i libri e le sfide di Hans Küng di cui non abbiamo parlato. E negli anni conclusivi della sua vita non potevano mancare le grandi riflessioni aperte ai nostri interrogativi sull’inizio dell’ultimo viaggio (più che sul cosiddetto fine vita). Un argomento che divide, non poteva mancare nella grande agenda di Hans Küng. E ora che ha intrapreso anche questo ultimo viaggio verso la casa del Padre il professor Hans Küng sarà felice di averci lasciato anche “Morire felici?”. Un autentico capolavoro di fede nel quale afferma: “ la mia posizione nei confronti della morte si può giudicare correttamente solo se si ha almeno una vaga idea del mio interesse costante per argomenti fondamentali come la questione di Dio, l’essere cristiani, la vita eterna, la Chiesa, l’ecumenismo, le religioni mondiali, l’etica mondiale eccetera.” Questo glielo dobbiamo, con gratitudine e credo di aver rispettato la sua passione per Dio in questo commosso saluto a un grande teologo, un uomo che è stato sempre in tensione. Vivo. Grazie professor Hans Küng.

(Globalist)

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