29 Marzo, 2024
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Dalla parte degli invisibili. La tragedia dei più poveri tra noi

Il lockdown ancora non c’è. I tre abissi, invece, già sono dinanzi agli occhi coraggiosi, ma anche impauriti, dei volontari Caritas in ogni angolo del Paese:
  • l’abisso dei già poveri, che sprofonda ancora giù sotto ogni soglia minima di dignità;
  • l’abisso degli impoveriti dalla scorsa primavera, che appena appena stava provando a rimettersi in piedi;
  • l’abisso di chi vede avvicinarsi il buco nero della ‘vergogna’ per affitti, bollette e spese che non si possono più sostenere.

L’ultimo decreto economico del governo persegue – ed è comprensibile – la logica dei precedenti interventi emergenziali: frenare quanto più possibile la caduta verso la povertà di ampi pezzi del mondo del lavoro, comprese le ‘finte’ partite Iva, gli ultraprecari, i saltuari, gli stagionali, il sommerso.

È crudo dirlo ma, non basta e non può bastare. Perché l’abisso dei già poveri resta completamente sguarnito da ogni forma di protezione. Il primo appello viene da Napoli, dalla Campania: le Caritas, con toni forti perché disperati, avvisano la Regione che le strutture assistenziali per gli invisibili sono allo stremo, e che ormai le istituzioni a ogni livello – catalizzate dall’emergenza sanitaria – stanno sottraendo attenzione e risorse agli ‘ultimi tra gli ultimi’. Gli invisibili, dicono i direttori delle Caritas campane, sono diventati ormai fantasmi. Le persone senza dimora.

Anziani soli e isolati da ogni rete familiare e comunitaria. Famiglie piagate dal mix letale tra disagio economico, una casa insalubre, la presenza tra le mura di disabili, minori o adulti

Fantasmi ormai, come i nuclei in cui la sofferenza economica incrocia i problemi della malattia psichica, dell’alcool, della tossicodipendenza, dell’azzardopatia. Da anni alla ‘lista’ degli invisibili si sono aggiunti i padri separati e, dicono gli ultimi dati, i microimprenditori che hanno il coraggio di ricorrere alla Caritas anziché farsi irretire dal ricatto della microusura (piccole somme da 2-300 euro, spesso ‘offerte’ da un parente o da una persona vicina).

Nessuna di queste enormi questioni sociali è scomparsa con il Covid, anzi tutto si è moltiplicato per cento e per mille, eppure – dai Comuni al Parlamento, dalle Regioni al governo nazionale – questi temi sono scomparsi dall’agenda. Situazioni così oltre i limiti della dignità, situazioni di così profondo isolamento e stigma da far apparire ingenuo chiunque pensi che lì, in quelle case o non case, senza aiuti e assistenza, si possa compilare un modulo per i sussidi, attivare la didattica a distanza per un bambino, accedere ai servizi pubblici sanitari e sociali, essere informati sulle regole contro il contagio, riconoscere i sintomi della malattia, accedere alle cure anti-virus. In tempo di Covid, degli invisibili, ora fantasmi, si occupa ormai solo e unicamente la rete gratuita della Carità con risorse umane ed economiche – in grandissima parte autonome – sempre più insufficienti di fronte all’enormità della sfida. I dormitori non ce la fanno a ospitare tutti quelli che chiedono un tetto sulla testa mantenendo un minimo profilo di sicurezza sanitaria. Le mense sono ai limiti.

Le comunità assistenziali e terapeutiche si sentono abbandonate dalle istituzioni per cui svolgono il loro essenziale servizio.

C’è una enorme voragine nelle politiche sociali dell’era pandemica. Non si può accettare che tra i tre abissi il primo, quello del dolore più profondo, sia considerato ormai perso, sia considerato uno «scarto» – per usare le parole di papa Francesco –, una «spesa inutile». Né la politica può prendersi il lusso di ‘scegliere’ tra poveri, impoveriti e persone a rischio-impoverimento. Non ci sono scelte possibili. Gli occhi dei governanti si spostino piuttosto su quelle casseforti di sprechi, rendite ed elusioni che non hanno minimamente sentito il peso del virus. I tre abissi vanno accompagnati tutti e insieme. I nostri ‘ospedali da campo’, le Caritas, hanno lanciato il primo avvertimento: da soli, non possono farcela. E senza aiuti concreti la vergogna nazionale sarà quella di non aver protetto dal Covid i nostri fratelli più fragili.

(Avvenire)

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