18 Aprile, 2024
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Astrazeneca, domande e risposte: quanto è sicuro ed efficace

A chi è consigliato e perché alcuni Paesi hanno ristretto l’utilizzo agli over 55-60 dopo i casi di trombosi

Che tipo di vaccino è AstraZeneca?

Oxford-AstraZeneca (che di recente ha registrato il nuovo nome, Vaxzevria) è un vaccino a vettore virale. Usa un adenovirus di scimpanzé inattivato e incapace di replicarsi. Nell’adenovirus è inserita la sequenza genetica della proteina spike del coronavirus. L’adenovirus entra nelle nostre cellule, la sequenza genetica ordina loro di produrre la spike. Questa proteina esce poi dalle cellule e incontra il sistema immunitario, che si attiva e la memorizza, imparando a riconoscere il coronavirus come nemico.

Qual è l’efficacia misurata negli studi di AstraZeneca?
L’Agenzia europea per i medicinali (Ema) parla di un’efficacia del 60% nel prevenire l’infezione e 100% di efficacia nel prevenire ricoveri e decessi. L’Ema ha preso in considerazione 2 dei 4 bracci di sperimentazione condotti da AstraZeneca (gli altri non erano significativi): quello in Gran Bretagna e in Brasile. In tutto, hanno avuto il Covid con sintomi 64 volontari su 5.258 fra coloro che hanno ricevuto il vaccino e 154 su 5.210 fra coloro che hanno ricevuto il placebo.

Qual è il dosaggio scelto?

Due dosi, a una distanza compresa tra 4 e 12 settimane l’una dall’altra. Il braccio sperimentale che in Gran Bretagna aveva ricevuto per sbaglio mezza dose, ottenendo un’efficacia del 90%, non è stato considerato da Ema: troppo pochi i volontari coinvolti. L’Italia ha fissato il richiamo tre mesi dopo la prima dose. Il vaccino è venduto in fiale da 10 dosi da conservare a temperatura di frigo (2-8 gradi). La protezione inizia 3 settimane dopo la prima dose ed è completa 2 settimane dopo la seconda.

Per quali fasce d’età è consigliato?

Dai 18 anni in su, le età sulle quali è stato testato. Ema nell’atto di autorizzazione avena precisato che “la maggior parte dei volontari aveva fra 18 e 55 anni. Non ci sono risultati sufficienti sull’efficacia sopra ai 55 anni”. In alcuni Paesi, compresa l’Italia, all’inizio AstraZeneca è stato prescitto solo per gli under 55. Dopo il via libera dell’Ema è stato successivamente autorizzato anche per gli over 55. In Italia è ancora così ma alcuni Paesi, dopo l’insorgere di eventi avversi hanno limitato l’uso di AstraZeneca alle persone con più di 55-60 anni.

Perché si concentrano i dubbi su Astrazeneca?

Perché pur rarissimi, i casi di trombosi tra i vaccinati con AstraZeneca continuano ad avvenire. L’Agenzia europea per i medicinali (Ema) il 31 marzo aveva censito 62 casi sospetti nel mondo, di cui 44 nell’area economica europea, con 14 morti, su 9,2 milioni di iniezioni. Il 18 marzo erano 25. La Gran Bretagna in più venerdì scorso ha annunciato di averne osservati 30 sospetti, di cui 7 fatali, su 18,1 milioni di iniezioni con AstraZeneca (31 milioni le vaccinazioni totali nel paese, incluso Pfizer). Per l’Ema gli eventi avversi sospetti si calcolano intorno a uno ogni 100 mila vaccinati al di sotto dei 60 anni. Ma una nuova riunione dell’Agenzia regolatoria è prevista per martedì prossimo. Si concluderà venerdì.

Quali sono i Paesi che hanno adottato misure restrittive?

L’Olanda ha deciso di sospendere le somministrazioni di AstraZeneca al di sotto dei 60 anni, dopo 5 casi di trombosi in altrettante donne tra i 25 e i 65 anni, con un decesso, su 400mila iniezioni. Lo stesso aveva deciso la Germania il 31 marzo. I casi sospetti nel paese erano cresciuti da 7 il 18 marzo a 31, con 9 decessi. La Francia non aveva mai ripreso, nemmeno dopo il via libera dell’Ema del 18 marzo, al di sotto dei 55 anni. Lì si sono registrati 12 casi sospetti con 4 decessi su 1,9 milioni di dosi inoculate. In Canada dal 29 marzo AstraZeneca viene usato solo sopra ai 55 anni, in Svezia Finlandia sopra ai 65.

Per quanto riguarda le reazioni avverse qual è la differenza rispetto ad altri vaccini?

Le reazioni avverse sono contemplate per ogni vaccino ma i primi dati confermano casistiche diverse a seconda del farmaco. Emer Cooke, la direttrice dell’Ema, lo ha spiegato in una conferenza stampa del 31 marzo: i casi sospetti di AstraZeneca sono stati 4,8 per milione, con Pfizer-BioNTech 0,2 per milione e nessuno con Moderna (che però è stato somministrato assai meno in Europa).

La Germania ha deciso che chi ha avuto la prima dose con AstraZeneca potrebbe ricevere la seconda con un altro vaccino. Perché? 

Perché il 30 marzo la Germania ha raccomandato AstraZeneca solo alle persone con più di 60 anni. La decisione è nata dai rarissimi casi di trombosi avvenuti in alcuni giovani che avevano ricevuto quel vaccino. Gli under 60 che hanno ricevuto la prima dose con il prodotto messo a punto da Oxford (2,2 milioni di tedeschi), dopo la raccomandazione, resterebbero senza richiamo. Si pensa allora di somministrargli la seconda dose con un altro dei vaccini disponibili: probabilmente Pfizer o Moderna.

Qual è il problema nel diversificare prima e seconda dose? 
“Teoricamente nessuno, anzi due vaccini diversi potrebbero anche stimolare meglio il sistema immunitario” spiega Sergio Abrignani, professore di immunologia alla Statale di Milano e membro del Comitato tecnico scientifico. “Il problema è che non abbiamo una conferma pratica dalle sperimentazioni. Alcuni di questi studi sono in corso e presto ci daranno risultati. Ma al momento non abbiamo dati sull’efficacia di due vaccini usati in combinazione”.

Perché la scelta cade su Pfizer e Moderna, visto che da metà aprile sarà disponibile anche Johnson&Johnson e il richiamo di AstraZeneca si fa dopo 2-3 mesi? 
Perché sono vaccini che funzionano con metodi diversi. AstraZeneca-Oxford sfrutta il vettore virale: un adenovirus entra nelle cellule e ordina loro di produrre la proteina spike del coronavirus. Pfizer e Moderna danno l’ordine alle cellule di produrre la spike iniettando direttamente una molecola di Rna messaggero. “Il metodo del vettore virale ha un possibile limite” spiega Abrignani. “Il sistema immunitario reagisce anche contro l’adenovirus, non solo contro la spike. Una prima iniezione lo troverebbe ancora impreparato, perché si è scelto di usare adenovirus di primati che il nostro organismo non ha mai incontrato. Ma l’efficacia della seconda dose potrebbe essere ridotta proprio a causa della risposta immunitaria suscitata dalla prima dose. Per superare questo problema, detto immunità contro il vettore, lo Sputnik usa due adenovirus diversi per la prima e la seconda dose”.

L’Rna non ha questo problema? 
No, non c’è problema d’immunità contro un vettore con i vaccini a Rna né con quelli che usano proteine ricombinanti come Novavax e Sanofi, che saranno pronti fra qualche mese. “Questo è un fattore importante, visto che potremmo ritrovarci a dover affrontare le varianti con nuovi richiami. Continue somministrazioni di adenovirus rischiano di diventare progressivamente meno efficaci” spiega Abrignani.

Perché i risultati potrebbero essere addirittura migliori con due vaccini diversi? 
“Teoricamente, due vaccini che usano metodi diversi potrebbero stimolare parti diverse del sistema immunitario” spiega l’immunologo della Statale. “Quelli che usano proteine ricombinanti fanno produrre più anticorpi, incaricati di bloccare i virus all’esterno delle cellule, impedendo che si leghino con i recettori e vi penetrino. I dati preliminari di Novavax sono molto promettenti: si sono visti anticorpi almeno 5 volte superiori rispetto a chi ha avuto un’infezione impegnativa. I vaccini cosiddetti genetici – vettori virali, Rna e Dna – tendono invece a stimolare di più i linfociti T CD8, che hanno invece il compito di uccidere le cellule già infettate dal virus. Qui gli anticorpi sono 1-2 volte rispetto ai convalescenti. Anticorpi e linfociti T sono due sistemi complementari. E’ impossibile prevedere quale dei due sarà capace di proteggerci dal coronavirus per tempi più lunghi. Ma l’idea di attivarli entrambi appare molto sensata”.

(La Repubblica)

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