29 Marzo, 2024
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Recovery fund, la doccia fredda dalla Corte costituzionale tedesca. Approvazione in discussione, si passa dal verdetto dei giudici

La politica ha approvato con una maggioranza storica il finanziamento con bond comuni al piano europeo per la ripartenza.

Ma i timori degli euroscettici hanno riportato il dossier all’attenzione di Karlsruhe, già in passato chiamata a valutare l’operato della Bce. Il giudizio è atteso in fretta, ma non manca la preoccupazione

 Ieri il voto storico, con un numero da mandare a memoria: 478 sì, oltre due terzi del Bundestag. Stamane la conferma, con il varo del Bundesrat, al via libera della Germania al Recovery Fund e alla possibilità che venga finanziato con mezzi propri, compresi bond comuni. E anche se Angela Merkel si era affrettata a puntualizzare che si tratta di un una tantum legato alla pandemia, è chiaro che quei cripto eurobond sono ormai legge e si avviano ad avere l’ok di tutti i Parlamenti europei. Ma nel primo pomeriggio è arrivata la doccia fredda dalla Corte costituzionale di Karlsruhe: prima della firma del presidente della Repubblica Frank-Walter Steinmeier, i togati dovranno aver emesso un verdetto sui ricorsi fioccati sin dalle prime ore dell’approvazione del Parlamento.

Il primo a presentare ricorso è stato il fondatore dell’Alternative für Deutschland, l’euroscettico Bernd Lucke (uscito poi dall’ultradestra quando era scivolata su posizioni troppo radicali). I timori di Lucke, espressi già nei giorni scorsi, è che alcuni Paesi non siano in grado di ripagare i debiti del Recovery e che l’onere ricada sugli altri. Ovviamente la Germania sarà il principale garante, in proporzione, dei titoli che saranno emessi per finanziare il fondo anti-pandemia.

Finora sono tredici i Paesi che hanno dato il via libera al Recovery Fund: Italia, Spagna, Francia, Portogallo, Grecia, Cipro, Lettonia, Belgio, Lussemburgo, Malta, Slovenia, Croazia e Bulgaria. E la Commissione sta pressando i Paesi membri ad accelerare sulle ratifiche per consentire un avvio rapido dell’erogazione dei fondi.

In passato Karlruhe si è trasformata spesso nelle forche caudine di decisioni europee delicatissime, soprattutto durante la crisi finanziaria. Il bersaglio preferito degli economisti e giuristi tedeschi che correvano a Karlsruhe per fermare provvedimenti che ritenevano lesivi della sovranità tedesca è stata la Bce, e i togati costituzionali hanno espresso verdetti sullo scudo anti-spread Omt del 2012 o sul Quantitative easing del 2015.

Ogni volta la sentenza ha concesso, a volte con qualche riserva o chiarimento, il via libera. Ma ogni volta che i giudici di Karlsruhe sono chini su un ricorso, l’Europa è costretta a stare per settimane, mesi, anni, con fiato sospeso. Stavolta, secondo fonti vicine al dossier, il verdetto dovrebbe arrivare “probabilmente in fretta”, proprio perché i togati sono consapevoli che i Parlamenti di altri 14 Paesi lo stanno votando. Ma sull’esito, la fonte non nasconde “preoccupazione”. Anche se la legittimazione di due terzi del Bundestag, aggiunge, “è una buona premessa” per un verdetto positivo. Perché al centro di ogni ragionamento di Karlsruhe c’è anzitutto la sovranità parlamentare.

(La Repubblica)

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