20 Aprile, 2024
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Inclusione. L’Agenzia spaziale europea cerca astronauti con disabilità

Per la prima volta aperta una selezione a personale qualificato portatore di una disabilità fisica. Le navicelle saranno adattate ai parastronauti

Il potere dell’inclusione. L’Agenzia spaziale europea spiega così la ragione della scelta di mandare nello spazio dei parastronauti. Per la prima volta, parteciperanno a una missione dei portatori di disabilità, ovvero, come dice l’Esa, «individui che sono psicologicamente, cognitivamente, tecnicamente e professionalmente qualificati per essere astronauti, ma hanno una disabilità fisica che normalmente impedirebbe loro di essere selezionati a causa dei requisiti imposti dall’uso dell’attuale hardware spaziale».

L’ESA è pronta a investire per adattare navicella e tutto quel che la circonda. Parrà impossibile, ma lo è quanto eliminare le barriere architettoniche da una scuola. Anzi, si potrebbe persino scoprire che è più facile mandare un disabile nello spazio che farlo entrare in un ufficio pubblico. L’Agenzia spaziale non lo fa a cuor leggero. Parla di «molte incognite», non garantisce che il volo avverrà comunque, ma assicura che si tratta di un «tentativo serio, dedicato e onesto» per aprire lo spazio a «professionisti altrimenti eccellentemente qualificati». L’operazione, che costerà oltre un milione di euro, prevede un approfondito studio scientifico e, come spesso accade, porterà probabilmente a una serie di scoperte capaci di riverberarsi in molti altri campi “terrestri”.

Alla base di questa decisione vi è, appunto, il «potere dell’inclusione»: come spiegano all’Esa, «poiché crediamo che l’esplorazione sia frutto di uno sforzo collettivo, abbiamo bisogno di ampliare il pool di talenti su cui possiamo contare per continuare a progredire nella nostra impresa. Un modo efficace per farlo è quello di includere più persone dotate di diversi generi, età e background, ma anche persone con bisogni speciali, persone che vivono con disabilità fisiche. In questo momento siamo al punto zero. La porta è chiusa alle persone con disabilità. Con questo progetto pilota abbiamo l’ambizione di aprire questa porta e fare un salto, passare da zero a uno». Ovviamente, la missione deve essere «sicura e utile come qualsiasi altra missione», le incognite sono molte, si lavora con il Comitato Paralimpico Internazionale per analizzarle e superarle, considerando anche il livello di disabilità in relazione alla sicurezza della missione. Infine, modificando l’hardware.

Alla base di quest’operazione ci sono alcuni valori: oltre all’inclusività, la responsabilità, la capacità di dare l’esempio e quella di imparare dalle nostre differenze. Concretamente, verrà aperta una selezione per persone che abbiano tutte le qualifiche per il lavoro di astronauta e le seguenti disabilità: persone che hanno una deficienza dell’arto inferiore (ad esempio a causa di un’amputazione o di una deficienza congenita dell’arto) come deficit di un piede singolo o doppio fino alla caviglia (amputazione di lisfranc) e deficit di una o due gambe sotto il ginocchio; persone che hanno una differenza di lunghezza delle gambe (arti mancanti o accorciati alla nascita o a seguito di un trauma); persone di bassa statura (inferiore a 130 cm). Non è possibile al momento considerare persone che abbiano deficit mentali.

(Avvenire)

 

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