9 Dicembre, 2024
spot_imgspot_img

Brexit: accordo raggiunto. La Gran Bretagna dice addio all’Erasmus

Von der Leyen: “Intesa equilibrata”. Johnson: “Rispettate le promesse fatte ai britannici”

Londra, 24 dicembre 2020 – E’ un giorno storico per la Gran Bretagna e per l’Unione Europea. E’ il giorno dell’accordo sulla Brexit: l’intesa commerciale è stata raggiunta, ad annunciarla Ursula Von Der Leyen, presidente della Commissione Ue e Boris Johnson, premier britannico. Sono 2000 pagine circa di testo che allontanano l’incubo di un traumatico ‘no deal’. Quello che tutti chiamano già “l’accordo della vigilia di Natale” entrerà in vigore dal primo gennaio 2021, scadenza della fase di transizione post divorzio, seppure soggetta alle ratifiche parlamentari (Strasburgo esaminerà il testo in gennaio, Johnson auspica che Westminster dia il via libera già entro la fine dell’anno).

Von der Leyen

“Abbiamo finalmente trovato un accordo, è buono, equilibrato e la cosa più responsabile da fare per entrambe le parti”. Così in conferenza stampa Ursula von der Leyen. “I negoziati sono stati difficili” ma “era un accordo per cui valeva la pena di battersi”, aggiunge. L’intesa “portegge i cittadini europei”, ma ora “ci possiamo lasciare alle spalle la Brexit”. Un accordo “senza precedenti”, sottolinea il capo negoziatore Michel Barnier. Che conferma poi come il Regno Unito abbia deciso di non partecipare al programma Erasmus per gli studenti.

Londra

“The deal is done”, annuncia Boris Johnson su Twitter. Downing Street in una dichiarazione sottolinea che l’accordo sulla Brexit rispetta “tutte le promesse fatte al popolo britannico”. E assicura che il testo rispecchia la volontà popolare “espressa nel referendum” del 2016. Secondo Londra l’accordo “protegge l’integrità del nostro mercato interno e la posizione dell’ Irlanda del Nord al suo interno”.

Ci saranno “grandi cambiamenti”, ammette Johnson in conferenza stampa parlando dell’accordo come un “compromesso ragionevole”. Il premier non nega possibili contraccolpi logistici nell’immediato, rigettando però la contestazione di un giornalista sul fatto che comunque l’intesa non potrà impedire la nascita di barriere doganali, a differenza di quanto da lui detto.

Nelle sue parole il deal raggiunto è un accordo di libero scambio potenziato rispetto a quello che l’Ue ha con il Canada ed “è esattamente ciò di cui il nostro Paese ha bisogno” per il dopo Brexit.

Nella sua narrativa, il deal e l’uscita dal mercato unico europeo offriranno anche “nuove chance”, inclusa l’opportunità di commerciare liberamente e globalmente con il mondo.

Rammarico per l’uscita dal programma Erasmus: “Decisione difficile, ma era estremamente costoso”.

Il nodo pesca

Uno dei temi più dibattuto è negoziato fino all’ultimo è stato quello della pesca. La soluzione sarebbe quella di un compromesso reciproco che attribuirà ai Paesi Ue quote di pesca nelle acque britanniche non superiori al 25%, ma per un periodo di 5 anni e mezzo garantito; contro il 35% (ma per soli 3 anni garantiti) evocato finora da Londra.

Chi ha vinto?

Ancor prima dell’annuncio, è partita la corsa ai bollettini di vittoria contrapposti. Alla Francia, che nella notte evocava presunte “concessioni” chiave di Londra sul dossier residuo della pesca, il governo di Boris Johnson risponde negando seccamente la ricostruzione di Parigi sul punto. Mentre sul sito scandalistico GuidoFawkes compare un documento, presentato come una sorta di circolare interna condivisa ieri da Downing Street con i vari ministeri britannici, nel quale si evidenzia un bilancio negoziale più che positivo per il governo Tory: se non altro basandosi sui punti iniziali di partenza della trattativa e sui rapporti di forza svantaggiosi per l’isola rispetto al fronte di 27 Paesi rappresentato da Bruxelles.

Stando a questa tabella, su 65 temi nodali presi in considerazione, il Regno porterà a casa un 43% di “vittorie” negoziali, contro un 40% di compromessi reciproci e solo un 17% di ‘sconfitte’ nette dinanzi alle richieste Ue.

Sulla pesca, il risultato finale, appare un pareggio; mentre i negoziatori del governo Johnson guidati da David Frost l’avrebbero spuntata su aspetti chiave della governance sui contenziosi futuri (con l’esclusione di qualunque giurisdizione della Corte Europea), sulle barriere tecniche doganali al confine, sul futuro sganciamento dei servizi legali e finanziari, su una certa indipendenza nel modello di tassazione.

Rivendicazioni che il fact checking condotto da analisti della Bloomberg e del Financial Times confermano peraltro solo in parte. Con Sam Lowe, firma del Ft, che su Twitter riconosce in effetti come “legittima” la soddisfazione del governo Tory su un insieme di questioni più limitate, seppur significative: il fatto che l’accordo non sembri prevedere un “allineamento dinamico” alle norme europee (su aiuti di Stato, tutele dei lavoratori e dell’ambiente, qualità dei prodotti, eccetera) nell’ambito del cosiddetto level playing field a garanzia della futura concorrenza; sull’esclusione della Corte di Giustizia Europea dalle dispute che potranno sorgere in avvenire; sulla limitazione del diritto automatico dell’Ue a ipotetiche ritorsioni commerciali post Brexit; su aspetti simbolici del recupero del controllo delle acque territoriali sulla pesca.

(Quotidiano.net)

Ultimi articoli